Da giovane giornalista a notaio affermato Dentro al cuore l’amore per la sua Istria

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Da giovane giornalista a notaio affermato Dentro al cuore l’amore per la sua Istria

“Sono nato a Trieste il 12 agosto del 1947. I miei genitori erano di Pirano, così come a Pirano erano nati i miei due fratelli maggiori e di Pirano era tutto il parentado. Mia madre Elena – di cognome Dolce – era la penultima di sei sorelle e aveva due fratelli. Mio padre Nicolò aveva due sorelle. La sua famiglia era di San Bortolo, di fronte alle saline. A 16 anni ha cominciato a girare il mondo come mozzo e ha fatto il marittimo per oltre 40 anni. È morto a quasi 100 anni, lucido e autosufficiente fino all’ultimo giorno. Ne abbiamo tutti ancora un grandissimo ricordo”.

Di tanto in tanto l’emozione sale

Avviene in riva al mare l’incontro con Giorgio Maraspin, sguardo aperto, generoso e rigoroso, tutto d’un pezzo come la gente di questa nostra terra, riconoscibile, ovunque, attraverso un imprinting che forse non ha logiche ma soddisfa le statistiche. Il suo racconto è preciso, quasi distaccato, se non fosse per l’emozione che ogni tanto sale a sparigliare le carte.
“Sono nato a Trieste. Mio padre navigava per l’Adriatica e, finita la guerra, con Pirano occupata dagli jugoslavi, ha preferito spostarsi. La mia infanzia è stata vissuta comunque nel microcosmo della famiglia e della “piranesità”. I contatti erano quasi esclusivamente con i parenti, sia quelli venuti a Trieste, sia quelli che erano rimasti a Pirano, dove trascorrevo alcuni mesi estivi presso i nonni paterni e alcune zie materne rimaste fino al 1955”.
Il racconto richiama immagini mai dimenticate.
“Ricordo la campagna, il mare, ma anche di aver avvertito un modo di vivere preoccupato. Pur essendo un bambino, percepivo che Trieste e l’Italia da una parte e dall’altra Pirano e la Jugoslavia, erano mondi diversi e separati. Sia la mia famiglia che i parenti hanno vissuto allora anni di povertà e di sacrifici, ma con grande voglia di fare e tanta buona volontà. Senso della famiglia, laboriosità, rispetto per il prossimo, onestà, dignità e mai disperazione: sono i valori che ho assorbito da genitori e di ciò sono loro molto grato. Poi, dopo il memorandum di Londra del 1954, quando a Trieste è arrivata l’amministrazione italiana, sono venuti via tutti”.
Anni duri, campo profughi, l’incapacità di ritornare anche solo per una visita. “Siamo tornati soltanto quando la situazione politica è migliorata, a scopo ricreativo per non dire turistico e con la curiosità di ritrovare i posti lasciati. La mia vita era a Trieste e solo negli anni universitari è emersa la voglia di rivedere i luoghi delle mie radici e interessarmi della loro storia, sia di Pirano che di tutta l’Istria da condividere con i familiari e gli amici, notando chiaramente il loro interesse”.

Le radici trasmesse ai figli

L’Istria è spesso argomento di conversazione, un punto fisso e una continua ricerca, anche dell’altro, che ha una storia simile. “Ho voluto che anche i miei figli, nati a Trieste e cresciuti in Friuli, sentissero le radici piranesi. Così è stato. Invece, non ho sentito di dovermi dedicare all’impegno politico associativo. Sarà per questa mia indole, che mi porta a considerarmi “libero pensatore” imparziale, e ciò lungi da arroganza o presunzione. Sono del parere che impegnarsi in politica significhi scegliere una parte, laddove ritengo invece che non ci siano necessariamente una verità e un torto. Il mio carattere mi porta a considerare le posizioni e le opinioni di tutti, scartare quelle assolutamente inaccettabili perché fuori luogo, confrontare viceversa le accettabili, e trovarvi soluzioni ponderate ed equilibrate”.
Ha accompagnato in riva al mare un bel gruppo di amici ai quali vuole fare vedere Pirano e l’Istria. Molti sono colleghi che ben conoscono il suo grande cuore e la professionalità. Non ci stupiamo di quanto ci racconta: “Del resto, questa è una delle caratteristiche con cui ho condotto per oltre trent’anni la professione di notaio in Friuli, laddove, di fronte a casi interpretabili in vario modo, ho cercato sempre di scrutare e analizzare tutte le soluzioni percorribili nel rispetto della legalità. Come sono diventato notaio? È una storia lunga e anche curiosa. Premetto che si diventa notai superando un difficilissimo concorso a livello nazionale, articolato su tre prove scritte e una orale. Quello che ho vinto io, nel 1984, era per 80 posti in tutta Italia e al concorso abbiamo partecipato in oltre 4.000, tutti laureati in giurisprudenza e con studi specifici post-universitari. La storia nasce nel 1963 al liceo “Oberdan”, anno in cui venne fondato il “Cinque+”, ormai ultracinquantenario giornale di quella scuola”.

L’esperienza da giornalista

E ci racconta dei suoi inizi da giornalista, dal giornale scolastico a quello cittadino. Praticamente un destino segnato…e invece? Durante l’ultimo anno di Facoltà di giurisprudenza, lo ritroviamo nella redazione di Trieste de Il Gazzettino, dove scrive dapprima per la pagina nazionale (con articoli sul baseball, sport praticato nel periodo universitario) e poi con cronache locali, principalmente di nera e sportive.
“È stata un’esperienza molto positiva, mi ci sono dedicato quasi a tempo pieno. Ma volevo raggiungere l’indipendenza economica. I miei fratelli maggiori erano andati a lavorare quali apprendisti già a 16 anni, e io – da studente universitario – mi sentivo quasi un parassita in famiglia. Per cui, espletato il servizio militare, considerato che un’assunzione in piena regola presso il giornale non era possibile, ho partecipato a concorsi per essere assunto in qualche azienda. Così dapprima ho lavorato all’Acegas e poi alla Cassa di Risparmio. Durante i primi anni di lavoro ho mantenuto i rapporti con il mondo del giornalismo, collaborando con “Il Meridiano” diretto da Francesco Parmegiani, e con il Messaggero Veneto per la cronaca sportiva (baseball) e ciò ovviamente più per passione e piacere, e non certo perché remunerato. Il giornalismo appassiona, specialmente quando si è giovani. Ma ho trovato in banca l’indipendenza economica. In che cosa consistesse il lavoro del notaio, francamente non lo sapevo. La vita porta però varie volte a scelte precedentemente non pensate. Per caso e per fortuna mi viene suggerito di provarci. Così dopo sei anni nei quali avevo mollato i codici, ho ripreso a studiare. L’ho fatto con molta lena, con un programma calcolato su due anni di fila, durante i quali ho studiato dopo le ore di lavoro ogni sera per almeno quattro ore, e inoltre sabati domeniche e ferie. Poi sentendomi preparato sufficientemente sono andato per “tentare” a Roma, superato invece abbastanza brillantemente il concorso per poi iniziare la nuova professione notarile in Friuli, prima a Sedegliano e poi a Codroipo, dove poi ho messo su casa”.

Le ricerche sull’Istria

E l’Istria? Chiediamo, non intuendo la risposta, che toglie il respiro. “L’impegno professionale è stato grande, praticamente totale, e forse l’unico diversivo l’ho trovato nella voglia di riprendere e ampliare le mie ricerche sull’Istria, sulle sue vicende storiche, il suo ambiente, i paesaggi magnifici, la sua vita, le persone, la sua (perché no?) cucina, così simile se non uguale (la gastronomia istriana si differenzia tra costa e interno) a quella di casa, soprattutto nei piatti che cucinavano madre, nonna e zie. Nel corso degli ultimi anni si è cominciato anche finalmente a parlare delle oscure vicende accadute prima e durante la Seconda guerra mondiale e dei tragici destini del confine orientale italiano dell’Istria. Ho letto vari libri, ho seguito molte trasmissioni televisive, ho visitato abbastanza a fondo luoghi dell’Istria che prima non avevo conosciuto o conosciuto poco. In particolare mi sono dedicato con interesse e passione alla scoperta di tanti eventi (scontri politici e nazionalistici, foibe, esodo) di cui non si era parlato né a scuola ma neanche, se non marginalmente, in famiglia, fors’anche per scarsa conoscenza. E penso che per fortuna molte cose nel corso degli ultimi anni siano cambiate. E per quanto ho potuto, dalle mie ricerche, dalle mie scoperte, dalle mie rivisitazioni istriane, ho cercato e cerco di coinvolgere e far partecipi amici e anche altre persone con cui sono venuto e vengo a contatto. Anni fa, una mattina, mi sono recato da solo a Pirano e ho ripercorso in cinque ore tutte le sue strade, letteralmente in lungo e in largo, dal mare fino al Duomo di San Giorgio e alle mura, dalla Punta fino a San Bernardino, cercando di scavare in ogni minimo particolare per riscoprire i luoghi nei quali ho trascorso alcuni periodi estivi della mia infanzia. Nel luogo in cui avrei dovuto, ma non sono potuto nascere. Questa considerazione mi ha portato per un momento a riflettere e anche a provare una leggera commozione. Poi ho superato questo momento. La vita continua. La mia vita infatti è continuata a Trieste, è continuata in Friuli. In ogni luogo ho trovato motivi di crescita, e difficilmente torno indietro. Se lo faccio, è solo per ricordare con giusta gratitudine ciò che ogni luogo e ogni persona cara mi hanno dato. Pirano è comunque cambiata. Quand’ero piccolo sentivo diffusamente una parlata cantilenante, diversa dal dialetto triestino, che non si sente più. I vecchi piranesi di cui avevo sentito parlare in famiglia tanti anni fa o che avevo conosciuto a Trieste, se ne sono andati. I figli e i nipoti hanno piantato altrove nuove radici. Così ho fatto anch’io. Ma, quando torno a Pirano, provo sempre uno strano sentimento. La sento tuttora mia, sento di appartenervi, pur non essendovi nato. Il richiamo delle radici rivive lì forte, come qualcosa di particolare. Magari semplicemente scambiando un buongiorno con qualcuno, come me con genitori piranesi, venuto anche lui occasionalmente a rivisitarla. Un richiamo alle radici che resta anche quando torno a casa in Friuli, a Codroipo, dove vivo”.

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