Maria, esule fiumana respinta dall’IRO

Di cognome Salvagno, nacque a Lussinpiccolo e visse nel capoluogo quarnerino fino all’anno in cui l’abbandonò per raggiungere Ancona

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Maria, esule fiumana respinta dall’IRO
Una veduta di Fiume, Foto: ŽELJKO JERNEIĆ

Maria Salvagno, nata sotto l’Austria a Lussinpiccolo il 20 aprile 1908, esule di Fiume nel 1946, non è ammessa all’emigrazione. Figlia del fu Giuseppe e di Martha Pizulich, è profuga ad Ancona, dove riceve la carta d’identità del Comune n. 8.599 il 24 luglio 1948. Dal timbro nei documenti e dall’intestazione di una certa lettera di appoggio si sa dell’esistenza di un “Comitato Centro Meridionale per la Venezia Giulia e Zara, sezione di Ancona” che, ha per vicepresidente il tale Bruno Breccia, che firma le pratiche di Maria, inclusa la sua scelta del diritto d’opzione per la cittadinanza italiana, del 23 luglio 1948, che non viene ancora approvata dalle autorità jugoslave in data 26 agosto 1949.

La sua “Application for IRO assistance” (Domanda di assistenza IRO, agenzia delle Nazioni Unite) è del 29 agosto 1949, con l’aiuto del Comitato provinciale di Ancona dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Zara (ANVGZ). Si ricorda che l’IRO è l’Organizzazione Internazionale per i Rifugiati (“International Refugee Organization” = IRO) che organizza partenze delle navi da Bagnoli, presso Napoli, verso le Americhe e l’Oceania. La presente ricerca si basa sui rari documenti inediti nell’Archivio di Bad Arolsen (Germania), da poco disponibili nel web.
La nazionalità di Maria, così com’è scritta nei documenti per emigrare è: “Venezia Giulia e Zara”, oppure: “Italian”. Ciò sarà fatale per il respingimento della sua domanda d’emigrare, poiché gli italiani non erano ammessi sotto il mandato dell’IRO.
Dal 1938 viveva a Fiume in via Roma n. 8. Maria abbandona la città del Quarnero con la sorella Laura, sposata Mandich, poiché il marito “joined the Partisans and because after the war a regular communist” (è partecipe coi partigiani e perché dopo la guerra [è un] regolare comunista”. Così si legge nella relazione negativa all’espatrio, firmata da H.C.F. George, funzionario dell’IRO (Arolsen Archives). Non è tutto, nella medesima relazione Maria aggiunge di non voler tornare a Fiume, a casa sua, perché: “Some people arrested only because they protested against the quality of bread during shopping” (Alcune persone sono state arrestate solo perché hanno protestato contro la qualità del pane durante la spesa). È anche per tali motivi che gli italiani di Fiume se la danno a gambe levate dai titini, oltre che le violenze subite e le eliminazioni nelle foibe, o nelle fosse comuni.
Dopo l’esodo, dal 3 giugno 1946, Maria è ad Ancona ospite “all’interno 30” presso la Caserma “Onorato Rey di Villarey”, in via Gardetto, svolgendo un “occasional work as streamstress” (lavoro occasionale di sarta). La caserma fungeva da Centro raccolta profughi, mentre oggi è una sede universitaria. In un altro documento si legge che Maria alloggia al “Senigallia Camp”, sempre nelle Marche. Il Campo profughi di Senigallia, tuttavia, era utilizzato soprattutto per “Displaced Persons ebree” (Ravagnan: 2012), in procinto di emigrare in Palestina, fino al 1948, e dopo, in Israele. (“Displaced Persons” = Rifugiati).

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