
Giulio Groppi e Flavio Tossi, triestini con radici istriane, li incontriamo spesso a Trieste e a Muggia, rispettive località di nascita, ma può succedere – quando i pianeti si allineano – di incrociare i risultati delle rispettive esperienze in Istria o a Bruxelles, dove hanno stabilito la loro residenza dopo gli studi universitari. Nella città della Commissione europea hanno percorso la loro strada lavorativa, ma hanno anche fondato nel 1980 (primo presidente Ruggero Melan, impegnato nel mondo dell’acciaio all’epoca della CECA) un Comitato dell’Associazione Giuliani nel Mondo rimanendo collegati così alla casa madre di Trieste. Anche la loro sede ufficiale è presso quella dell’FVG a Bruxelles, dove si potevano incontrare anche i funzionari dell’Istria e del Montenegro. Medesimo luogo per un primo periodo, poi ognuno ha fatto scelte diverse rappresentando comunque dei punti di riferimento.

Foto: ROSANNA TURCINOVICH GIURICIN
L’attività associativa giuliana è rimasta fedele a sé stessa, proiettata sulla promozione di ciò che l’AGM rappresenta nel mondo. Una mole di lavoro che tocca tutti i campi della vita economica e culturale durante l’anno, con un ricco calendario di serate dedicate a tematiche di particolare interesse o a personaggi che in qualche modo sono l’emblema di questo mondo sparso. Ma il Comitato è anche un riferimento importante per la nuova migrazione giovanile: neolaureati che inseguono il sogno europeo impegnandosi nelle infinite attività di cui si compone il lavoro delle istituzioni europee e delle sue commissioni e gruppi dedicati. E i nostri giuliani?
Conosciamoli da vicino.
Giulio Groppi è l’attuale presidente.
“Sono arrivato a Bruxelles nell’89 e poco dopo ho avuto i primi contatti con l’Associazione già ben avviata. È stato l’allora presidente Melan a coinvolgermi. Il nostro è un comitato atipico, non ha la filosofia del migrante, ma è un modo per parlare di noi, della nostra terra di provenienza sia al pubblico italiano, ma anche a quello belga, una specie di Istituto italiano di cultura, ma di riferimento regionale”.
Settori specifici?
“Direi a tutto tondo: partendo dalla cultura, ma toccando anche economia, scienza e storia. Un esempio: sono stati nostri ospiti Zeno d’Agostino, allora al vertice del porto triestino, per parlare di portualità ed economia, ma anche Anna Millo in rappresentanza dell’Università giuliana che ha illustrato il mondo assicurativo nato a Trieste, vale a dire RAS e Generali; e poi iniziative sull’area di ricerca, con Fabio Pagan, sulla Camera di commercio italo-belga, poi il prof. Sergio Paoletti, chimico che aveva stabilito un ponte tra area di ricerca e il porto. Sul versante culturale, da sottolineare il nostro interesse per la storia con Raoul Pupo, poi Pierluigi Sabatti (in grado di svolgere le sue conferenze anche in lingua francese), ricordo una conferenza molto bella sui cimiteri israelitici. E poi i legami ‘eccellenti’: era belga anche la vedova di Massimiliano, Carlotta, sulla cui storia ci siamo soffermati in più occasioni. Poi l’arte, ultimamente con Marianna Accerboni che adora Bruxelles”.
Ci sono anche iniziative che affrontano il discorso dell’esodo?
“Con il Giorno del Ricordo sono emerse anime diverse, diverse visioni e sensibilità: la nostra idea è che il Giorno del Ricordo non debba servire al rancore, nel senso che non dovrebbe essere questo il filone principale. Abbiamo voluto pertanto avviare sia analisi storiche, vedi le conferenze del prof. Raoul Pupo o di Dino Faraguna autore tra gli altri libri anche di ‘LacasadiRabaz’ scritto proprio così in un’unica parola perché ben definisce il concetto di casa. Abbiamo approfondito il tema dell’esodo con Franco Belci (giornalista del Piccolo) e con Paolo Fonda (psicoanalista, anche sindaco di Aurisina). Insieme per spiegare che causa l’ignoranza del fenomeno dell’esodo, questo veniva percepito solo come chiave di un legittimo rancore; ma dolore è altro e va analizzato e spiegato”.
Quale contributo potete dare da Bruxelles per i diritti degli esuli?
“Non l’abbiamo mai fatto direttamente, perché si tratta di questioni politiche non facilmente percorribili. Abbiamo invece organizzato alcuni eventi in Parlamento per promuovere la regione e in questo modo sensibilizzare le istituzioni sulla realtà di una realtà di confine. Sono stati promossi ESOF o la Barcolana (la 49ª edizione) con la presenza di Mitja Gialuz. Manteniamo contatti stretti col Fogolar che rappresenta i friulani nel mondo, ci siamo occupati di Go2025! Tutto ciò in collaborazione con i rappresentanti dell’FVG a Bruxelles. Purtroppo esiste lo scoglio dei partiti diversi, anche se siamo trasversali a volte si rivela difficile”.
Arrivando da Trieste la realtà belga come viene vissuta?
“Ci si trova immersi in un mondo composto da due regioni con lingue diverse, non c’è un confine ma ci sono lingue diverse parlate dai fiamminghi e dai valloni. Ero abituato a vedere le scritte bilingui nelle nostre zone quindi mi sono subito adeguato alla nuova realtà, percorrendo l’autostrada il nome di una città può cambiare improvvisamente, a volte confonde chi non conosce questo mondo. Rispetto a Trieste l’insieme di culture diverse viene concepito come vera ricchezza della città”.
Il ruolo della musica?
“Abbiamo promosso la musica giuliana del Novecento con l’obiettivo di creare dei binomi importanti musica e arte, immagini e musiche. Iniziative che abbiamo portato anche Parigi e a Trieste. A Bruxelles ci sono pochi discendenti degli esuli, noi rappresentiamo la mobilità professionale. Tutto legato al grande ruolo della scuola interpreti di Trieste, che ha mandato nel mondo gente con diverse lauree in tasca, molti hanno iniziato con stages presso la Commissione europea”.
A Trieste di cosa si occupava?
“Lavoravo all’Area Science Park occupandomi di informatica e informazione, parliamo dei primi passi di Internet (anni ‘90), promosso dall’allora ministro Bonino che ho poi continuato a Bruxelles, nella seconda fase, vale a dire comunicazioni rapide tra Europa e zone interessate nei settori della cooperazione e sviluppo, formazione a distanza, poi tutto è esploso col Covid: abbiamo dovuto creare piattaforme esterne ed interne. È cambiata la nostra vita”.
Ora siamo arrivati all’intelligenza artificiale, deve preoccuparci?
“Basta vederla nella giusta dimensione, io dico che l’IA non è tanto intelligente, studia, memorizza, elabora, ma non capisce”.
Che cos’è per voi il ritorno?
“La normale gestione della quotidianità. Siamo spesso a Trieste, la comodità degli spostamenti rende tutto semplice. Siamo tutti europei, abitanti di un’unica grande città, Trieste pertanto non è solo l’idea della vacanza, si torna anche per incontrare colleghi e amici. Ho programmato un’unica cosa, le ceneri nell’Adriatico”.
Non c’è tristezza in questa affermazione, piuttosto pragmatismo e la consapevolezza che il mare sia un altro punto di unione, ma esclusivo.
“Ho scelto Bruxelles per amore”, racconta Flavio Tossi, che con Groppi e altri intellettuali, come Bruno Du Ban, condivide attivamente la vita del Circolo di cui è stato lungamente presidente. Con una passione specifica: la figura e le opere di Cesare Dell’Acqua.
“Anche questa una vicenda curiosa. Mi trovavo a Muggia e mi chiama mia moglie con la quale condividevo la passione per l’arte e le aste d’arte. Mi informa che ci sono due quadri dedicati a Muggia: ‘compra’, le dico. Rientrato a casa, scopro che c’è scritto Maggio non Muggia, ma che l’autore è Cesare Dell’Acqua, nato a Pirano, poi trasferitosi a Bruxelles. I suoi dipinti sono in varie sedi istituzionali a Trieste, oltre che al Museo Revoltella, ma soprattutto a Bruxelles viene considerato un genio del suo tempo. Quell’acquisto ha determinato una svolta nella mia vita, mi sono messo a studiare, a ricercare tutto ciò che lo riguardava. Ho organizzato conferenze e mostre, ho predisposto altri acquisti. È diventata una delle grandi passioni della mia vita e un modo per saldare ulteriormente la mia attività con Trieste e Pirano e la mia collaborazione con Franco Firmiani, critico d’arte di chiara fama, col quale abbiamo realizzato una grande monografia su Dell’Acqua grazie al sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio triestina”.
Il suo impegno lavorativo a Bruxelles quale settore ha riguardato?
“Qui ho preparato la tesi di laurea che ho discusso a Trieste, basata sugli aspetti economici, i gruppi bancari, la difesa dell’ambiente seguendo le scuole di ecologia negli anni Settanta. Giravo il mondo per lavoro, ho avuto esperienze eccezionali che ho poi portato nel nostro Circolo avviando collaborazioni importanti con l’Istituto Italiano di Cultura, con il Fogolar furlan. Ho tenuto un calendario sempre aggiornato di tutte le iniziative realizzate. Oggi rappresenta un importante promemoria, ma è anche la conferma di lunghi anni di impegno e risultati”.
Scorriamo il documento, pagine e pagine di date, titoli e nomi: ritroviamo personaggi noti della cultura giuliana, dal giornalismo alla letteratura, dall’arte alla musica, un mondo in movimento che conferma la ricchezza di una realtà. Vista da Bruxelles, l’FVG esalta la sua eccellenza in diversi campi, è consolazione.
L’arrivo di corregionali a Bruxelles continua?
“Si è ridotto moltissimo, ma non si ferma”.
Ci presentano alcuni giovani che frequentano gli eventi del Circolo: provengono da Trieste, Udine, ma anche dal Veneto e dalla Sicilia. “Qui ci sentiamo a casa – ci spiegano –, se abbiamo bisogno di un consiglio, qui lo troviamo”, oltre a raccontare la loro esperienza lavorativa che è molto diversa rispetto ai decenni precedenti. I cambiamenti sono dappertutto, l’unico mondo che non conosciamo è quello in cui viviamo, ci sfuggono i contorni e spesso anche la sostanza. Si continua a fare, sperando che i risultati possano giustificare tanta fatica.
Noi, ci dicono i nostri amici, abbiamo vissuto una vita lavorativa persuasa e piena. Ora continuano a impegnarsi nell’associazionismo, con slancio, con convinzione in un’Europa vissuta da dentro, percorrendo l’esperienza delle lobby che è prassi consolidata. L’Europa è ancora il nostro futuro? La diversità di Bruxelles potrebbe rappresentare una risposta, tutto convive, non senza difficoltà, ma con una vivacità che fa ben sperare. Chissà…
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