«Siamo gusci di noce in un mare in tempesta»

Franco Papetti sul rinvio del primo Raduno dei Fiumani nel Mondo nella loro città d’origine

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«Siamo gusci di noce in un mare in tempesta»

Doveva essere un grande evento, San Vito 2020, da vivere insieme, fiumani di tutto il mondo. Per la prima volta anche il tradizionale annuale Raduno dell’associazione degli esuli (AFIM-LCFE), doveva tenersi a Palazzo Modello, con incontri in tutte le strutture della minoranza, con un programma ricco di iniziative comuni, condivise, immaginate tante volte e perseguite in vario modo. Ma l’emergenza ha bloccato le volontà, congelato i desideri, messo in pausa i programmi. Ma le idee, quelle non si fermano, rimangono, messe in attesa, come ci dice, il presidente dell’AFIM, Franco Papetti.
“È chiaro – come ho scritto nel fondo per il prossimo numero della Voce di Fiume, il nostro organo d’informazione, che quest’anno ridiventa bimestrale – la tragedia del coronavirus ci sta colpendo tutti e sta cambiando il nostro modo di vivere e di pensare. Siamo vicini come non mai alla nostra nazione che in questo momento così drammatico ci trova inevitabilmente fragili, ma anche con una forza e una capacità di reagire che non pensavamo di possedere; scopriamo o riscopriamo concetti forti come patria, unità, orgoglio, dignità, famiglia, che emergono dal profondo; siamo un grande Paese e lo stiamo dimostrando”.
Ma c’è ancora spazio per immaginare il futuro?
“C’è l’insicurezza del domani, questo è vero, ma tratteniamo il fiato ed aspettiamo che tutto sia finito. Quando avverrà? Non lo sappiamo! Cosa succederà dopo? Non lo sappiamo! Vediamo, impotenti, sconvolta la nostra vita quotidiana con la paura e l’insicurezza di essere isolati da tutti e dal mondo, barricati in casa come non ci era mai capitato di essere. Siamo certi che quello che ci aspetterà domani sarà un nuovo mondo certamente diverso da quello che abbiamo avuto. Ennio Flaiano diceva ‘quella italiana non è una nazionalità, ma una professione che non richiede molti studi ma si eredita’: per noi esuli essere italiani è stata una scelta che ci ha creato dolori infiniti, ma una scelta consapevole”.
Questa è una sfida alla quale nessuno era preparato…
“È vero. Pensavamo di aver provato tutto: l’esilio, l’abbandono delle nostre terre, della nostra storia, della nostra cultura, della nostra lingua, costretti a ricominciare con sofferenza una vita nuova nel Paese che consideriamo come nostra patria, seppur non sempre ben accolti, molte volte addirittura sopportati od osteggiati. Ora abbiamo questo dramma che dobbiamo affrontare; è una guerra che dobbiamo combattere e soprattutto vincere. Si dice che il dolore o ti distrugge o ti fortifica e noi siamo forti, sopravvissuti a mille difficoltà e ce la faremo. Il coronavirus colpisce soprattutto quelli pià anziani e la maggior parte di noi rientra in questa categoria; siamo gli ultimi rimasti, gusci di noce in un mare in tempesta e anche questa volta dovremo reagire con forza e determinazione come abbiamo sempre fatto”.
Con quali strumenti?
“La nostra fiumanità, per esempio, che ci ha sempre esaltato nei momenti felici ed ora ci deve consolare in questi momenti di difficoltà. L’amore per la nostra Fiume resterà sempre immutato e il nostro ritorno a casa ancora più necessario e consolatorio, pronti a ripartire e con l’obiettivo di rafforzare i nostri legami con la patria perduta”.
Facendo finalmente partecipi anche i figli?
“I nostri figli e i nostri nipoti, distratti da mille impegni, quando volevamo raccontare quello che ci era successo molte volte erano svogliati o disinteressari: ora abbiamo l’opportunità di stare con loro forzatamente e di avere la possibilità di sensibilizzarli sulle loro radici fiumane; raccontare finalmente la nostra drammatica storia di esuli, la bellezza della nostra Fiume con il suo splendido mare blu circondata dall’aspro Carso e da un verdeggiare di lecci e castagni. Il 2020 era cominciato magnificamente: l’Associazione fiumani italiani nel mondo-Libero comune di Fiume in esilio, dopo aver rinnovato i suo quadri direttivi ha iniziato un nuovo percorso con un l’Ufficio di Presidenza completamente rinnovato. E qui voglio citare tutti i membri per ringraziarli del lavoro che sono riusciti a fare in questi mesi e per l’entusiasmo che ci hanno messo: Adriano Scabardi, Andor Brakus, Claudia Rabar, Elga e Rita Mohoraz, Giuseppe Budicin, Diego Zandel, Augusto Rippa, Egone Ratzenberger, aggiungo anche te nel tuo ruolo di direttrice del nostro giornale ‘La Voce di Fiume’. Grazie a nome di tutti i fiumani. Abbiamo impostato una collaborazione continuativa con la Comunità degli Italiani di Fiume e abbiamo inserito come membro effettivo dell’Ufficio di Presidenza Melita Sciucca, che è anche presidente del sodalizio di Palazzo Modello. I progetti impostati sono stati numerosi e in prima battuta va citata la volontà di una forte partecipazione della nostra Associazione alla manifestazione ‘Fiume Capitale europea della Cultura 2020”. Abbiamo consolidato e approfondito la collaborazione con la Società Studi Fiumani di Roma, nostro braccio culturale, e tanto altro…”.
Che ne sarà dei tanti progetti impostati in questo periodo?
“Ricominceremo il lavoro appena sarà possibile… laddove è stato interrotto. Sono stati impostati molti progetti: oltre al Raduno che valuteremo come e quando recuperare durante la riunione in streaming dell’Ufficio di Presidenza il 18 aprile, per la quale ci stiamo attrezzando. Procederemo con la traduzione di quattro libri di grandi autori fiumani in versione italo-croata (Morovich, Vegliani, Santarcangeli, Ramous) grazie all’impegno dell’editore Oltre con la supervisione di Diego Zandel. Intendiamo inoltre tradurre in lingua italiana il volume ‘Italiani dimenticati’ di Konrad Eisenbichler. Continueremo a lavorare al completamento della mostra fotografica ‘Araba fenice’ su come le famiglie fiumane siano state capaci di rigenerarsi lontano da Fiume. A breve sarà online il nuovo sito informatico al fine di avere uno strumento più efficiente per dialogare con le nostre comunità sparse nel mondo. Stiamo predisponendo anche la distribuzione di strumenti pedagogici finalizzati al rapporto con le scuole…Tutti questi progetti rimangono in calendario e li porteremo a compimento. Appena possibile verranno presentati pubblicamente. Ci vorrà del tempo, ma quando succederà saremo pronti”.
L’ultimo impegno dell’AFIM-LCFE è stato con il Giorno del ricordo, una sua valutazione sulle iniziative di quest’anno…
“Considero che il Giorno del ricordo 2020 sia stato un successo sia da un punto di vista politico, in relazione agli interventi che sono stati fatti dal Presidente della Repubblica e dalle forze politiche di ogni colore, sia per la quantità di manifestazioni che si sono svolte in tutta Italia. Voglio ricordare i tanti fiumani che hanno partecipato alle manifestazioni o le hanno organizzate, sapendo che non sono tutti: Guido Brazzoduro, Laura Calci, Andor Brakus, Diego Zandel, Giuseppe Budicin, Adriano Scabardi, Augusto Rippa, Elga e Rita Mohoraz, Claudia Rabar, Furio Percovich, Giovanni Stelli, Marino Micich, Rudi Decleva, Marino Segnan, Manola Uratoriu, Mario Diracca, Abdon Pamich, Francesco Squarcia, e tanti altri”.
Lei ha svolto diversi interventi in Umbria, ma anche fuori Regione come ad Ancona parlando di “urbicidio”, perché?
“Lo spiego, anche dal punto di vista teorico, in un articolo nella prossima Voce di Fiume… in sintesi: l’abbandono della città di Fiume, iniziò subito nel 1945 e continuò fino ai primi anni Cinquanta con punte dopo il 10 febbraio 1947 che aprì il periodo delle opzioni”.
Ma di che numeri parliamo?
“Nel censimento di Fiume del 1942 su una popolazione totale di 60.892 abitanti, coloro che si dichiararono di lingua italiana furono 41.314 (67,8 p.c.). Se prendiamo il censimento jugoslavo del 1961, a esodo concluso, coloro che si dichiararono di nazionalità italiana ammontavano a 3.247. La differenza tra questi numeri, e considerando anche coloro che giunsero a Fiume dall’Italia dopo il 1945, i cosiddetti monfalconesi, arriviamo ad un numero di 38.000 (oltre al 90 p.c.) persone che abbandonarono la propria città in meno di un decennio. L’urbicidio di Fiume si stava compiendo. Cambiarono i nomi delle vie cittadine, venne scelta una nuova bandiera, furono cancellati i simboli plurisecolari… La città stava perdendo completamente il suo animus loci. Qui posso raccontare la mia storia personale di una famiglia la cui presenza a Fiume è accertata dal 1700 e pur nelle difficoltà del dopoguerra voleva continuare a vivere nella terra degli avi. Non fu possibile: mio nonno arrestato come nemico del popolo in quanto titolare di un’impresa commerciale, tutti i beni sequestrati, relegati a vivere in una camera, incomprensioni ed angherie quotidiane da parte dei nuovi padroni; ‘Non se pol vivere cussì’ diceva mestamente. Un intero mondo era scomparso; con i fiumani se n’era andata gran parte dell’anima stessa della città fatta di storia accumulata nei secoli, di tradizione e di cultura, i rimasti si assunsero il compito di mantenere viva una realtà polverizzata”.
Oggi che cosa si sente di dire a tutti i fiumani?
“Dico: Forza fiumani, anche questa volta ce la faremo! E aggiungo una nota di ottimismo con un aforisma di Kahlil Gibran: Nulla impedirà al sole di sorgere ancora, nemmeno la notte più buia. Perché oltre la nera cortina della notte c’e un’alba che ci aspetta”.

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