Le fortune di una Città porto che il tempo non dimentica

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Le fortune di una Città porto che il tempo non dimentica

“Quando penso a Trieste immagino una perla nella sua conchiglia, bellissima quanto delicata. Spesso nel corso della storia però è stata una noce schiacciata tra le ganasce di una tenaglia rappresentate dalle potenze mondiali”. La riflessione che il dott. Livio Dorigo, nato a Pola, presidente del Circolo di cultura istro-veneta Istria di Trieste, sta facendo in questi giorni, è legata all’attenzione che il mondo sta dimostrando nei confronti della città, meta di quella Via della Seta che potrebbe significare un progresso senza precedenti o l’inizio di una tragedia. Che Dio non voglia…
Ecco perché è importante, per poter azzardare delle previsioni, analizzare a fondo la storia che oggi più che mai rappresenta un bacino dal quale attingere per trarne giuste considerazioni.

Nasce da queste premesse il nuovo lavoro del Circolo Istria, di cui ci parla Dorigo, che sta per dare alle stampe il risultato di un dibattito articolato, basato su ricerche scientifiche e indagini d’archivio, riguardanti il ruolo del Porto franco di Trieste nel corso dei secoli. E sono ben tre, ovvero trecento anni di spinte e recessioni che hanno portato la città “ad essere spesso assente a sé stessa” commenta Dorigo, aggiungendo “è spesso schiva, ma se entri nei suoi pori ne rimani coinvolto. La mia generazione, che ha attraversato la Seconda guerra mondiale, l’ha conosciuta nei momenti più tragici della sua storia, trasformata dall’esodo, resa suscettibile, stanca. Ma nell’esplorarne la storia, si scoprono momenti felicissimi come nel caso in cui personaggi geniali, anche non triestini, ne hanno motivato le glorie. Uno di questi personaggi è stato Josef Ressel, l’inventore, il forestale che qui ha applicato le possibilità dell’elica che già i matematici antichi avevano descritto”.
Non è un caso che tutto questo sia successo in questo specchio d’acqua: alle sue spalle operava una realtà importante come quella della Grandi Motori.
“L’altro genio da ricordare – avverte ancora Dorigo –, figlio di un macellaio veneziano che qui a Trieste divenne barone, perché la città permetteva la fusione di queste realtà, è Pasquale Revoltella che, con Carlo Ludovico Von Bruck, diventò protagonista del taglio del Canale di Suez che aprì alla Via della Seta con l’India e la Cina, trasformando Trieste nel porto più importante del Mediterraneo. Qui si convogliava il traffico marittimo collegato alla ferrovia del Semmering, voluta da Carlo Ghega, un altro non triestino, che ha messo Trieste in contatto con tutta l’Europa. Così la città diventò un centro economico e industriale in grado di attirare investitori da tutto il Vecchio continente. La città era in grado di movimentare quasi la totalità del tonnellaggio adriatico. In questo modo finì per estromettere la padrona dei mari, la Gran Bretagna”.

La conseguenza?

“Gli imperi inglese e del centro-europa, produssero quella forza di ganasce su una noce, che è passata alla storia come Prima guerra mondiale. Il Secondo conflitto bellico, che fu una continuazione di quello del 14-18, non a caso vide la cortina di ferro passare proprio per Trieste, ancora una volta schiacciata tra l’Unione sovietica e i Paesi occidentali. Guai se oggi la paura di uno sbilanciamento dovesse produrre un’altra violenza. E guai se le due ganasce rappresentate oggi da USA e Cina si dovessero scontrare schiacciando ancora una volta questa nostra realtà. Trieste oggi deve poter contare sull’appoggio di tutta l’Europa, nel cui interesse è in grado di esprimersi”.

In che modo la storia può aiutare a comprendere l’importanza di antiche dinamiche in grado di agire nel presente ed essere rivelatrici del futuro?

“Nel dibattito che abbiamo sviluppato coinvolgendo vari autori, storici, sociologi, ricercatori, giornalisti, sono emersi diversi momenti che evolvono il pensiero su queste tematiche”.
Sfogliamo insieme questi materiali che andranno a comporre il volume in via di realizzazione.
Gaetano Dato, espone i risultati di una ricerca condotta presso gli archivi della Camera di commercio di Trieste e delle Assicurazioni Generali, sulla cospicua movimentazione di navi e merci alla fine dell’Ottocento e il brusco calo nel periodo prima dell’inizio della Prima guerra mondiale, allo scopo di “contribuire al più vasto dibattito sulle cause economiche di quel conflitto”. Siamo nell’epoca della navigazione ibrida, da una parte la persistenza della propulsione a vela, dall’altra le navi a vapore. La flotta di velieri proviene in particolar modo dalla costa adriatica e dall’impero Ottomano. La digitalizzazione dei dati che si riferiscono a questo periodo diventa una base di studio e comparazioni. “L’auspicio – afferma Dato – è di poter meglio comprendere la storia dei rapporti economici fra gli stati belligeranti allo scoppio della Prima guerra mondiale e la loro influenza sui più evidenti rapporti politico-diplomatici”.
È affidata a Walter Macovaz una riflessione sul “tempo e lo spazio di Josef Ressel” per passare dai dati economici al contributo concreto dei singoli personaggi che precedettero il periodo analizzato, ma ne condizionarono lo sviluppo. Ressel (1793) nasce alla fine del secolo dei lumi “in grado di lanciare i semi della prima grande rivoluzione tecnica e tecnologica: il ferro e il vapore… La prima nave a vapore è del 1807 e la prima locomotiva del 1814”.
La rivoluzione tecnologica sta per dare l’avvio a secoli di velocissima evoluzione delle macchine e del loro uso, tanto da arrivare all’esplosione del presente.
“Ressel – afferma Macovaz, al quale Trieste dovrebbe dedicare un monumento – rappresenta forse uno degli ultimi inventori-scienziati individuali. Ma possiamo erigere un monumento all’inventore del transistor e della lavatrice domestica, all’inventore dello smartphone o del tiramisù, del commo-rail o del rasoio usa e getta? Ci sarebbero più monumenti che cittadini…”.
Il presente come realtà che nell’accelerazione macina ogni valore, ogni merito, ogni idea: conoscere il passato aiuta anche a ridimensionare la fretta di un’evoluzione senza rete, ad assaporare i significati di un impegno reale e fattivo.
La realtà del Porto franco di Trieste, oggi all’onore della cronaca ha le proprie origini nella Patente concessa ben 300 anni fa da Carlo VI. Da che cosa nasceva? Non certo da un improvviso impulso, ma da una serie di fattori che il giornalista Pierluigi Sabatti ben delinea nel suo saggio che si concentra, in particolar modo, sulle implicazioni del taglio del Canale di Suez. Anche qui c’è lo zampino della politica, e dell’economia, triestina. Perché tutto ciò avvenisse fu fondamentale la conclusione della guerra turco-veneziana con la Pace di Passarowitz e l’avvio della politica balcanica dell’Austria. Fondamentale anche l’incremento del rapporto con l’Egitto, attraverso il quale organizzare la via per le Indie. Il taglio sarà la soluzione alla circumnavigazione dell’Africa. Tutto più veloce, tutto più speditivo, ma anche la fine dell’egemonia della Gran Bretagna. A Trieste il protagonista di questa grande avventura è il barone Revoltella che da impiegato diventerà magnate di livello europeo, tanto da poter finanziare parte dei lavori di Suez. Aveva visto giusto. Suez si rivelerà strategico per i traffici mondiali “superiore a Panama per livelli di merci transitate”.

Ora servivano navi veloci e in grado di trasportare una notevole quantità di merci. L’elica aveva aperto una nuova era ma Ressel rimaneva quasi nell’anonimato. Perché?

A rispondere è Giulio Mellinato, con il suo saggio dedicato alla “navigazione meccanica ed i commerci all’alba della globalizzazione”. Il ruolo dell’Austria-Ungheria di matrice continentale, che solo decenni dopo scoprirà la propria vocazione anche marinara, determinò uno sfasamento rispetto allo sviluppo del vapore in America e in Gran Bretagna, relegando l’esperimento di Ressel a una dimensione marginale. La sua esperienza, per tutta una serie di motivazioni ben argomentate da Mellinato, era avvenuto nel posto sbagliato, al momento sbagliato e aveva provocato le conseguenze sbagliate.
Il tempo, lo spazio, le motivazioni come elementi che determinano l’importanza di un’invenzione o di una decisione. In questi giorni si ripete spesso che Trieste a tre secoli dalla concessione della Patente si trovi di fronte alla possibilità di un nuovo importante decollo.
“La città non venne recepita in questo modo – commenta ancora Dorigo – da noi popolo esule in questa metropoli già ridotta in cenere dalla storia. Eppure qui abbiamo messo radici, percependo forse d’istinto, che ci avrebbe riservato delle sorprese”.
Il tempo e la fortuna di poter attendere gli eventi. Oggi nel Porto vecchio, dove ancora si conservano le masserizie degli esuli, brandelli di vite vissute altrove, raccolte per non disperderne la memoria, si sta prospettando una nuova rinascita. Araba Fenice la realtà risorge dalle proprie ceneri.
Alla presentazione, a maggio, della pubblicazione “in fieri” del Circolo Istria, si attendono altri contributi al dibattito in corso.

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