
Una nostra lettrice ci ha inviato, in occasione del Giorno del Ricordo, un contributo che pubblichiamo integralmente.
Per presentarla diremo che è figlia di esuli istriani: “la famiglia di mio padre era rovignese e quella di mia madre pedenese”. Nell’articolo spiega anche quello che la loro storia di esuli ha significato per lei. “A Firenze ho cercato di radicare solidamente il sentimento di italianità che mi ha trasmesso la mia famiglia: mi sono laureata in Lettere con una tesi in Dialettologia Italiana, insegno Italiano in un Liceo Statale e, orgogliosamente istriana, sono stata per anni collaboratrice dell’Accademia della Crusca”.
Oggi 10 Febbraio 2025 sono a Roma: come prevede l’Art. 3 della legge sul Giorno del Ricordo ricevo dal Presidente della Repubblica l’onorificenza per mio nonno, infoibato nel maggio 1945 nei dintorni di Pola, mai più ritrovato. La dichiarazione della sua morte presunta è arrivata solo nel 1965, pubblicata dal Tribunale di Firenze in Gazzetta Ufficiale. Se cerco il mio nome e il suo sul web, eccoci lì, io e lui, nell’elenco degli insigniti di oggi sul sito www.governo.it.
La notizia mi è stata comunicata circa 15 giorni fa dalla Prefettura di Firenze, che non prevede cerimonie in città per questa assegnazione: comprendo la scelta di non organizzare un cerimoniale per una sola onorificenza in tutta la provincia, forse anche la sola dal 2004. Tra le pagine del web, nel ricco elenco di notizie eventi programmi sul Giorno del Ricordo, e nell’attesa di ormai tradizionali polemiche che ne conseguono, di questa assegnazione arrivata a Firenze non si fa parola.
Sono nata a cresciuta a Firenze; mio padre e mia madre, istriani da generazioni, hanno vissuto tutta la storia dell’esodo e sono “naufragati” con le loro famiglie a Firenze nel febbraio 1947 quando erano due ragazzini. Mia madre è arrivata con suo fratello e la loro madre: il padre non c’era più, rimasto nella terra istriana, vittima dell’odio maturato dalla guerra, inghiottito chissà dove.
Quando ero bambina sentivo in casa il vuoto del nonno come una presenza riservata ma carica di dolore e di rabbia che aleggiava continua. Lo sentivo come un fantasma che viveva con noi e che usciva – raramente – dalle parole strozzate della nonna su un passato indicibile, che non doveva né poteva uscire fuori dalle mura di casa. Del nonno a malapena si poteva dire il nome. Di lui sorridente c’era una sola foto sbiadita, conservata gelosamente in un cassetto.
Ho presto percepito la parola “foiba” come un tabù, quelle poche volte che tra le mura protette dal fantasma del nonno è stata sussurrata in segrete confidenze, tra i brandelli dei ricordi più riposti, pieni di dolore, di sgomento dei corpi bestialmente uccisi, raccontati a stento. Per me era faticoso capire anche le continue oscillazioni linguistiche che sentivo in casa e intorno a me, ed era difficile inserire la parola “foiba” nel cassetto linguistico giusto: era italiano (cioè quella che per me bambina a Firenze era la lingua che sentivo fuori casa e che mio padre – aveva avventurosamente fatto il liceo classico tra Pola, Firenze, Teramo – aveva scelto di usare sempre con disinvoltura)? Oppure veneto, che sentivo parlare da mia madre e suo fratello e da tutti i nostri parenti e amici che venivano a trovarci da tutta Italia, da Trieste fino a Catania? Forse era la lingua incomprensibile della nonna, confusamente ibrida tra lo slavo e il veneto? È stata più un silenzio, dignitoso, ma inquietante, che una parola: non usciva mai, “f-o-i-b-a” rimaneva in casa con il fantasma del nonno. Fuori casa quella parola non stava in nessun cassetto, impronunciabile e incomprensibile per chiunque non fosse tra le conoscenze familiari.
Il nonno e le foibe hanno sempre fatto parte della mia dimensione più privata e personale, ed anche per me è sempre stato difficile parlarne; la sua vicenda da infoibato e la storia della mia famiglia hanno condizionato molto il valore che attribuisco alla dignità, alla riservatezza e al rispetto per le persone.
Nell’ultimo anno ho cominciato a cercare sul web il nome di mio nonno, con le sue varie forme prima slava e poi italianizzata nel 1936. Il primo documento che ho letto sul mio pc è proprio la pagina della Gazzetta Ufficiale del 1936, che ufficializza il cambiamento del suo cognome, da slavo a italiano. Quel documento, come tutti gli altri che in seguito ho trovato, catapultavano il mio riservato mondo di ricordi familiari nella dimensione più pubblica che esista, il web, a cui il mondo protetto dei ricordi personali interessa poco. Ho trovato tante notizie di cui non ero a conoscenza: è stato faticoso associarle al mio fantasma di bambina e realizzare che una vicenda vissuta in famiglia con gelosa riservatezza stava diventando di interesse pubblico. Mi sono anche stupita del fatto che Associazioni e Istituti dedicati ai temi sul Giorno del Ricordo, oltre ai tradizionali anche i numerosi sorti negli ultimi anni, di cui non faccio parte, avevano ormai più documenti e più notizie di quante non ne avessimo in famiglia, ad esempio il fascicolo riservato datato ottobre 1945 che contiene il nome del nonno nell’”Elenco degli arrestati dagli jugoslavi dal 1º maggio 1945 in poi a Pola ed in Istria e non ancora rientrati”.
Nel gennaio del 2024 ho chiesto l’assegnazione dell’onorificenza per il nonno, nel rispetto dell’articolo 3 della legge del 2004 sul Giorno del Ricordo: ”Al coniuge superstite, ai figli, ai nipoti e, in loro mancanza, ai congiunti fino al sesto grado di coloro che, dall’8 settembre 1943 al 10 febbraio 1947 in Istria, in Dalmazia o nelle province dell’attuale confine orientale, sono stati soppressi e infoibati, nonché ai soggetti di cui al comma 2, è concessa, a domanda e a titolo onorifico senza assegni, una apposita insegna metallica con relativo diploma”. Credo che sia l’unico modo per riconciliare le due dimensioni del nonno, il rispettoso silenzio dei ricordi in famiglia e la celebrità non richiesta, sul web e non solo, anche pensando al futuro del ricordo degli infoibati, di cui ormai tutti possono informarsi sul web, e soprattutto alle aggiunte alla legge 92/2004 del marzo del 2024, che assegnano ruoli e finanziamenti alle Associazioni – per chi ha voglia di verificare sono il comma 2-ter e 2-quater dell’Art. 1; Art. 2-bis; Art. 2-ter –, e in particolare al comma 3-bis all’Art. 3, che riguarda l’assegnazione delle onorificenze: “In mancanza di parenti in vita o di un esplicito interesse da parte degli stessi, la domanda di cui al comma 1 può essere presentata altresì dal sindaco del comune di nascita degli infoibati o degli scomparsi di cui ai commi 1 e 2. Qualora il comune di nascita non rientri più nel territorio dello Stato italiano, il riconoscimento può essere richiesto dalle associazioni storiche e riconosciute degli esuli istriani, fiumani e dalmati e dalla Lega nazionale di Trieste”.
Il rispetto è dovuto. Senza essere fantasmi spolverati per l’occasione, che possano riposare in pace.
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