«Giuliano Koten che visse tre volte» La toccante storia di un fiumano esule

Il libro di Renato Ambiel, ripercorre la vicenda professionale e umana del grande atleta paralimpico

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«Giuliano Koten che visse tre volte» La toccante storia di un fiumano esule
Un’immagine della presentazione del volume, svoltasi a Novara. Foto: FACEBOOK

Giuliano Koten, classe 1941, nato a Fiume, lasciò la sua città natale nell’immediato dopoguerra, insieme alla famiglia, per finire nel 1950, come tanti altri esuli, nel campo profughi allestito presso l’ex caserma Perrone di Novara. Ci rimase per otto anni. Ma si sistemò e trovò lavoro. Qualche tempo dopo, per l’esattezza il 26 luglio del 1965, mentre per la ditta Falconi stava lavorando come ascensorista, subì un brutto infortunio che lo costrinse sulla sedia a rotelle. Ma non si perse d’animo. Dopo l’incidente scelse l’impegno nel volontariato e la via dello sport. Prima all’associazione sportiva handicappati (ASH) di Novara, di cui è stato un pilastro e dove ha cresciuto diversi campioni. Poi al “Timone”, Associazione che sostiene le persone in difficoltà focalizzando l’attenzione nelle attività socio-assistenziali, formative, terapeutiche e sportive, di cui è presidente dal 2015.

Premi e riconoscimenti a tutti i livelli
L’impegno di Giuliano Koten ha ottenuto riconoscimenti a tutti i livelli. Dal CONI e dal Comitato Olimpico internazionale. È stato nominato Cavaliere di Gran Croce. Nel 1988, Novara, gli conferì il “Sigillum” di novarese dell’anno insieme a Marcella Balconi e don Aldo Mercoli. È un riconoscimento del quale va particolarmente fiero. Impossibile poi tenere il conto aggiornato di tutte le medaglie che ha conquistato nelle competizioni cui ha partecipato nelle diverse discipline sportive.
Ora a raccontare in un bel libro la sua vita, anzi, come dice il titolo “le sue tre vite”, è il giornalista Renato Ambiel, che nel volume ripercorre la vicenda professionale e umana del grande atleta paralimpico in una narrazione e in un’intervista a firma di Carlo Casoli. Perché tre vite? La prima quella prima dell’esodo, la seconda quella dei primi anni vissuti a Novara prima dell’incidente sul lavoro e la terza dopo il tremendo infortunio.

La lettera del vallese Fioretto Fioretti
A inviarci gentilmente in Redazione una copia del volume è stato l’esule vallese Fioretto Fioretti. “Spettabile Redazione – ci ha scritto in una breve lettera d’accompagnamento – come lettore della Voce da Novara, uno nato a Valle d’Istria, penso che vi farà piacere ricevere questo libro sulla storia di un fiumano che a Novara ha dato lustro a Fiume e a tutti noi della diaspora”. Cogliamo l’occasione per ringrazialo anche per questo tramite. Ma veniamo ai contenuti del libro.
“Ha vissuto tre volte – spiega l’autore –; la prima a Fiume, allora italiana, che fu costretto giovanissimo a lasciare, esule a Novara nella caserma Perrone. È qui che inizia la sua ‘seconda vita’, fatta di un’esperienza comune a tanti esuli. Molti di loro e fra questi la famiglia di Giuliano, si trasferirono poi al Villaggio Dalmazia dove si creò una vera e propria comunità. Trovò occupazione alla Falconi. Ma a soli 24 anni fu vittima del grave infortunio sul lavoro che lo costrinse su una carrozzina. E a quel punto inizia la sua ‘terza vita’. Al centro dell’INAIL di Ostia, dove opera il grande medico Antonio Maglio, scopre che la sua esistenza può ancora avere un senso attraverso la pratica sportiva, perché Giuliano dal fisico possente, sostenuto da un grande temperamento, primeggia in diverse discipline”.

Sergio Koten.
Foto: FACEBOOK

Un futuro grazie allo sport
L’incontro con Antonio Maglio e i ragazzi di Ostia infonde in lui nuovi stimoli ed energie, spingendolo a rimettersi in gioco: “A poco più di un anno dall’incidente che mi ha impedito di camminare con le mie gambe – racconterà Giuliano Koten – sono tornato a pensare di avere un futuro grazie allo sport”.
Nel 1966 in Inghilterra, a Stoke Mandeville, nella struttura creata in origine da Ludwig Guttmann per la riabilitazione dei menomati negli eventi bellici, Koten partecipa alla prima gara. Nel 1968 arriva la prima la convocazione alla Paralimpiade. Nel 1976 a Toronto vince tre bronzi di cui due a squadre e uno individuale, quinto posto nel pentathlon e nono nel lancio del disco. In Olanda nel 1980, ad Arnhem, cala il poker di paraolimpiadi e si piazza al 13.mo posto nel tiro con l’arco.
Il ricordo di Koten quindi corre ai giorni di Ostia: “Nelle fila della squadra eravamo 20 atleti in sedia a rotelle pronti a cimentarci in discipline come il nuoto, il tiro con l’arco, la scherma, il tennis, il ping pong, la pallacanestro”.
Per vent’anni gira il mondo per gareggiare ottenendo successi, a tutti i livelli. Fino a diventare un simbolo del mondo paralimpico. Conclusa l’attività agonistica, si fa apprezzare anche a livello dirigenziale come responsabile e capo delegazione alle Olimpiadi. Ma la sua carica non si esaurisce certo nella pratica sportiva. Il suo grande altruismo e la generosità lo spingono, da sempre, ad aiutare gli altri. Si impegna nel volontariato. Prima all’Associazione sportiva handicappati (ASH) di Novara di cui è stato un pilastro e dove ha cresciuto diversi campioni. Poi al “Timone”. Al centro di numerose attività sociali, Koten ha continuato in questi anni il suo impegno a favore dello sport e delle persone con disabilità.

Le testimonianze
Alla buona riuscita della pubblicazione del volume hanno lavorato insieme Renato Ambiel, per i testi; Carlo Casoli con una coinvolgente intervista, Mario Finotti per il progetto editoriale, le immagini, le ricerche e il coordinamento di tutto il lavoro di gruppo ed Enrico Sempi di Tangram Strategic Design.
Il volume contiene anche le testimonianze di Luca Pancalli, presidente del Comitato Paralimpico Italiano e della vicepresidente Tiziana Nasi; di Paolo Baraggioli, primo presidente dell’ASH, di Massimo Giordano, già sindaco di Novara e di Cesare Ponti, già presidente della Fondazione Comunità Novarese Onlus.

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