
Con Rovigno come meta fissa, ma vicina anche alle altre comunità e alle associazioni degli esuli laddove la creatività in campo culturale s’impone sugli altri interessi immediati. Così ritroviamo Eufemia Giuliana Budicin nel Concorso per le scuole gestito dalla Mailing List Histria e in tutte le iniziative che il Comitato ANVGD di Roma, presieduto da Donatella Schürzel, propone durante l’anno.
Roma e Rovigno, due mondi così diversi, come riesci a conciliare la tua presenza nelle occasioni più importanti?
“Non quanto e nel modo in cui mi piacerebbe: stare di più a Rovigno, ma dedicarmi anche al resto della famiglia a Roma. Prima c’erano il lavoro, i bambini piccoli, i genitori da assistere. Adesso siamo io e mio marito che non ama viaggiare, specie in automobile, ma anche per me gli spostamenti sono diventati un peso. Sono convinta tuttavia che la presenza di noi esuli in Istria sia imprescindibile per poter testimoniare la nostra storia e sostenere le varie iniziative di supporto alla realtà identitaria e comunitaria”.
Che cosa rappresenta oggi Rovigno per te?
“Tanti sostengono che i rovignesi vivano nel culto della loro città e che sia un privilegio poterlo praticare. Ne è un esempio il fatto che i rovignesi a Roma nell’esodo continuavano a parlare il loro dialetto, anche quando nei vari campi profughi e quartieri costruiti per loro, l’istroveneto era la lingua franca. Qualche volta questa rovignesità causava gelosie soprattutto per il nostro cospicuo patrimonio canoro. Infatti a Roma il coro del Villaggio Giuliano, diretto dal maestro rovignese Goio Bosazzi, era composto principalmente da rovignesi il che determinava la scelta repertorio. Anch’io ho coltivato questa diversità e sono molto fiera che proprio Rovigno, insieme alle altre località dell’istrioto, sia la prova evidente che non siamo diventati italiani solo per la predominanza della Serenissima”.
Ma la tua famiglia come è arrivata a Roma?
“Un classico: mia mamma, tabacchina, aveva chiesto il trasferimento dopo aver optato per la cittadinanza italiana in seguito alla cessione dell’Istria alla Jugoslavia. A mio papà, ex partigiano, non volevano concedere l’opzione così mia mamma, incinta, è partita comunque col treno, per non perdere il posto. Papà l’ha raggiunta solo pochi giorni prima della mia nascita. Lei aveva preso una stanza in subaffitto, per non andare nei campi profughi, e là siamo vissuti per qualche anno prima di avere un modesto alloggio al Villaggio Giuliano che era ai margini dei monumentali edifici lasciati incompiuti dall’Esposizione Universale”.
La tua è stata una vita d’ufficio stampa in Senato. Un lavoro che pochi conoscono?
“Nonostante gli orari massacranti, il lavoro consisteva nel redigere la rassegna stampa, sia giornaliera che tematica, e seguire attentamente le agenzie di stampa. Lavoro interessante ma sul filo del rasoio, perché i tempi erano stretti e non rimaneva un margine per le correzioni, era frenetico. Oggi con i social questa mansione è mutata moltissimo ma con minore rispetto delle regole”.
Ancora oggi continui a occuparti di ciò che i giornali scrivono di noi, giungendo anche al libro che viene presentato in questi giorni al raduno dei rovignesi e che riguarda Osimo, puoi dire qualcosa in anteprima ai nostri lettori?
“Quando sono entrata al Senato era in corso il passaggio parlamentare del Trattato di Osimo, così ho avuto modo di seguire direttamente il dibattito che, in realtà, fu evanescente. I contrari o dubbiosi non parteciparono nemmeno alle votazioni e i pochi contrari presenti alle sedute non ebbero modo d’influire su quello che era stato deciso altrove in maniera quasi clandestina. Ho avuto modo, durante il dibattito, di leggere gli articoli che uscivano sui giornali a tiratura nazionale, che sono stati inclusi nella rassegna oggetto del libro. Lo stesso avvenne al momento dell’adesione della Slovenia all’Unione europea, quando il dibattito fu ancora più frettoloso”.
Osimo è stato uno tsumani per il popolo dell’esodo, che cosa emerge dalla rassegna stampa?
“Ne abbiamo discusso a lungo con i relatori del libro a Roma, i proff. Donatella Schürzel e Lorenzo Salimbeni e con l’autore dell’introduzione Davide Rossi. Mentre a presentarlo a Rovigno saranno il prof. Raul Marsetič, Direttore Centro di Ricerche Storiche, la prof.ssa Viviana Benussi, Presidente C.I. Pino Budicin, la prof.ssa Donatella Schürzel, Presidente del comitato di Roma A.N.V.G.D. e il dott. Gabriele Bosazzi, Presidente Famìa Ruvignisa. Purtroppo, la storia dello stato italiano, oscilla sovente da un nazionalismo spesso mal riposto, a una rassegnazione o indifferenza mascherate da qualunquismo. La nostra storia in particolare è misconosciuta, tanto che molti visitatori italiani quando arrivano nell’Adriatico orientale, si meravigliano di trovare qualche scritta bilingue e soprattutto che molti residenti conoscano l’italiano molto bene. Fino ad Osimo noi coltivavamo la speranza che qualcosa si potesse ottenere per rendere il trattato di pace meno iniquo o almeno che fossero rispettati i diritti concessi solo sulla carta. Una volta messa una pietra tombale, abbiamo escluso la politica dal nostro mondo concentrandoci sulla salvaguardia del ricordo”.
Come è cambiato nel tempo il tuo impegno?
“Devo dire che da qualche anno le Comunità italiane presenti sia in Istria che nel Quarnero e in Dalmazia, sono molto attive non solo nel folclore e festival vari, ma anche organizzando eventi culturali di notevole spessore. Rovigno in questo campo è particolarmente impegnata in proposte veramente stimolanti, a largo spettro. Lo scorso anno, due insegnanti rovignesi sono state invitate alla cerimonia del 10 febbraio al Quirinale, quali mentori del maggiore numero di alunni delle elementari e delle superiori che hanno prodotto temi per il concorso letterario della Mailing List Histria. E’ riservato agli studenti italofoni dei territori dell’Adriatico orientale dove la presenza italiana è autoctona. I rovignesi sia esuli che residenti organizzano insieme gli eventi per la festa di S. Eufemia e, nonostante l’avversa fortuna e il tempo che scorre, riescono a coinvolgere un pubblico cospicuo ed entusiasta”.
I tuoi figli considerano Rovigno come prolungamento di casa loro, come ci sei riuscita?
“Portandoli a Rovigno ogni anno fin da piccoli, tanto che mio figlio e nuora hanno scelto di sposarsi proprio nella mia e loro città. Però vorrei coinvolgerli di più, facendo capire loro e a tutti i giovani che l’associazionismo, al netto delle tare, rimane la via migliore non solo per contare di più, ma anche per migliorare la nostra conoscenza e capacità. Per tramandare la nostra cultura è essenziale condividerla con un numero sufficiente di aderenti. Anche per la rivista della Fameia c’è bisogno di contributi freschi. Abbiamo perso Gianclaudio de Angelini che era un faro, ci manca gente come lui”.
Oggi riconosci ancora la Rovigno della tua infanzia, che cosa ti manca?
“Allora c’erano talmente tanti rovignesi duri e puri che anche i nuovi arrivati spesso comprendevano il rovignese e addirittura lo parlavano. E’ vero che mancavano molti beni materiali, ma c’era l’essenziale da poter condividere. Come dice Gaber la libertà è partecipazione, specialmente nelle azioni quotidiane. Mentre adesso avverto una certa estraneità, a Rovigno si adora il dio turismo che attrae speculatori di ogni genere, sempre più aggressivi”.
Che cosa va salvato ad ogni costo di questa cultura autoctona?
“Leggendo i temi pervenuti per il concorso Mailing List Histria, che premieremo il 26 ottobre prossimo, ogni anno ci chiediamo se alcune tracce, quali I nostri veci ne conta, o quella incentrata sull’Esodo, come quelle sui monumenti o personaggi famosi della Regione, verranno scelti. E puntualmente ogni anno la sorpresa di scoprire che sono temi importanti per i ragazzi. A conferma che la cultura autoctona resiste nella misura in cui viene sentita come parte identitaria, senza prevaricazioni, ma in modo consapevole e gratificante”.
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