Quel Giorno del Ricordo che dura da una vita

Intervista a Maria Grazia Ziberna, presidente del Comitato ANVGD di Gorizia. «Il mio essere insegnante mi ha permesso di incontrare nel corso degli anni migliaia di studenti ai quali, trattando la storia del confine orientale, ho cercato di trasmettere anche l’importanza di rispettare gli uni la memoria degli altri»

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Quel Giorno del Ricordo che dura da una vita
Maria Grazia Ziberna. Foto: PER GENTILE CONCESSIONE DI LUCREZIA ZIBERNA

Maria Grazia Ziberna è la voce dei suoi ragazzi, di tutte le generazioni che ha aiutato a crescere, è la voce degli esuli giuliano-dalmati che hanno trovato casa a Gorizia o che sono nati in questa città di confine, divisa da sé stessa, che oggi riconquista il suo spazio, come Capitale europea della Cultura 2025 con Nova Gorica, ma anche perché consapevole dei mali della storia, da superare con eleganza e decisione.

Lei è appassionata di storia, in particolare di quella vicenda dell’Adriatico orientale, che ha raccolto e spiegato nei libri e saggi per le scuole. Anche le conferenze che si tengono a cura dell’ANVGD, Comitato provinciale di Gorizia, di cui è presidente, partono da un taglio storico per poi entrare nello specifico. Cestista di alto livello, conserva l’andatura dell’atleta: madre di Albona, padre di Pola, le hanno regalato l’altezza per poter osare anche nello sport.

Uno dei suoi temi storici preferiti è la nascita a Gorizia di un Quartiere per i “profughi” giuliano-dalmati. Quale è stata la sua storia?
“Sintetizzo: dopo aver vissuto i terribili 40 giorni di occupazione da parte delle truppe di Tito, con il trattato di Parigi del ‘47, subì il trauma del nuovo confine che la divideva a metà sottraendole due terzi del suo territorio. Difficile oggi, in un’Europa senza confini, concepire un reticolato che divideva in due la città separando famiglie e amici. La città quindi perse migliaia di cittadini, ma arrivarono altre migliaia di sfollati dai sobborghi nord-orientali e dai 33 Comuni (su 42) ceduti alla Jugoslavia, a cui si aggiunsero circa 5mila esuli. Di fronte a questa emergenza, già nel 1949 il sindaco Ferruccio Bernardis chiese di poter accedere ai fondi stanziati dall’UNRRA – CASAS e in tempi brevissimi venne edificato il villaggio dell’esule, in Campagnuzza, inaugurato nel febbraio del 1950 per ospitare un centinaio di famiglie in belle casette quadrifamiliari in via Pola, via Zara, via Capodistria, piazza Fiume. Nacquero anche attività commerciali. In fondo al villaggio, poco distante dal fiume Isonzo, venne costruita dapprima la scuola elementare e dopo qualche anno, nel 1961, la chiesa dedicata alla Madonna della Misericordia, in ricordo dell’omonimo santuario di Pola, e a due santi particolarmente venerati dagli esuli, cioè San Biagio e Sant’Eufemia”.

Alcune realtà erano una continuazione di ciò che la gente aveva lasciato oltre confine?
“Esattamente: nel villaggio appena edificato trovò spazio il collegio Fabio Filzi, in continuazione ideale con l’omonimo convitto di Pisino, per garantire un’istruzione e offrire un punto di riferimento a bambini e ragazzi orfani, o figli di famiglie ospitate in campi profughi. Inizialmente era stato trasferito a Grado in un ex albergo, poi nel 1951 nell’ex caserma della divisione Julia, in via Pola, ristrutturata grazie alla generosa donazione di Oscar e Marcella Sinigaglia”.

E la vostra famiglia?
“Tra le migliaia di esuli c’erano anche mio padre Mario, studente liceale diciassettenne, esule da Pola con i genitori e i fratelli, e mia madre Anita, quindicenne, esule da Albona. La famiglia di mio padre ottenne una casa nel villaggio dell’esule, dove siamo cresciuti io e mio fratello Rudy, oggi sindaco di Gorizia, giocando con i tanti bambini che animavano il quartiere. Altri tempi, eravamo i figli del baby boom. Lì ci siamo allenati nel campo di atletica ‘Fabretto’, giocando poi io a basket nella palestra del CONI e mio fratello a calcio sul campetto della ‘Juventina’. Bei ricordi”.

Che cosa è oggi questo luogo “storico”?
“Non è più il quartiere degli esuli, ma un borgo di Gorizia, dove sono rimaste poche nostre famiglie. Del resto, pochissimi oggi a Gorizia si riferiscono a qualcuno ricordando ancora che appartiene a una famiglia di esuli: dopo essersi rapidamente integrati nel tessuto economico e sociale cittadino, contribuendo al progresso della città, da parecchi decenni chi era inizialmente un esule, a piano a piano ha cessato di esserlo, sentendosi semplicemente ‘goriziano’. In Campagnuzza oggi convivono anime culturali diverse, perché accanto a un esiguo numero di anziani esuli dall’Istria, ci sono famiglie di giovani goriziani o di persone provenienti dal Sud, ma anche famiglie della comunità slovena e musulmani. Una realtà quindi multiculturale e multietnica, in cui ha assunto sempre maggiore importanza la parrocchia, guidata dal 2012 dal parroco don Fulvio Marcioni, che ha saputo organizzare innumerevoli attività per ragazzi e adulti per favorire aggregazione, socializzazione e integrazione, facendo percepire la parrocchia come ‘casa di tutti’”.

Rodolfo Ziberna è sindaco di Gorizia, accanto a lui molti figli di esuli hanno rappresentato una risorsa per Gorizia. Ne vogliamo ricordare qualcuno?
“Medici, come Giovanni De Castro, Gianni Moise e Alessandro Balani, magistrati come Giuliano Lucigrai e il pretore Daniele Balani, funzionari e dirigenti del Comune come Mario Merni e il dott. Ottavio Palin. Sindaci, come Pasquale De Simone (giovanissimo segretario del movimento di liberazione di Pola), Gaetano Valenti (commercialista, sindaco di Gorizia dal 1994 al 2002, poi consigliere regionale) e mio fratello Rodolfo (figlio di esuli polesani, già assessore comunale e consigliere regionale, attuale sindaco della città dal 2017). Tra gli uomini politici ricordiamo anche Sergio Rovis e Francesco Moise. E poi Edo Apollonio, per oltre vent’anni dirigente nazionale e presidente del Comitato provinciale di Gorizia dell’ANVGD, l’ingegnere Silvio Cattalini, discendente dei proprietari dei cantieri di Zara, che pure ricoprì per anni la carica di presidente del Comitato Provinciale dell’ANVGD. Il cav. Gianni Cicogna, uno dei promotori della nascita a Gorizia del Comitato provinciale dell’ANVGD. L’ingegnere Egone Lodatti e il pittore Fulvio Monai, entrambi polesani. Tra gli insegnanti, Attilio Alesani, zaratino, preside della Scuola Media Locchi e geografo di rilievo, Tullio Gabrielli, che insegnò al collegio ‘Filzi’ e all’Istituto d’Arte, poi il maestro Ermanno Mattioli e suo figlio Nino (anch’egli maestro e poi direttore didattico), Ada Merni (insegnante di Lettere). Goriziano di nascita, ma di famiglia albonese, gradese d’adozione, è anche Guido Rumici, studioso di storia del confine orientale, autore di numerose e validissime opere. Molti i sacerdoti esuli che seguirono il loro gregge, come l’Arcivescovo di Gorizia, Antonio Vitale Bonmarco, nativo di Cherso, il padre gesuita fiumano Sergio Katunarich, il parentino mons. Claudio Privileggi, don Luciano Manzin, il primo parroco della chiesa del villaggio dell’esule in Campagnuzza, e numerose anche le suore, come Concetta Salvagno, delle Madri Orsoline”.

La sua vita a scuola non l’ha allontanata dalle tematiche giuliano-dalmate…
“Essere insegnante di Lettere alle Superiori mi ha ulteriormente motivato, e mi ha dato gli strumenti e le opportunità per divulgare la nostra storia. E non è stato difficile. Ho utilizzato le mie conoscenze e competenze in ambito storico e didattico per preparare dispense, powerpoint con carte geografiche, foto e schemi. Proprio il mio essere insegnante mi ha permesso di incontrare nel corso degli anni quasi cinquemila studenti delle scuole Medie e Superiori della provincia di Gorizia, e tra di essi naturalmente molti appartenenti alla comunità slovena cittadina. A tutti loro, trattando la storia del confine orientale, ho cercato di trasmettere anche l’importanza di rispettare gli uni la memoria degli altri, tenendo a mente una delle frasi pronunciate dal nostro presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: ‘Se non possiamo cambiare il passato, possiamo contribuire a costruire un presente e un futuro migliori’. E il mio impegno verso il mondo della scuola continua, anche se da qualche anno, avendo superato i quarant’anni di insegnamento, sono andata in pensione”.

Quanti eventi organizza all’anno il vostro Comitato ANVGD?
“Una ventina. Solitamente, oltre alle due cerimonie legate al 10 febbraio in città davanti alla statua di Augusto e poi al Teatro Verdi o all’Auditorium, e in alcuni Comuni vicini, e alle cerimonie cittadine nelle ricorrenze del 27 marzo (manifestazioni di italianità dei goriziani nel 1946, davanti alla commissione alleata) del 2 maggio e del 12 giugno al Lapidario del parco della Rimembranza (inizio e fine dell’occupazione da parte delle truppe di Tito) e del 5 ottobre per ricordare Norma Cossetto, presentiamo otto-dieci libri – presentazioni che spesso vengono registrate e inserite sul nostro canale YouTube ANVGD Gorizia – e un film all’anno, e a volte pubblichiamo libri sulla storia della Venezia Giulia. Ci sono poi le conferenze nelle scuole e nei Comuni dell’Isontino su invito di altre Associazioni o delle amministrazioni comunali, e in alcune occasioni la collaborazione alla manifestazione èStoria. Vengono anche organizzati momenti di convivialità, un paio di volte all’anno, come il pranzo di S. Tommaso in dicembre, ma anche la Messa in ricordo degli esuli, in febbraio, nella parrocchia della Campagnuzza”.
Che rimane comunque un riferimento per tutta la comunità giuliano-dalmata che sta scomparendo ma “con dignità” continuando a fare cultura, informazione, costruendo legami. Per ogni libro di un autore giuliano-dalmato che esce, Gorizia è una tappa importante, perché chiude un riferimento geografico, ma ne apre molti altri, oggi più che mai.

Alla presentazione del volume di Franco Fornasaro (secondo da sinistra), “Gli appunti di Stipe”, all’ANVGD di Udine.
Foto: PER GENTILE CONCESSIONE DI LUCREZIA ZIBERNA

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