Gli ebrei a Fiume dal ’600 al ’900

Memorie di Rodolfo Decleva

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Gli ebrei a Fiume dal ’600 al ’900

Già nel ’600 risultava presente a Fiume una Comunità ebrea relegata nel ghetto tra Piazza Tre Re e Calle del Tempio con un proprio spazio adibito a cimitero a Cosala. Fu nel 1781 che l’Imperatore Giuseppe Il d’Austria emanò un Editto di tolleranza, che esonerava gli ebrei austriaci da varie incombenze proibitive e dall’obbligo di vivere segregati nei ghetti, cui seguì da parte del governatore ungherese della nostra città, Giovanni Szapary, il loro riconoscimento ufficiale d’esistenza. Arrivarono a Fiume molti ebrei attratti dallo sviluppo commerciale e portuale della città che aveva lo status di Corpus Separatum della Corona ungarica.Furono soprattutto ungheresi, i quali seppero ben integrarsi nella realtà culturale fiumana dove la maestosa sinagoga degli ebrei, in Via Pomerio, conviveva senza diverbi di sorta con gli altri liberi luoghi di culto presenti, come la chiesa dei greci di Via Macchiavelli e la parrocchia evangelica di Via Pascoli. Unico neo – ma che non produceva reazioni negative – era l’esistenza degli ebrei ortodossi, chiamati dai fiumani “zifuti”, arrivati da Russia, Bessarabia, Galizia spagnola, che erano rigorosamente severi nei loro comportamenti e prodighi nell’ostentare la loro diversità, i quali avevano anche un loro tempio separato in Via Galvani.

 

Le tante istituzioni

Gli ebrei di Fiume erano una Comunità molto attiva e socialmente avanzata, non tutti benestanti, ma bene integrati con i fiumani e molto disposti alla conservazione della loro cultura, come dimostra questo lungo elenco delle loro istituzioni: la sinagoga di Via Pomerio 31, il tempio ortodosso di Via L. Galvani 9, il Circolo di cultura ebraica di Via Francesco Crispi 3, la Confraternita ebraica di Misericordia di Via Pomerio 31, la Società di beneficenza delle signore israelitiche, la Federazione sionistica italiana (Gruppo fiumano), la Federazione sionistica italiana (Commissione di Fiume), il Keren Hajesod Ltd. (Fondo di ricostruzione) e il Gruppo sionisti-revisionisti.

L’esodo delle famiglie ebree fiumane

Si calcola che nel 1936 – due anni prima delle nefaste leggi razziali – ci fossero a Fiume circa 1.500 ebrei, bene inseriti e fiumanizzati. Lo stesso senatore fiumano Riccardo Gigante era sposato con Edit Therney, di religione ebraica. Con la promulgazione delle leggi razziali del 1938, entrò in vigore a Fiume un decreto secondo il quale la cittadinanza italiana veniva revocata a tutti gli ebrei che non la avessero ricevuta prima del 1919. Ne furono pesantemente danneggiati gli ebrei fiumani, i quali erano diventati italiani solo dopo il 1924, quando la città fu annessa all’Italia: 350 ebrei lasciarono Fiume e questo fu il terzo esodo di famiglie fiumane dopo quello del 1918, quando molte famiglie ungheresi della burocrazia di Budapest rientrarono nella loro Patria e quello del 1924, quando Fiume divenne italiana e gran parte delle etnie mitteleuropee tornarono ai loro luoghi d’origine. Nelle scuole gli scolari e studenti sparirono senza farsi notare, lasciando i posti vuoti senza che gli insegnanti ne parlassero. Successe così anche nella mia classe elementare per il mio compagno Czelch. Dei restanti 750 ebrei fiumani, una settantina furono internati e gli altri emarginati.

Dati in contrasto

In questo clima, il 26 giugno del 1939 arrivò improvvisamente a Fiume il Duce, ammarando con l’idrovolante per verificare l’efficienza delle strutture industriali tra cui il Silurificio, dato che si sentiva odore di guerra. Nel suo discorso dalla Casa del fascio in Corso, il Duce non parlò di guerra imminente, ma ribadì il suo discorso sulla difesa della razza contro le persone ebree, esaltando i fasti della Roma imperiale: gli stessi che aveva pronunciato a Trieste.

Il 10 giugno del 1940 l’Italia entrò in guerra al fianco della Germania e secondo la Prefettura di Fiume risultarono ancora presenti in città 343 ebrei, cifra in contrasto con le 750 presenze rilevate dal rabbino Arminio Klein, presidente della Comunità israelitica di Fiume nell’Assemblea di 154 sopravissuti in data 6 dicembre 1945.

Quando nell’aprile del 1941 l’Italia si preparava all’attacco della Jugoslavia, tutta la popolazione civile fu evacuata nei dintorni della regione, mentre per gli ebrei si provvide a trasferirli su vagoni chiusi e controllati dai Carabinieri a Caprino Veronese: ben 381 persone. Idem per il loro ritorno.

Il ruolo di Palatucci

Dopo il ribaltone dell’8 settembre del 1943, arrivarono i tedeschi che dichiararono decaduta l’amministrazione italiana e Fiume facente parte dell’Adriatisches Kuesterland (Litorale tedesco). Il Prefetto Temistocle Testa, il Questore Vincenzo Genovese e altri gerarchi con la coscienza poco pulita, avevano abbandonato per tempo la città che era in mano alle forze dell’ordine come finanzieri, questurini e Carabinieri…

Nella nostra Questura Giovanni Palatucci – dal 1937 Capo dell’Ufficio stranieri – divenne Reggente Questore sotto i tedeschi. Il fiumano Nicolò Werndorfer, di religione ebraica, mi parlò bene di lui, disse che lo aiutò in alcune circostanze difficili. E altrettanto mi disse la mia amica Meira Moise, che spesso alla Messa delle 6 in San Vito lo vedeva in preghiera, molto devoto e che per questo lo considerava “molto disponibile ad aiutare gli ebrei e non a perseguitarli”. Palatucci infatti, tra l’altro, intratteneva una relazione sentimentale con un’ebrea. Durante il brutto periodo 1941-1943 -–quando ogni giorno bruciavano villaggi croati attorno a Fiume e quelle povere popolazioni venivano deportate ad Arbe – il suo nome non venne mai fatto. Fu arrestato dai tedeschi il 13 settembre del 1944, perché trovato in possesso di un documento collegato al Movimento autonomista liburnico facente capo all’Ing. Giovanni Rubini (Rubinich), orientato alla creazione di uno Stato federato comprendente il Territorio del Fiumano-Kupa, le isole di Veglia, Arbe e Pago e Villa del Nevoso. Internato a Dachau, vi morì il 10 febbraio del 1945.

Fu un’autentica sorpresa apprendere il 23 aprile del 1945 che a Rat Gan, in Israele, erano stati dedicati una strada e un parco al nostro Palatucci, a seguito di una segnalazione fatta dal fiumano Rodolfo Grani (Granitz) con il supporto di 400 sopravissuti. Si citava l’anno 1939, quando una claudicante nave greca fu bloccata a Fiume con 800 ebrei, poi grazie a Palatucci rimessa in grado di proseguire il viaggio sfuggendo ai controlli della Polizia segreta italiana OVRA e degli altri organi di sicurezza. Seguirono poi molti altri casi risolti positivamente da lui grazie a suo zio, vescovo di Campagna (Salerno), che gestiva un Campo d’internamento ove gli ebrei venivano inviati da Fiume anziché in Germania. Si calcola che Palatucci riuscì a salvare in totale da 1.000 a 5.000 ebrei.

Giusto tra le Nazioni

Nel 1990 Israele lo ha proclamato Giusto tra le Nazioni, Papa Giovanni Paolo II lo ha annoverato tra i Martiri del XIX secolo e il Vaticano, nel marzo del 2000, ha iniziato il suo processo di beatificazione. Fu fatto anche un film su di lui, ma a causa dell’enfatizzazione di scene poco credibili accadute nel rigoroso regime poliziesco che vigeva, non ebbe molto successo. Come un fulmine a ciel sereno, nel 2013 apparve un articolo sul Corriere della Sera, a cura del Centro Primo Levi, che contestava sulla base di 700 documenti esaminati, l’opera benefica di Giovanni Palatucci. L’articolo venne ripreso dal Times, che indusse i vari istituti interessati – compreso il Vaticano – a maggiori approfondimenti. La conseguenza più immediata fu che il materiale relativo a Palatucci ed esposto a una mostra presso l’Holocaust Memorial Museum di New York, venne ritirato.

Il tributo fiumano all’Olocausto

Merita una particolare attenzione il volume pubblicato dalla benemerita Società di Studi Fiumani di Roma nel 1999, intitolato “Il tributo fiumano all’Olocausto”, dove – oltre alla storia di questi nostri sventurati concittadini – sono elencati i nomi e le vicissitudini di 436 deportati, vittime e sopravissuti. In anticipo sul Times e sul Corriere della sera, questo volume si poneva già allora la domanda del perché il presidente della Comunità israelitica di Fiume Armirio Klein avesse taciuto e ignorato l’opera meritoria del reggente Palatucci agli ebrei fiumani superstiti, riuniti in Assemblea a Fiume il 6 dicembre del 1945.

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