SECONDO ME Estate. Pola, circolare in città è da aspiranti al martirio

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SECONDO ME Estate. Pola, circolare in città è da aspiranti al martirio

Hhmmm. I numeri sono in crescita. Sta per scoppiare una nuova epidemia. I casi attivi di turismo in Regione sono 22.806, con tendenza a salire. (Un anno fa i casi attivi di turismo erano più vivibili 6.576). Il virus ha stagionalità inversa a quella del Covid. Nel senso che d’estate il SARS-CoV-2 è, diciamo, in ritirata, salvo qualche sporadico, sporadicissimo caso e prende piede l’aestu tornacenses (scusino i latinisti se la declinazione non è a prova di bomba); poi, passato il caldo la casistica s’inverte.

Come riconoscere la nuova condizione? Dagli innumerevoli effetti collaterali. Intanto i marciapiedi sono impraticabili, perché il conquistatore vacanziero, se viaggia in comitiva, non si muove non dico in fila, ma almeno con un po’ di compostezza. No. Si procede in barriera, schierati come giocatori in difesa della porta in un tiro di punizione. E siccome il Covid, non sapendo né leggere né scrivere, potrebbe non avere capito di essere stagionale con sdoganamento estivo e qualche micron di virus potrebbe essere in circolazione, per evitare di infilarsi nella folla turistica, ci si vede costretti a scendere dal marciapiede e procedere lungo la carreggiata. E siccome la folla a piedi è uguale a quella su ruote, incontrare qualche automobilista giustificatamente nervoso non è poi impossibile. Di solito scarica il nervosismo con una serie di colpi sul clackson. E bisogna capirlo: per entrare in città, nonostante tutte le rotatorie che è stato possibile ricavare per snellire i flussi del traffico, la coda del serpente di macchine è molto molto lontana dall’entrata in città. Circolare per città è da aspiranti al martirio. A piedi come in macchina. Trovare un parcheggio equivale alla moltiplicazione del pane. Che con il costo attuale di questo alimento essenziale, primitivo, è miracolo doppio.

A proposito di costi. Agli stipendi, per rincorrerli viene il fiatone. Se nella stessa “missione spesa” al supermercato ritorni alla scaffale di prima, magari per prendere ancora una dose dello stesso prodotto… ebbene, è già salito di prezzo. Perché è rincarata la benzina, perché solo saliti i costi del trasporto, perché la materia prima è aumentata. E anche perché qualcuno ha annusato il guadagno. Altrimenti perché, azzardiamo, una pagnotta, che l’anno scorso costava 9 kune adesso viene a costarne 17,50? Il grano l’hanno acquistato dai produttori l’anno scorso a prezzi vergognosamente bassi. E le patate? Umile ortaggio che ha sfamato i nostri nonni e bisnonni in tutte le guerre? Un giro tra le bancarelle e abbiamo bisogno di un defibrillatore: 16 kune al chilogrammo. Patate novelle. Che all’ammasso si acquistano a 3,50.

Sarà che si approfitta del potere d’acquisto di chi la paga la riceve in euro (non con conversione dalla kuna; prossima manovra spauracchio), però deve vivere anche il residentis simplex (e pauperis), al quale poi restano i costi dei tempi “bermuda e canotta”. Non se ne esce senza graffi e bernoccoli.

Bisogna correre ai ripari. Sì, ma come? Per gli acquisti, dice il governatore della Banca nazionale “basta acquistare dove costa meno”. Giuro che l’idea mi era venuta prima che a Boris Vujčić. Ditemi un po’ voi: avrei potuto fare la governatora della BNC e non lo sapevo. Anche la mia vicina di casa. Anche… beh, quasi tutti, no!?

Davvero, come fare? Azzardo: non si potrebbero riattivare i Comandi della Pc che hanno dato l’anima nella lotta al Covid? Guardandoci in giro, abbiamo retto bene. Se hanno saputo, i Comandi, affrontare stuoli di pipistrelli e pangolini, vuoi che non sappiano venire a capo di stuoli di bagnanti?

Si potrebbe, ad esempio, ripristinare lo smart working. Il lavoro a distanza. Magari scaglionato. Laddove sia possibile organizzare l’attività da casa, naturalmente. Vediamo: si potrebbe lavorare metà organico una settimana da casa, una in presenza. Effetti collaterali: meno traffico, meno ingorghi in città, meno spesa di carburante, con risparmio in termini di soldi e anche in termine di carburanti, che, dicono gli esperti, mancherà. La maggiore richiesta (per un maggiore numero di macchine) comporta un ritocco dei costi (siamo fermi per due settimane, poi si vedrà), un maggiore consumo, nuove ordinazioni: i nove cerchi dell’inferno in un amen. Con meno gente su strada diminuisce l’inquinamento, non si perde inutile tempo trasformando le 8 ore lavorative in 10 per via degli spostamenti e della ricerca di un parcheggio che nove volte su dieci non c’è. I dipendenti sono più concentrati e calmi, la produttività cresce. Non si è a rischio di colpi di sole e svenimenti per il caldo, o investimenti per il dovere muoversi a piedi in carreggiata e non sul marciapiedi.

Invece della trinità “mascherina-distanziamento-igiene” per avere ragione del Covid, si potrebbe introdurre un comodo “smart work-distanziamento-calma” per sopravvivere l’estate. E quando l’ultimo telo da bagno straniero ritorna in armadio, ci riappropriamo dei nostri spazi. Potrebbe funzionare.

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