Sessant’anni fa all’ombra del Pelmo venne inaugurato il Rifugio Fiume

Intervista con Federico Corich, presidente della Sezione Fiume del CAI italiano

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Sessant’anni fa all’ombra del Pelmo venne inaugurato il Rifugio Fiume
Il rifugio immerso nel verde. Foto: ROSANNA TURCINOVICH GIURICIN

Era il 2004, anno in cui il 53esimo Raduno della sezione di Fiume del Club Alpino Italiano segnava un primo ritorno a casa dopo l’esodo: il primo giorno si sarebbe svolta un’escursione sul Monte Nevoso, una classica per gli alpinisti fiumani. Poi la salita sulla cima del Monte Maggiore, dal versante istriano (Vela Učka) e discesa a Sella Poklon. Per molti dei partecipanti, neofiti, la grande emozione di ammirare il panorama a 360 gradi dell’Istria, la Cicceria e il Quarnero.

In serata ad Abbazia, all’albergo “Belveder”, si era tenuta l’assemblea con Francesco Bianchi, vicepresidente del CAI centrale e Branko Lenić, consigliere della società “Platak” di Fiume, considerata l’erede naturale del glorioso Club alpino Fiumano che aveva voluto stabilire alcune forme di collaborazione con la sezione del CAI degli esuli fiumani.
In chiusura di serata, il noto alpinista e scrittore fiumano Mario Schiavato, uno dei maggiori esperti e profondo conoscitore delle montagne della zona, aveva regalato una proiezione di diapositive con immagini della vecchia Fiume e dei monti del circondario. Riunite diverse anime fiumane dal respiro vasto e profondo.
Il medesimo spirito che è sempre esistito in casa Corich, come racconta Federico:
“Sono entrato sei anni fa come consigliere nella Sezione Fiume del CAI e nel 2023 ne sono diventato presidente”. Ci racconta del volume sui 60 anni dall’inaugurazione dei Rifugio Fiume sul Monte Pelmo e della manifestazione che si svolge proprio in data odierna, 21 settembre 2024 presso il Rifugio Fiume all’ombra del Monte Pelmo, con inizio alle ore 11.

Federico Corich.
Foto: ROSANNA TURCINOVICH GIURICIN

Che cosa rappresenta questo sito per lei?
“I miei nonni, da parte paterna, erano soci del CAI a Fiume dal 1928. Uno dei miei nonni è stato in quegli anni ispettore del rifugio Rossi. E con il medesimo slancio perorarono nel 1949 la ricostituzione della Sezione. Insieme agli altri soci cercarono uno spazio adatto per realizzare un rifugio e si misero al lavoro. L’ultimo nonno è scomparso nell’83, felice di aver ricostruito sui monti del Veneto una casa per gli alpinisti fiumani”.

Da parte materna?
“Mia madre è di Pola, ma di famiglia di Rovigno, Cherin. Ho ancora dei parenti in loco. Una famiglia di donne incredibili. Ebbero la casa bombardata a Pola durante la guerra e dovettero affrontare l’esodo a Bologna, Mantova, Venezia vivendo nelle caserme fino all’assegnazione delle case dei profughi, pagate più volte. Una vita di sacrifici ma affrontati con grande coraggio. Io sono nato a Mestre, in ‘terraferma’ come dicono i veneziani”.

Foto:

In questi anni cos’è stata Fiume per voi figli?
“Sempre presente. Il nonno aveva lavorato alla Romsa e così potè trovare lavoro a Venezia. Mio padre arrivò a Venezia che aveva 14 anni. Ora ne ha 94 ed è sempre vissuto qui, ma con Fiume in ogni cosa, della sua città ricorda tutto, con ricchezza di particolari. Ogni tanto ci siamo andati, lì ho conosciuto Ballarini, alcuni parenti e amici di vecchia data con i quali aveva condiviso gli anni fiumani”.

In montagna ci andava con suo padre?
“Il CAI era famiglia per noi tutti. Ho conosciuto anche qualche monte intorno a Fiume, il Monte Maggiore naturalmente, ma anche il Lisina salendo da Volosca. Lì c’era un rifugio storico di cui si racconta nel rifugio Fiume sul Pelmo. In verità, sulle pareti ci sono le foto di tutti i rifugi del CAI fiumano. Quella ‘casa’ è importante per noi tutti”.

Il Monte Pelmo.
Foto: IVO VIDOTTO

Il rifugio è stato inaugurato nel 1964…
“Esattamente sessant’anni fa, il 21 settembre. Quando i nostri fiumani entrarono per la prima volta in quel rudere circondato dal pascolo delle mucche della vicina malga, capirono che apparteneva al loro mondo. Sono partite le richieste e le donazioni volontarie per riuscire a realizzare una ristrutturazione degna. Nel libro abbiamo raccontato tutta la vicenda, dalla battaglia per la concessione al lavoro per riportare un rudere alla sua antica potenza. Ci sono tutti i comfort. Certo, il mondo del turismo si agita perché una struttura come questa fa gola a molti, ma noi vogliamo continuare a onorare la nostra storia, il nostro passato a Fiume e in Italia, ampliando l’attività a tutti coloro che se la sentono di abbracciare la nostra filosofia. Spesso ci chiedono di spiegare i colori della nostra bandiera e i simboli che appaiono sulla facciata del rifugio, oppure il significato delle foto all’interno. Noi siamo disponibili – e lo sono anche i gestori del rifugio – a dare le giuste spiegazioni, che sono storiche e culturali. Il CAI non ha mai fatto politica, ecco perché spesso ha scelto di procedere in solitario, nell’amore per le montagne e di tutto ciò che ci arricchisce lungo quei percorsi”.
“Ed ecco l’idea del supplemento, il materiale ci è stato immediatamente inviato dal presidente Corich. Oggi la Sezione Fiume del CAI conta 400 iscritti. Alcuni incontri si sono svolti anche a Fiume, perché escursionisti fiumani erano iscritti al CAI in Italia. Non ci sono molti giovani, ma forse è una questione di tempo. La montagna attrae chi ha voglia di conoscere la natura, l’altro, sé stesso. Salire non è solo un gesto atletico, ma consapevolezza dei propri limiti rapportata al desiderio delle mete da raggiungere. È educativa e piena di significati. Quando i tempi saranno maturi i giovani verranno”.
Ci sembra profetico ciò che aveva testimoniato a suo tempo Elga Mohoratz: “Ricordo che mio padre mi chiese di accompagnarlo a Montegrotto Terme per l’assemblea annuale del CAI Fiumano. Accettai volentieri, non soltanto per poter trascorrere del tempo con lui, ma anche per curiosità, per desiderio di conoscere questa comunità e ‘iniziarmi’ a essa. È stata un’esperienza ricca di umanità, che ha scatenato in me ricordi sopiti di tempi lontani. Le persone conosciute – o ‘riconosciute’, poiché non ne conservavo memoria – e con cui ho stretto brevi relazioni hanno suscitato in me emozioni e sentimenti che mi hanno resa più felice e migliore. Ho avuto l’occasione di risentire parlare – non più solo nell’ambito familiare – la ‘lingua degli affetti’, la lingua del cuore che trascina con sé non solo il dire, ma l’essenza stessa del sentimento insito nella parola espressa attraverso il dialetto”.
Buon compleanno Rifugio FIUME.

Il rifugio Città di Fiume.
Foto: ROSANNA TURCINOVICH GIURICIN

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