Addio al vallese Fioretto Fioretti

Scomparso a Torino all’età di 88 anni, era discendente di un’antica famiglia citata in atti d’archivio già nel 1614

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Addio al vallese Fioretto Fioretti
Fioretto Fioretti. Foto: FACEBOOK

Purtroppo un’altra triste notizia. Si è spento pochi giorni fa a Torino all’età di 88 anni, Fioretto Fioretti detto “Pipa”. Era nato a Valle il 18 novembre del 1933. Discendente di un’antica famiglia vallese, citata in atti d’archivio addirittura nel lontanissimo 1614 (un suo omonimo fu sindaco di Valle), con l’esodo si trasferì con la famiglia a Tortona, dove visse in campo profughi per alcuni anni. Poi si trasferì a Torino, dove ha sempre cercato di mantenere vivo il ricordo delle tradizioni vallesi e istriane e del dialetto locale. Era impegnato attivamente nella vita del Circolo ricreativo presso la parrocchia di Santa Caterina, a Torino (Lucento), luogo d’incontro con i compaesani e con altri profughi dall’Istria che risiedono nella zona. Scrisse molte poesie in dialetto vallese e amava tanto cantare. Non appena incontrava qualcuno dei suoi compaesani intonava subito qualcosa e tutti stavano ad ascoltarlo volentieri.
Da esule tornava spesso a Valle e al suo mare, in zona Colonna che tanto amava e che ha frequentato per più di 50 anni. Lascia addolorati la moglie Lina Marzullo e il figlio Marco. Vogliamo ricordarlo con una delle sue belle poesie dialettali.

Ara sà Vale
Iesu ‘l me Vale, tera benedeta/che mi ‘ntristiso ‘l cor de nostalgia/ma le memorie de ‘n tempome caressa/de canti e de monade ‘n compagnia./De xento calma de cor e iudisioxa/vara che ghi ‘nde iera ogni contrada/che xeva con quel’anda ‘n po’ ala bona/e ‘l so bel favelà con la calada./Anca moredi ‘nde iera ‘na saglada/e vece ‘nvulticiade ‘ntel so sial./A festa granda el camapanòn sonava/e sula Musa le crame a San Zulian./Scarnossi a broti ‘n cusina picolava/e al fogoler la grèpigna del pan./Adesso ‘nte ste case che stransona/no ocoro più mamana nè Piovan./Muchè ‘ n tei loghi no cresso più entrade/doma i stropèdi coverxo le vanese/no xe più cale: el bosco l’ò stropade/e ‘l sol che lampa sbroventa le masere./ Veghi da San Micel xo a la marina/e ciami ‘nfuga “fradei” ma no ve cati,/’n spilingòn mi coro per la schèna/me volti e quacio torni sui me passi.

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