Mentre esplora le terre dei padri foto e versi sgorgano spontanei

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Mentre esplora le terre dei padri foto e versi sgorgano spontanei

Figlio della terra istriana, di uno dei suoi ultimi lembi, Pinguente, Aldo Flego definisce il suo paese d’origine “ultimo baluardo veneto in Istria, legato alla storia dell’antica Repubblica di San Marco”.
Aldo è nato a Trieste, i genitori esuli vennero via subito dopo la guerra. A Trieste il padre riprese l’attività che già aveva, sarto ad Albona, e sarta era anche la mamma.

Sarto di che genere gli chiediamo. “Uomo e donna – risponde Flego – sia l’uno che l’altro”. Mestiere complesso e lavoro molto raffinato, il taglio, le tante diverse cuciture, un’arte insomma che si sta perdendo, anche se con la crisi è tornata a proporsi nuovamente.
“Sento ancora nelle narici il profumo di quella terra, quelle estati senza rumori se non i grilli di notte – ricorda. Avevo tutti i parenti giù a Pinguente e da piccolo trascorrevo là le estati. Quel mondo è cambiato, non è più com’era. Mio cugino, Walter Flego, è nel frattempo diventato presidente della Regione Istriana. Da bambino ho avuto la fortuna di apprendere il dialetto di Pinguente, un dialetto di confine, un miscuglio di lingue slave con qualche ingerenza veneta, che mi dà la possibilità di capire oggi sia lo sloveno che il croato, anche se in famiglia con i miei genitori non l’ho mai parlato”.
All’Università di Trieste Aldo Flego studia Economia e Commercio e si laurea con una tesi in marketing assicurativo. La sua carriera lavorativa si sviluppa tutta all’interno del Lloyd Adriatico, dove approda subito dopo la laurea.

Molto vicino al mondo dell’esodo

“Ho bellissimi ricordi di quegli anni, quando fui segretario di Giorgio Irneri, un grande personaggio sia per la società di assicurazioni che per la città, e di quando dopo la fusione con Allianz rimasi nella segreteria societaria fino al 2010, anno in cui andai in pensione. Vivo la realtà istriana – ci racconta – con molta attenzione per tutte le parti in gioco, molto vicino al mondo dell’esodo, mia moglie anche lei è di Umago, ma nel contempo ho rispetto nei confronti di tutti gli altri “pensieri”, conosco bene le comunità degli italiani, ho avuto modo di realizzare una proiezione di immagini e parole nel Giorno del Ricordo e l’ho presentato prima a Trieste e poi a Umago. Collaboro con il Museo di quella cittadina, che porta avanti in modo egregio la cultura del territorio”.
Alla presentazione della sua prima opera letteraria “Accordi a Nordest-Versi per quattro stagioni” alla Sala Bazlen del Comune di Trieste, gli abbiamo chiesto com’è nata l’idea di questo libro.
“Dopo la quiescenza – racconta – innamorato della fotografia, ogni immagine mi suggeriva, e continua a farlo, un’emozione, un sentimento emergente. La mia è una poesia digitale che arriva alla meta analogica, cioè alla carta stampata, generalmente avviene il contrario. Credo che il verso emerga prima ancora dello scatto e in pochi secondi si palesa completandosi con l’immagine. Non ci sono riflessioni in quegli attimi, neanche meditazioni, solo pulsioni d’animo immediate, che sgorgano come l’acqua alla sorgente. La definisco poesia digitale perché lo smartphone mi consente di fissare l’immagine e subito di scrivere sulla tastiera virtuale il verso; lo smartphone è lo strumento che mi ha permesso di tirare fuori il mio animo poetico, la mia anima nascosta, quella che si mostra con difficoltà. Sulla sua tastiera i versi mi vengono meglio che se prendessi in mano carta e penna, passa poco tempo dall’osservazione alla foto e alla produzione dei versi, che finiscono subito in rete esclusivamente per un gruppo di amici sui social. Sono stati proprio questi amici a sollecitare la pubblicazione della raccolta di poesie”.

Un’amica consigliera preziosa

Gli chiediamo se sono tutte pubblicate nel volume e ci risponde che ne ha scritte centinaia. “È stata Marina Petronio, amica e consigliera preziosa, ad aiutarmi nella scelta di immagini e versi da inserire nel volume, ha scritto la presentazione, forte della sua grande sensibilità e capacità letteraria. 170 pagine con 80 poesie ed altrettante immagini. Il mio mondo poetico – ci dice – è un atto di riconoscenza verso la mia terra, uno spazio più ampio di quello che potrebbe essere definito il luogo in cui vivo, da Grado a Salvore, passando per Trieste, girando sull’aspro Carso e nell’Istria interna, forte e rocciosa. Non è che io visiti questi luoghi appositamente per scrivere versi e scattare foto. Capita per caso, senza uno scopo o una motivazione precisa”.

L’ispirazione di Biagio Marin

C’è tradizione nel campo della lirica nello spazio e nei luoghi citati e infatti ci racconta che la sua passione è legata al lavoro di alcuni maestri. Trae spunto dalla scrittura di Biagio Marin che già cento anni fa scriveva emozionanti poesie, da Srečko Kosovel, morto giovanissimo nel 1926, “che leggo in sloveno – riferisce – perché le emozioni della lingua originale sono migliori, anche se le traduzioni gli rendono onore. Kosovel ha scritto versi centenari di grande freschezza e luce, e poi ancora Umberto Saba, Virgilio Giotti, Pierantonio Quarantotti Gambini, istriano di Capodistria che scrisse versi molto luminosi, il mio metro è proprio la luce in tutte le sue espressioni”.
Da sempre impegnato nel mondo del volontariato e sempre per i giovani, prima come presidente dell’Amis Scout di Trieste e poi vicepresidente di ASTRO, associazione triestina ospedaliera per il sorriso dei bambini, Flego ha deciso di donare il ricavato della vendita del suo volume “Accordi a nordest – versi per quattro stagioni” proprio a favore della onlus che opera all’interno dell’Ospedale Infantile Burlo Garofolo, dove egli stesso svolge attività di volontario da qualche anno. L’associazione si avvale della collaborazione di quasi 200 addetti volontari che operano per sdrammatizzare l’impatto del bambino e della sua famiglia con le strutture sanitarie e per cercare di alleviare i loro disagi; attività che l’associazione svolge anche fuori dall’ospedale e non solo a Trieste, come ricorda l’esperienza di Ancarano del Rotary Club nell’ambito della Croce Rossa slovena.

Come gli haiku giapponesi

La presentazione del volume è curata da Marina Petronio che paragona i versi “scarni” di Flego agli haiku giapponesi, non ovviamente dal punto di vista formale, e ricorda che lo stesso Saba ne compose alcuni in tempo di guerra e li definì piccoli giocattoli. “Gruppi divisi per periodo dell’anno, in essi ogni poesia ha una foto che ne riflette il pensiero – racconta la Petronio. L’estate è espressa straordinariamente dal mare e dalle abitudini tutte triestine, l’autunno è descritto dall’immancabile fogliame rossastro, la memoria dell’infanzia è tutta ricompresa nell’immagine all’interno del mercato coperto, a riprodurre la memoria del bambino che andava con la madre a fare la spesa, e poi ancora il freddo del Carso pietroso. La tavolozza dei suoi colori lascia intravedere la sensibilità dell’animo ma anche la meditazione di chi è abituato a camminare, il “wanderer” della tradizione tedesca, osservando anche i dettagli inusitati di luoghi e persone, risvegliando ricordi”. L’attrice Elke Burul legge 11 poesie che non fanno parte del volume, undici inediti che possono essere letti in un sito (https://poesianordest.jimdofree.com) creato apposta dall’autore. Tra un gruppo di versi e l’altro Luca Delle Donne suona mirabilmente al piano brani di Schubert e Chopin. E la presentazione scivola velocemente verso la fine alla presenza di un folto pubblico, che esprime con un caloroso applauso la sua stima e amicizia per Aldo Flego, a cui tributa indubbiamente un segno di riconoscenza.
L’albero spezzato
Più non getta le gemme a primavera
l’albero d’Istria che turbine ha spezzato,
più non riposa sotto alle sue fronde,
il vecchio pescatore lontano se n’è andato.
Storie di gente nostra, percorsi di vita,
anime sperse come foglie al vento,
semi portati a fiorire oltre il muro,
tornerò è la parola,
la lacrima è l’accento.

Libertà d’estate
Alto ormai lassù x’el sol,
no ga più nuvoli el ciel,
come un specio x’el mar,
cressi la voia de nudar,
E alora bútite; una dorada,
aqua fresca, lissa, sognada,
po’ torna su, métite in branda,
a oci chiusi, nissun te comanda.

El mercato
Dedicata a mia madre
La mia man, picia,
strenta ne la tua, grande,
girando fra i banchi,
ále done, i zigava,
profumi de fruti,
odori de pesse,
rideva i tui oci,
i mii, curiosi, vardàva.

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