Ricompattare i fiumani sparsi nel mondo

A colloquio con Franco Papetti, che al Raduno di Fiume d’inizio novembre 2024 è stato riconfermato al vertice dell’AFIM

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Ricompattare i fiumani sparsi nel mondo
Foto: IVO VIDOTTO

La prima elezione a Padenghe sul Garda nel 2019, a pochi passi dal Vittoriale, la sfida di rimanere attivi anche durante l’emergenza Covid, il desiderio di creare una strategia che duri nel tempo. Questo il bagaglio di Franco Papetti che al Raduno di Fiume d’inizio novembre 2024 è stato riconfermato al vertice dell’AFIM.

Quali i punti vincenti del suo programma?
“A Padenghe avevo presentato sei punti che considero ancora validi nella loro impostazione di principio e che continuiamo a realizzare passo dopo passo: ricompattare i fiumani sparsi nel mondo valorizzando il loro senso di appartenenza; aumentare il numero dei nostri soci regolarmente iscritti cercando di coinvolgere seconde e terze generazioni (iscrizione telematica); rilancio del giornale cartaceo e sviluppo di quello telematico; iniziative volte a far conoscere la nostra storia presso i giovani, sia italiani che croati per un ritorno culturale ed intellettuale a Fiume; potenziare l’autofinanziamento; progetti di conservazione e restauro di opere architettoniche, artistiche e popolari della vecchia Fiume (in particolare le tombe del Cimitero monumentale di Cosala). Dopo la mia elezione ho cercato di dare una svolta alla strategia dell’Associazione fiumani italiani portandola da una funzione meramente rappresentativa a una di azione e operativa per poter realizzare i punti del nostro programma, ma anche per essere più attivi nella realtà comunitaria fiumana. Fondamentalmente, gli obiettivi strategici che ci siamo posti anche in seguito sono quelli di valorizzare la fiumanità attraverso il senso di appartenenza e quello della ricomposizione del popolo fiumano che gli eventi della Seconda guerra mondiale hanno diviso tra quelli che scelsero la lunga agonia dell’esilio e quelli che rimasero a difendere la propria italianità in loco durante il regime jugoslavo”.

Lei ha voluto dare inizio al Raduno 2024 con un dibattito su esuli e residenti, FederEsuli e Unione Italiana, la Comunità degli Italiani, la scuola e le altre associazioni degli esuli. Da cosa nasce questo bisogno di confronto?
“Non basta impegnarci per la ricomposizione della comunità fiumana, ma dobbiamo avere una visione più ampia che comprenda in questa ricomposizione tutto il popolo giuliano-dalmato per cui dobbiamo procedere alacremente a una identità d’azione tra Federesuli e Unione Italiana come principali esponenti di questa nostra realtà. Sono già stati fatti molti passi formali in questa direzione, come le lettere d’intenti nel 2021 a Zagabria e anche nel recente incontro di Fertilia dove è stata confermata tale strategia. A Fiume abbiamo cercato di continuare il dialogo, sperando di poter passare ai fatti. Da qui l’invito esteso ai due presidenti di Federesuli e Unione Italiana. Non ci attendiamo grandi cambiamenti, ma già il riflettere insieme su possibili scenari futuri è un segnale forte che dobbiamo riuscire a cogliere”.

Il dialogo con le altre associazioni è spesso limitato e comunque difficile, è possibile superare questa impasse? Come immagina l’associazionismo del futuro?
“Da tempo auspichiamo una maggiore collaborazione tra le varie associazioni dell’esodo che non riesce a decollare, anche se i tentativi enunciati in varie sedi fanno ben sperare, fino ad ora ha prevalso comunque la logica del campanile. Per quanto riguarda il futuro immagino la formazione di un’unica associazione che rappresenti tutti e possa evidentemente avere maggiore forza sia comunicativa che operativa, che riesca a dialogare con il governo senza troppi intermediari e che crei le condizioni per testimoniare la nostra storia, la nostra esistenza come piccolo popolo sparso, anche in un lontano domani”.

Perché i giovani sono così diffidenti nei confronti delle associazioni?
“Perché distratti da tante cose, in parte ovvie come può esserlo l’impegno lavorativo, mai come ora competitivo e selettivo. Ma anche nel passato l’associazionismo era affidato perlopiù alle persone non più giovani, libere da obblighi quotidiani impellenti. In parte perché l’appartenenza va insegnata, i giovani sono il nostro futuro e spetta a noi risvegliare in loro l’interesse per le loro radici e i legami con la straordinaria storia e cultura istriana-fiumano-dalmata. Abbiamo tentato in vari modi: dopo la mia recente rielezione ho nominato due giovani nel Consiglio di Presidenza ovvero Alberto Gerosa e Massimiliano Grohovaz, nella certezza che saranno portatori di idee e di quei necessari consigli per aprirci ulteriormente alle nuove generazioni”.

Il fatto che la CI di Fiume abbia scelto un presidente giovane potrebbe fungere da stimolo ai figli degli esuli nel proporre delle iniziative congiunte?
“Questo è il nostro auspicio. Conosco molto bene il nuovo presidente della Comunità italiana di Fiume, Enea Dessardo, avendo già collaborato con lui in passato quando siamo stati insieme a Firenze per la giornata dedicata al musicologo Sergio Sablich, di famiglia fiumana. Enea è un giovane dalle straordinarie capacità, con una visione aperta per cui sono sicuro che potremo, con ancora maggiore decisione, ampliare la collaborazione tra AFIM e Comunità degli Italiani di Fiume avendo sempre in mente il bisogno di coinvolgere i giovani. Seguiremo le sue indicazioni nella convinzione che la sua opera possa fare la differenza”.

Per riportare il discorso della fiumanità a vari livelli è stata scelta la letteratura. Perché?
“A volte colgo delle mezze frasi che mi inducono a riflettere: qualcuno ha detto che siamo bravi a fare ‘la settimana del libro’ durante Ognissanti a Fiume, criticando bonariamente lo spazio che riserviamo con insistenza alla letteratura. La conclusione alla quale giungo, sempre e comunque, è che parlare di letteratura e valorizzare le opere degli scrittori fiumani, significa ribadire al mondo che di noi parlano dei ‘giganti’ riconosciuti a livello nazionale. Nel contempo nutriamo il nostro orgoglio e il senso di appartenenza. Ma soprattutto la letteratura ci ha dato modo di unire in maniera inverosimile i fiumani che esodarono con quelli che sono rimasti, gestendo insieme i progetti. Le traduzioni in croato hanno permesso, inoltre, di far prendere coscienza ai croati e agli altri abitanti dell’odierna Fiume del fatto che noi fiumani di lingua italiana siamo a Fiume da tempo immemorabile e non, come qualcuno crede, dagli anni dannunziani o da quelli del ventennio fascista. I risultati sia di pubblico che di ritorno mediatico ci stanno dando ragione”.

Intende dire che i personaggi eccellenti di Fiume, patrimonio della storia di una comunità sparsa, possono aiutare l’AFIM a crescere?
“Si pensa erroneamente che Fiume sia stata solo una grande città mercantile e industriale. Fiume è stata anche una città di sportivi, letterati, intellettuali e scienziati, eccellenze in tutti i campi. Ci siamo proposti di valorizzare e far conoscere questo nostro grande passato per dare alla nostra fiumanità maggiore consapevolezza e consistenza, superare ogni frontiera, dotarci di strumenti che ci aiutino ad andare fieri nel mondo e costruire una solida identità per noi e il prossimo”.

Il generale e il particolare, cose da fare insieme ma anche la promozione delle potenzialità dei singoli consiglieri. La nuova sede darà una risposta a questo necessario equilibrio?
“Proprio per soddisfare le esigenze di chi ci supporta, organizziamo vari incontri nelle città italiane dove opera e vive una comunità fiumana, spesso non organizzata come tale, ma sensibile a tutte le cose ‘fiumane’ che andiamo a proporre. Così è stato per il dibattito a Genova sui fiumani esodati in quel golfo così simile al Quarnero; così è stato a Roma con il dibattito su Fiume ebraica che ha dato la possibilità a dei preziosi testimoni di condividere i loro ricordi; così è stato a Milano con l’omaggio a Guido Gerosa; o a Firenze l’omaggio a Sergio Sablich; o ancora a Pisa il grande vento sui sacerdoti fiumani che seguirono il loro vescovo in esilio. La nuova sede diventerà il luogo deputato dove gestire il nostro bisogno di fare memoria e guadagnare visibilità per la biblioteca e tutto ciò che la sede custodisce, incontrare le altre associazioni, dando la possibilità ai singoli consiglieri di proporre e organizzare degli eventi. Ospitare studenti e studiosi. L’aspettativa non è modesta, ma è giusto che sia così”.

Come sarà il 2025 dell’AFIM?
“Nel segno della continuità: opereremo con le scuole italiane di Fiume, (primarie e superiori), il Dipartimento di italianistica con le borse di studio Guido Brazzoduro e Egone Ratzenberger; porteremo a Venezia e a Fiume, nel centenario della fondazione della Diocesi di Fiume, il convegno e i relativi pannelli su Ugo Camozzo e i preti fiumani che esodarono a Pisa. Ci rivedremo come tradizione a Fiume per San Vito dove parteciperemo al festival delle canzonette fiumane e per Ognissanti dove contiamo di continuare la collaborazione con la Comunità degli Italiani e le altre realtà pregnanti della presenza italiana a Fiume. Presenteremo un nuovo autore fiumano in un cofanetto bilingue, perché un progetto che funziona non si abbandona. Celebreremo il ventennale della scomparsa del noto musicologo fiumano Sergio Sablich con eventi a Firenze, Torino e Fiume. Per San Vito assegneremo il premio Michele Maylender a un personaggio della cultura, della politica o dell’economia che abbia dedicato la propria eccellenza alla valorizzazione della fiumanità”.

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