«Vite di tabacco» nel contesto del doloroso capitolo dell’esodo

Con la storica Cristina Andriolli su un progetto avviato nel 2020 dal Laboratorio di storia di Rovereto, che la vede coinvolta sin dall’inizio

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«Vite di tabacco» nel contesto del doloroso capitolo dell’esodo
Una tabacchina alle prese con foglie di tabacco. Foto GENTILMENTE CONCESSA DAL LABORATORIO DI STORIA DI ROVERETO

S’intitola “Vite di tabacco” ovvero la Coltivazione e lavorazione del tabacco in Vallagarina fra XVIII e XXI secolo. Si tratta di un progetto avviato nel 2020 dal Laboratorio di storia di Rovereto (diretto da Gianfranco Betta), dedicato alla ricerca di lungo periodo sul ciclo del tabacco nella Vallagarina. In che modo s’inserisce nella storia dell’Istria e in modo specifico in quella dell’esodo? Lo scopriamo ragionando con Cristina Andriolli, storica, impegnata col Laboratorio sin dalla sua fondazione, che nella ricerca ha espresso estremo rigore e coinvolgente entusiasmo.

“Il rapporto col tabacco – risponde – per almeno due secoli (XIX e XX) ha segnato l’economia della valle: sia quello della coltivazione e macerazione del tabacco (macere) che quello della lavorazione (Manifattura Tabacchi). Proprio quest’ultima è alla base del rapporto che si è sviluppato con altre realtà simili. A Rovereto, zona di Sacco la Manifattura entrò in funzione nel 1854, una ventina d’anni prima di quella di Rovigno, ma le due realtà ebbero molti punti di contatto, prima e dopo la Seconda guerra mondiale”.

Foto GENTILMENTE CONCESSA DAL LABORATORIO DI STORIA DI ROVERETO

Prima?

“Furono le maestranze di Sacco a preparare le tabacchine di Rovigno nella Manifattura che nacque nel 1972 trasferita poi nei nuovi moderni e attrezzati edifici nel 1885. All’istruzione di queste operaie, allora naturalmente novizie, erano giunte dalla fabbrica di Sacco nel Trentino alcune maestre, le quali in breve riuscirono a far acquisire a parecchie delle loro allieve tale pratica che in poco tempo divennero altrettante maestre; e ad esse venne esclusivamente affidata l’istruzione. Il Civico Magistrato, in veste della loro premura e solerzia nell’istruire, regalò a ciascuna delle maestre di Sacco un paio d’orecchini d’oro”.

Due anni fa su tutta la vicenda era stata realizzata una mostra di successo, a sua cura…

“Tra le migliaia di persone che negli anni immediatamente successivi alla fine della Seconda guerra mondiale furono costrette a lasciare le terre istriano-dalmate, un gruppo di queste ebbe una storia particolare che le portò, tra la fine degli anni ‘40 e l’inizio degli anni ‘50, a trasferirsi a Rovereto. È la loro storia che abbiamo raccontato nella mostra. Erano i dipendenti delle Manifatture Tabacchi di Rovigno, Fiume, Pola, Zara e delle saline di Pirano che facevano parte, finché l’Istria e la Dalmazia furono territorio italiano, del patrimonio del Monopolio di Stato, austro-ungarico prima, italiano dopo il 1918”.

Foto GENTILMENTE CONCESSA DAL LABORATORIO DI STORIA DI ROVERETO

Essere dipendenti di una Manifattura statale significò la possibilità di trovare una nuova sistemazione e un nuovo lavoro?

“Le fabbriche di Borgo Sacco (1854), Fiume (1851) e Rovigno (1872) avevano una struttura praticamente uguale perché per la loro costruzione vennero utilizzati gli stessi progetti e disegni. Facevano parte tutte e tre del Monopolio asburgico che concentrava nelle sue mani l’intera lavorazione e il commercio del tabacco su tutto il territorio dell’Impero.

Erano più di trenta le Manifatture Tabacchi sparse sul territorio dell’Impero austro-ungarico chiamate a soddisfare un mercato di 50 milioni di consumatori. Nelle fabbriche si lavoravano quasi 300.000 tonnellate all’anno di foglie di tabacco che provenivano da tutto il mondo, per il confezionamento di sigari, sigarette, tabacco per pipa e da fiuto”.

Ma facciamo un salto a tempi recenti: nel dopoguerra ci fu anche l’intervento del Governo per organizzare l’arrivo degli esuli a Rovereto?

“Lo Stato si fece promotore di una serie di provvedimenti legislativi a favore dei giuliano-dalmati. Già nel 1946 un decreto legge garantiva il reintegro dei dipendenti statali in posti di lavoro similari a quelli lasciati nelle sedi istriane; il 30 agosto 1948 viene promulgata una circolare rivolta in particolare ai lavoratori dei Monopoli di Stato, per i quali il Governo italiano garantiva il reintegro nelle Manifatture Tabacchi italiane di tutto il personale purché avessero fissato l’opzione per il ritorno in Italia entro e non oltre la data del 15 settembre 1947”.

La nostra interlocutrice Cristina Andriolli. FOTO ACCREDITATA DA ROSANNA TURCINOVICH GIURICIN

Di quante persone stiamo parlando, visto che ogni tabacchina garantiva la sistemazione di un intero nucleo familiare?

“Si tratta di più di 2.000 unità, gran parte delle quali saranno collocate a Firenze, Lucca e Genova Sestri, mentre le altre saranno inviate in centri minori. Un centinaio circa anche a Rovereto. Il direttore dei Monopoli di Stato invitò il Ministero a interessare i prefetti delle province coinvolte affinché fosse assicurata ai profughi la migliore assistenza possibile. Nelle città italiane destinate ad accoglierli, e così anche a Rovereto, il problema più grave era il reperimento degli alloggi”.

Come vennero accolte le tabacchine?

“L’accoglienza non fu affatto calorosa come forse si sarebbero aspettate, fu invece ostile e carica di diffidenza per queste persone che ‘venivano a portare via il lavoro’. Chi arrivava a Rovereto, tra il 1947 e il 1948, trovava una città piegata dalla guerra, case distrutte, mancanza di lavoro e un alto tasso di disoccupazione, problemi di approvvigionamento alimentare. Questa situazione non giustifica né le prese di posizione di numerosi abitanti di Sacco contro i nuovi arrivati, né l’atteggiamento fortemente ideologico di parte del sindacato di fabbrica e di alcuni rappresentanti del Consiglio Comunale cittadino, che si schierarono apertamente contro l’arrivo dei ‘profughi giuliani’. I dirigenti della Manifattura Tabacchi ne erano consapevoli. Sarà la direzione della Manifattura che provvederà, una volta trovati gli spazi dove sistemare i nuovi arrivati, a fornire i materiali per attrezzare i locali (tramezzi in legno e rivestimento in assi, porte, finestre, tavolati per creare pareti divisorie) e a trovare, in collaborazione con il Comune, magazzini dove depositare le masserizie, in attesa di quella che sarà una sistemazione definitiva”.

Quante furono le persone inserite nella Manifattura di Sacco?

“Tra il 1944 e la metà degli anni ‘50, l’Archivio della Manifattura Tabacchi di Sacco registra 122 inserimenti lavorativi di esuli giuliano-dalmati. Si tratta di personale già in forza al Monopolio di Stato presso le Manifatture Tabacchi di Rovigno, Pola, Zara, Fiume e le saline di Pirano, oltre che impiegati all’Arsenale militare marittimo di Pola. In tutto 64 femmine (di cui 42 coniugate) e 58 maschi, con la componente femminile maggioritaria, ma decisamente inferiore alla quota femminile delle Manifatture di provenienza. Le assunzioni più consistenti si registrano nel 1947 (41 in totale), in coincidenza con l’esodo massiccio dalla città di Pola e la chiusura della locale Manifattura”.

Cristina Andriolli. FOTO ACCREDITATA DA ROSANNA TURCINOVICH GIURICIN

Ci sono altre fonti che lo attestano e che lei ha avuto modo di analizzare?

“Certamente. Per avere un ordine di grandezza, secondo il ‘Corriere Tridentino’ del 18 giugno 1947, in quel torno di tempo in Trentino sarebbero presenti circa 900 profughi provenienti da Pola e circa 350 dalle altre località giuliane. Nell’arco del triennio 1946-48 gli inserimenti totali in Manifattura a Sacco ammontano a 88. Con gli ultimi arrivi nella Manifattura di Sacco, che si verificano dopo il Memorandum del 1954, per l’intero periodo dal 1944 al 1956 si contano 47 esuli provenienti da Pola; 40 da Rovigno; 17 da Fiume; 16 dalle saline di Pirano e 2 da Zara. Non tutti giungono direttamente a Rovereto”.

Da quali altre località verranno trasferiti, sarà solo una permanenza o qualcosa di più?

“Qualcuno arriva a Rovereto ‘di rimbalzo’ dopo essere transitato per un certo periodo in altre Manifatture (Venezia e Milano in primo luogo). Soprattutto molti salinari di Pirano arrivano a Rovereto dopo un primo inserimento negli arsenali militari di La Spezia e Venezia. La maggior parte dei ‘profughi’ si stabilirà permanentemente a Rovereto. Una quindicina di occupati nel decennio ‘50 otterrà il trasferimento in altre Manifatture (Firenze, Chiaravalle, Milano, Torino, come pure alle saline di Cervia). Numerosi sono i casi registrati di apparentamenti, indice dell’attivazione tra gli esuli di catene migratorie a carattere molecolare. Come pure si riscontrano casi di coppie ‘endogamiche’ in cui marito e moglie lavoravano nella stessa Manifattura e ottengono un trasferimento familiare, anche se spesso questi ricongiungimenti familiari per realizzarsi scontano un lasso di tempo variabile, in qualche caso anche superiore a un anno”.

Una storia raccontata in una mostra di successo realizzata nel 2023. Ma la storia non finisce qui…

“Il Laboratorio sta realizzando una serie di volumi sulla storia della Manifattura di Sacco di studiare e analizzare la storia della coltivazione e della lavorazione del tabacco in Trentino, a partire dal Settecento, fino alla sua parabola conclusiva, rintracciabile negli anni ‘60 e ‘70 del Novecento. Il cuore del progetto ruota attorno all’analisi della memorialistica, della fotografia e alla ricerca della documentazione d’archivio conservata presso le istituzioni e i diversi enti coinvolti a vario titolo nella vicenda. Il lavoro si è articolato in quattro fasi: ricerca in archivio e analisi della documentazione; preparazione, redazione ed elaborazione di due volumi; restituzione pubblica del lavoro svolto, da attuarsi anche con la partecipazione di studiosi ed esperti esterni”.

La prima tappa di questo progetto editoriale in più volumi è stata l’edizione di “Vite di tabacco”, vol. 1, Macere maceratori tabacchine. Rappresentarsi. Raccontarsi, a cura del Laboratorio di storia di Rovereto (Ed. La Grafica, Mori 2021). Ora il lavoro di ricerca prosegue e continua con la stampa, a breve, di un altro volume in cui la vicenda delle altre fabbriche verrà messa in evidenza, in particolare quella di Rovigno.

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