Premio Operetta ad Andrea Binetti artista dalle mille sfaccettature

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Premio Operetta ad Andrea Binetti artista dalle mille sfaccettature
Andrea Binetti durante la cerimonia di consegna del premio. Foto: ROSANNA TURCINOVICH GIURICIN

“Il percorso che dal merito giunge al riconoscimento non è né semplice né scontato. Ecco perché la mia emozione è pazzesca, la definirei Stordimento”. Andrea Binetti così definisce il suo sentire dopo la scelta dell’Associazione Internazionale dell’Operetta FVG di assegnargli il 34º Premio dell’Operetta durante una cerimonia svoltasi all’interno del Galà che conclude alla fine di dicembre un lungo anno di loro impegni.

In più di tre decenni, sono stati molti i grandi nomi saliti sul palcoscenico del teatro “Rossetti” per ritirare l’ambito premio, ogni volta l’appuntamento si è rivelato una promessa mantenuta, nella ricchezza delle proposte musicali, nella felicità della condivisione di un premio che spesso coronava carriere di grande successo, in Italia e all’estero. E Andrea Binetti era sempre presente, ad accogliere i colleghi, a cantare insieme a loro, a sorreggere programmi complessi e personaggi spesso resi fragili dall’età. Il suo mantra era ed è “Viva l’operetta”, un’esultanza, ma anche una speranza. Anche quando sembrava che l’arco di questo genere musicale fosse concluso, Binetti ha continuato a credere nella sua forza, nelle sue potenzialità.
Per tutte queste ragioni, la sera del premio, il pubblico ha compreso la sua emozione e gli ha elargito applausi senza fine, attendendo la parola di chiusura di Binetti stesso: “Ma ancora volé che cantemo, ma non ve basta mai, no gavé una casa”. La risata finale, il tocco conclusivo per far defluire il pubblico con il sorriso sulle labbra.
“È un premio importante – ci spiega durante la nostra intervista –, ma non è solo un premio. Non sono uno che si monta la testa, sono sempre lo stesso Andrea, ma il significato del premio per me rimane straordinario. Abbraccia e contiene tutta la mia vita, quell’operetta che ho sostenuto e portato dentro nella gioia e nel dolore”.

Quindi il Premio come tappa?
“Assolutamente, mai sedersi sugli allori e mai accontentarsi. L’operetta come Araba Fenice è rinata tante volte dalle proprie ceneri perché non abbiamo mai mollato. Ho lavorato, in vario modo, con gente straordinaria, vedi Garinei e Giovannini, Sandro Massimini, Daniela Mazzucato e Max Renè Cosotti e tanti altri che mi hanno insegnato a credere”.

Ci ha messo molto anche di suo?
“Non sono diverso dall’operetta che mi porto dentro, sono anch’io un’Araba Fenice, a volte cado, divento cenere, ma rinasco davanti al pubblico, svanisce ogni stanchezza, si stempera ogni dubbio e tutto riprende consistenza. Sono fortunato ad avere sempre avuto il sostegno della mia famiglia in questo percorso che ha capito le mie scelte e non mi ha mai osteggiato. Ancora oggi i miei genitori, mia sorella, sono in prima fila alle mie esibizioni. È forza pura, che permette di andare avanti, anche di osare”.

In occasione del premio ha voluto sul palcoscenico il soprano Gisella Sanvitale con la quale ha fatto un lungo percorso…
“Con Rossana Poletti, direttrice dell’Associazione dell’Operetta, abbiamo deciso che doveva essere una festa per me, ma anche per coloro che mi hanno accompagnato. Gisella è stata un personaggio importante nella mia carriera. Per anni abbiamo sostenuto ovunque l’operetta, insieme sul palcoscenico diventavamo un binomio inscindibile, una forza trainante. A un certo punto ha fatto altre scelte, che reputo molto intelligenti per la sua esistenza, purtroppo ha dovuto rinunciare ai nostri spettacoli. È stata una splendida collega, una bravissima interprete, in certi ruoli la migliore in assoluto sulla quale io abbia potuto contare. Ho voluto con me anche tutti gli altri colleghi che fanno parte della grande famiglia dell’Associazione, sempre più numerosi che ci permettono di spaziare dall’operetta al musical, per non dire dell’orchestra diretta dal nostro direttore artistico, Romolo Gessi; poi si è unito ai nostri spettacoli anche il balletto. Siamo cresciuti, siamo cresciuti tanto”.

Con l’operetta Trieste ha riscoperto una sua vocazione?
“Non solo la città, ma anche il rapporto con l’Austria, sempre più stretto, anche se non siamo ancora al loro livello. L’Austria ha capito che l’operetta può essere una fonte di profitto, non solo una spesa e quindi l’hanno fatta decollare a favore di un turismo culturale che oggi conta. È un messaggio anche per Trieste, che ha un pubblico e delle potenzialità”.

Ma esiste un ricambio, un interesse nei giovani?
“Oggi la parola chiave è investimento. In Italia lo si fa nel calcio e nella TV d’intrattenimento che non lascia traccia. Mi sono accorto, dedicando spettacoli d’opera e d’operetta ai ragazzi, con format adatti alla loro età a preparazione, che i risultati arrivano in modo forte e chiaro. Quando si affronta un discorso propedeutico si riesce a costruire, a richiamare i giovani a teatro. La riduzione è uno spettacolo che funziona benissimo e invoglia i giovani a misurarsi anche con gli spettacoli integrali. Come è fondamentale uscire dagli ambiti deputati, con i nostri concerti d’operetta possiamo esibirci ovunque e la gente è sempre entusiasta. La duttilità, la malleabilità sono la nostra forza”.

Anche in Istria e a Fiume?
“Ecco, sono destinazioni che vorremmo frequentare di più. E non solo perché le mie radici mi legano all’Istria, ma anche perché dovrebbe essere, congiuntamente a tutto l’FVG, il nostro pubblico di riferimento. Ogni volta che ho avuto occasione di esibirmi a Buie, è stata una festa. Mia mamma è figlia di buiesi, D’Ambrosi e Dussi. Una cugina della nonna, Maria Dussi, si trasferì in America e fece carriera nel cinema e nella TV. Cambiò nome per ragioni artistiche in Mary Dusay, chi è appassionato della serie Capitol la conoscerà di certo. Tra l’altro assomigliava come una goccia d’acqua a mia nonna. Credo che il teatro sia una passione di famiglia, con questa verve che ho scoperto essere comune alla gente di Buie”.

Ha debuttato giovanissimo nel “Paese dei Campanelli” e “Al Cavallino bianco”. Con i grandi dell’operetta dell’epoca d’oro del Festival Internazionale, Daniela Mazzucato, Max Renè Cosotti, Gino Landi, Elio Pandolfi, Ariella Reggio… Poi che cosa succede negli anni Novanta?
“Feci il mio primo debutto nel ruolo di Njegus, in ‘Vedova allegra’, con un Danilo interpretato da Lando Buzzanca e la regia di Aurora Banfi, anche lei Premio Operetta – da giovane era stata soubrette nella famosa compagnia di Elvio Calderoni. Nel 2008 al Teatro Verdi di Trieste sono stato il Conte Gustav nel ‘Paese del sorriso’ di Franz Lehár, diretto da Damiano Micheletto. Contemporaneamente al Teatro San Babila di Milano ho diretto e interpretato numerosi titoli d’operetta, tra questi ‘La Vedova allegra’ con l’attore Enrico Beruschi, ‘Il Paese dei Campanelli’, ‘La Duchessa del Bal Tabarin’, ‘Cin Ci Là’, ‘L’Acqua cheta’, ‘Scugnizza’…”.

Ricordarli tutti è un’impresa, ma ha fatto anche televisione…
“Ho avuto l’onore di riportare l’operetta in TV, a cavallo degli anni Duemila, nel programma Rai ‘Ci vediamo in TV’ di Paolo Limiti il quale, proprio per questo evento, ricevette anni or sono il Premio Internazionale dell’Operetta in una memorabile serata. Ho partecipato anche ad altri programmi televisivi, sempre tenendo alta la bandiera della piccola lirica a ‘Domenica In’ con Fabrizio Frizzi, al ‘Costanzo Show’, ‘In famiglia’ con Tiberio Timperi e a ‘Uno Mattina’ con Giancarlo Magalli…”.
Oggi il suo impegno in che modo si manifesta?
“Negli ultimi anni la Fondazione del Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste mi ha affidato la
realizzazione di opere in un atto dedicate ai più giovani; mi impegno nella rinascita del Festival
dell’Operetta a Trieste. Con l’Associazione Internazionale dell’Operetta abbiamo realizzato ‘Cin Ci Là’ e ‘Ballo al Savoy’, ‘Al Cavallino bianco’, ‘Scugnizza’ e ‘La Principessa della csardas’. Nel 2023 il Comune di Trieste, unendo l’esperienza dell’Associazione Internazionale dell’Operetta con quella della Fondazione del Teatro Lirico Giuseppe Verdi, ha lanciato il Festival dell’Operetta. Ora mi occupo dell’adattamento dei testi, curo la regia, scene e costumi di tutte le operette in scena: ‘Il Paese dei Campanelli’, ‘Orfeo all’Inferno’, ‘La Danza delle Libellule’ nel 2023; ‘L’Acqua cheta’, ‘Sogno di un Valzer’, una ripresa di ‘Vedova allegra’ e ‘Contessa Maritza’ nel 2024”.
Un lungo elenco per cui il premio si spiega da sé. Andrea Binetti ne gioisce e il pubblico lo segue con grande slancio mentre egli risponde, felice più che mai: “…ma no gavé una casa?”.

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