Renzo Codarin succede a Giuseppe de Vergottini al vertice di FederEsuli. Questo quanto deciso all’ultima riunione elettorale dell’organo di coordinamento. A rotazione, secondo Statuto, ogni due anni uno dei presidenti delle Associazioni che ne fanno parte (ANVGD, Fiumani, Polesi, Dalmati e Associazione delle Comunità istriane. Non vi aderiscono l’Unione degli Istriani, il Circolo Istria) si alternano nel ruolo di rappresentante delle sigle riunite in questo contesto nato tanto tempo fa, con quali funzioni?
“La FederEsuli – risponde Renzo Codarin – continuerà a rappresentare l’interlocutore privilegiato delle istituzioni nazionali e a svolgere un ruolo di coordinamento tra le associazioni, che in questo momento vivono una fase di grande sviluppo”.
La sua esperienza è focalizzata soprattutto sull’ANVGD, Associazione che presiede da moltissimi anni…
“E che si sta radicando sul territorio anche in quelle regioni in cui da tempo il nostro associazionismo si era rarefatto, attingendo tanto dall’entusiasmo delle nuove generazioni dell’Esodo, quanto dall’interesse e dalla condivisione che anima sempre più persone che non hanno legami diretti con il nostro mondo e provengono soprattutto dall’ambito scolastico. Così come l’Associazione delle Comunità Istriane costituisce una presenza attiva e apprezzata sia sulla scena triestina sia in Istria, seguendo quel percorso che le associazioni dei polesani, fiumani e zaratini continuano a perfezionare di ‘ritorno culturale’ e di collaborazione con le Comunità degli Italiani, grazie alla cui presenza l’italianità nell’Adriatico orientale non si è estinta”.
C’è un personaggio al quale intende ispirarsi nel proporre programmi e strategie?
“Nella storia dell’ANVGD ci sono stati presidenti che, senza dimenticare le nostre radici, hanno sempre guardato avanti. Penso a Paolo Barbi e a Lucio Toth in particolare: quest’ultimo è stato protagonista del lavoro preliminare che ha portato all’approvazione in maniera bipartisan della legge istitutiva del Giorno del Ricordo e alla realizzazione di eventi come il Concerto dei Tre Presidenti in Piazza Unità a Trieste”.
La prima generazione degli esuli sta lentamente scomparendo, con loro si esauriscono anche le grandi rivendicazioni che hanno animato per decenni l’attività dell’associazionismo, vedi per esempio la questione dei beni abbandonati?
“Gli esuli hanno pagato con i loro beni un debito che ricadeva sull’Italia intera per effetto della sconfitta nella Seconda guerra mondiale e attendono un congruo risarcimento da parte dello Stato italiano: anche a distanza di decenni la questione è ancora aperta, poiché si tratta di un caso di giustizia riparatoria e di rispetto dei diritti umani, tra i quali rientra il diritto alla proprietà che si trasmette anche agli eredi. Auspichiamo inoltre che il clima di buon vicinato che si è instaurato con le Repubbliche di Slovenia e di Croazia consenta di rimettere mano agli oneri in termini di risarcimento che esse hanno in quanto Stati successori della Jugoslavia firmataria del Trattato di Osimo, che affrontava la questione dei beni abbandonati nella ex Zona B del mai costituito Territorio Libero di Trieste”.
Il mutare dei tempi impone nuove visioni. Cosa sta diventando il popolo degli esuli?
“Le prime generazioni dell’Esodo sono oggi apprezzate e richieste fonti orali per ricostruire la nostra storia grazie alle loro testimonianze di cosa determinò l’abbandono delle terre in cui le loro famiglie vivevano radicate da secoli”.
I giovani non sentono in modo forte la loro appartenenza. Il Giorno del Ricordo è riuscito a mutare tale atteggiamento oppure no?
“Gli effetti dell’istituzione del Giorno del Ricordo sono ormai giunti a maturazione. Anche grazie alle istituzioni che hanno contribuito a riempire di significati la ricorrenza civile del 10 Febbraio, oggi la storia del confine orientale italiano è finalmente di pubblico dominio ed è oggetto di studio e interesse nelle scuole e nelle università. La nostra vicenda parla di amore per la Patria e per la libertà e in tempi recenti siamo giunti al reciproco riconoscimento con Slovenia e Croazia dei torti subiti durante l’epoca degli opposti nazionalismi e dei totalitarismi. Ritengo che tutto ciò possa costituire un esempio stimolante per i giovani che si trovano a vivere in una dimensione sempre più europea”.
Cosa significa oggi, in queste diverse condizioni, occuparsi della realtà dell’esodo?
“I nostri padri e nonni sarebbero pieni di orgoglio e di commozione vedendo che finalmente gli studenti italiani conoscono la nostra tragedia. Seguiamo poi con particolare interesse i progetti del Museo del Ricordo e dell’allestimento a cura delle nostre associazioni di uno spazio espositivo dedicato all’Esodo all’interno del Vittoriano. La cronaca odierna però ci parla ancora di guerre, di campi profughi e di famiglie costrette ad abbandonare le proprie case. Citando lo storico Roberto Spazzali: l’Adriatico è stato un laboratorio di contemporaneità. Le dinamiche spesso tragiche che hanno attraversato la frontiera adriatica oggi si ripropongono in altri scenari: se ciò che abbiamo patito non serve da monito affinché non si ripeta, spero che almeno l’esempio di come abbiamo saputo risollevarci venga tenuto in considerazione”.
Quali i grandi progetti che possono avvicinare i giovani all’attività associativa?
“La parola d’ordine è multimedialità. Hanno riscosso successo sia i podcast che abbiamo dedicato a famosi atleti istriani, fiumani e dalmati sia quelli sulla storia contemporanea dell’Adriatico orientale. I nostri siti Internet, profili social e canali YouTube sono sempre più frequentati e anche le pubblicazioni cartacee che stampiamo per diffondere la nostra storia sono ricche di QR code e di collegamenti multimediali. Ci stiamo inserendo in maniera efficace nell’esperienza di didattica immersiva di M9 a Mestre, ove realizzeremo un allestimento multimediale permanente dopo il successo ottenuto da quello temporaneo con cui abbiamo iniziato la nostra collaborazione con questa prestigiosa realtà museale. Nel medesimo filone sono stati realizzati i quaderni operativi di attuazione delle Linee guida ministeriali per la didattica della frontiera adriatica e segnalo, infine, che i fumetti che abbiamo dedicato a grandi personaggi della nostra storia (Norma Cossetto, Nazario Sauro e Nino Benvenuti) sono stati molto apprezzati dai giovani”.
Come salvaguardare una cultura che non è mai venuta meno e spesso si mantiene nel privato?
“Le nostre associazioni, assieme alla dimensione familiare, sono fondamentali nella trasmissione della nostra cultura, ove per cultura intendiamo non solo la conoscenza della nostra spesso travagliata storia, ma anche il dialetto, le canzoni tradizionali, i piatti tipici della nostra cucina, il ricordo delle terre di origine… Oltre a quel che figli e nipoti di esuli possono ricevere dai propri parenti, sono i libri e i giornali che pubblichiamo e gli incontri che i nostri testimoni fanno nelle scuole e nelle cerimonie pubbliche a conservare e diffondere la nostra cultura. Non sappiamo se rallegrarci di più nel vedere le nuove generazioni interessarsi delle proprie radici oppure persone estranee al nostro ambiente che vogliono conoscerlo meglio”.
Che significato può avere oggi l’unitarietà del mondo dell’esodo caratterizzato da sempre da un forte campanilismo?
“Ogni nostra associazione ha le sue specificità che si consolidano nell’attività quotidiana e si corroborano nei sempre più frequenti incontri con le comunità italiane delle località di origine del nostro Esodo. Guai a perdere queste peculiarità! D’altro canto, nei rapporti con le istituzioni questa frammentarietà va ricomposta in un’azione univoca e corale perché l’unione fa la forza e procedendo divisi a parlare con i rappresentanti istituzionali non ci porta da nessuna parte, vista anche la delicatezza delle questioni da affrontare. È quindi necessario far capire con una voce sola che il nostro mondo è ancora vivo e vivace, si sta rinnovando, coeso e compatto attende risposte”.
Quali i rapporti con gli esuli Oltreoceano?
“I rapporti con l’Associazione Giuliani nel Mondo di Trieste sono ottimi, seguiamo con interesse le loro attività, riscontriamo con piacere che anche all’estero c’è interesse a conoscere e a far conoscere la nostra storia e stiamo studiando iniziative condivise. Alcuni progetti che stiamo realizzando prevedono la traduzione in inglese, lingua universalmente conosciuta, di opere scientifiche o divulgative che possano spiegare la nostra storia al resto del mondo e in questo la presenza delle comunità giuliano-dalmate nei vari continenti ci fornirà un supporto preziosissimo”.
Trieste è ancor sempre la capitale morale dell’esodo o ha perso la sua primaria identità?
“Trieste non è più soltanto la capitale morale dell’Esodo, ma anche l’avamposto cui guardano gli italiani dell’Adriatico orientale che intendono preservare la propria identità e il laboratorio politico in cui stiamo risolvendo i grandi nodi che il secolo dei nazionalismi e dei totalitarismi ci ha lasciato in gravosa eredità. Quel confine soffocante che si percepiva attorno al capoluogo giuliano per mezzo secolo si è allentato fino a diluirsi nella comune appartenenza europea. Eventi come il Concerto dei Tre Presidenti, la visita congiunta di Mattarella e Pahor alla Foiba di Basovizza e la loro duplice Laurea honoris causa conferita dall’Ateneo triestino sono i passaggi con cui Trieste, rappresentando una città che è stata contesa e un luogo di approdo per migliaia di esuli, si è riproposta come centro nevralgico della frontiera adriatica”.
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