ROBE DE MATTEONI Quelli che… gli anni ‘80 e Pablito

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ROBE DE MATTEONI Quelli che… gli anni ‘80 e Pablito

Capodistria. Saranno passati 10-15 anni. Dei colleghi sloveni mi informano che ci saranno delle premiazioni per gli sportivi della Comunità Nazionale Italiana. Non capivo perché mi volessero per quest’evento dal momento che al mio quotidiano sportivo non sarebbe interessata la cerimonia. Poi l’ho capito – ci sarà Paolo Rossi! Il mitico Pablito Rossi? Sì, proprio lui. Dissi al mio caporedattore che nei giorni a seguire mi sarei concentrato esclusivamente sulla preparazione dell’intervista. Se sarà necessario coprire le spese fino a Capodistria e ritorno, lo farò di tasca mia. Avere la possibilità di intervistare uno dei miei miti, che tale diventò tra la seconda metà degli anni ‘70 e i primi anni del decennio successivo, era il top. E chi se lo lascia sfuggire Pablito…
Paolo Rossi era il volto del calcio italiano e mondiale nel periodo in cui mi stavo formando come persona. Il tempo nel quale iniziavo a comprendere che cosa fosse questo sport così emozionante, che cosa fossero i giornalisti professionisti, che cosa dovesse fare uno che voleva diventare opinionista. In fin dei conti erano gli anni in cui il calcio italiano era sulla strada di diventare l’NBA del pallone. La lega numero uno al mondo.
Lui, Paolo Rossi, era un ragazzo giovane, capellone, un playboy di quelle decadi indimenticabili per la mia generazione. E poi giocava a calcio con un’eleganza incredibile. Era un ariete che faceva gol in tutti i modi. Di rapina, di testa, di ginocchio, di petto, di tacco, con scatti veloci, con un opportunismo in area avversaria raramente visto all’epoca.
Dopo che fu sospeso perché gli accusatori del calcio sostenevano che fosse coinvolto in un giro di combine e scommesse clandestine, ci rimasi veramente molto male. Non perché pensavo fosse una persona disonesta. Con quel faccione non poteva essere un farabutto. E poi uno che gioca ad alti livelli, che cosa se ne fa di qualche milione di lire in più? Dopo aver appeso gli scarpini al chiodo andò fino in fondo con la giustizia. Voleva dimostrare a tutti i costi che lui con il calcioscommesse non aveva nulla a che fare e infatti alla fine i tribunali civili gli diedero ragione. Scrisse pure un libro a proposito, volendo così chiudere il cerchio una volta per tutte e ripulire la sua reputazione personale, non solo calcistica.
Enzo Bearzot gli credeva ed è per questo che lo convocò come uno degli attaccanti per il Mondiale del 1982. Anche se era inattivo da due stagioni Rossi, seppur in principio giocasse maluccio, alla fine disputò un Mondiale memorabile. Che lo incoronò leggenda. Ora la sua stella brillerà ancor di più di quanto non lo fece quand’era ancora con noi. Pablito era la punta di diamante di quell’Italia che trionfò al Mondiale in Spagna. Prima la tripletta rifilata al Brasile di Zico, quindi la doppietta contro la Polonia di Lato e infine il gol alla Germania di Rummenigge. Un 3-2-1 storico che trascinò gli azzurri sul tetto del mondo!
Nella sala ricevimenti di Capodistria ci eravamo messi in disparte. Mi disse semplicemente “Vai…”. Come se ci conoscessimo da una vita, come due amici che si incontrano ogni giorno al bar sotto casa. Quella fu una delle chiacchierate più emozionanti della mia carriera giornalistica. Il mio mito calcistico era una persona talmente umile, disponibile e sorridente che volevo che l’intervista andasse avanti ancora per due o tre ore.
Ne parlavo giusto giovedì con Zvone Boban. Il capitano della Croazia allo storico Mondiale ‘98. Il cervello di quel Milan invincibile lavorò con Rossi per vari anni come opinionista Sky. Boban era talmente dispiaciuto che quasi non ne voleva parlare. “Posso dirti soltanto che era una persona davvero speciale!”. Lui, così grande, così campionissimo, un mito, uno degli eroi degli anni ‘80… Tempi speciali, fatti di gente speciale…
Dopo Diego Armando Maradona, il più grande calciatore di tutti tempi (a mio modesto avviso), che ci ha lasciati qualche giorno prima, ora se n’è andato pure Pablito Rossi. Se n’è andata una parte della nostra vita calcistica, che ai tempi più romantici del calcio ha lasciato un segno profondo e indelebile in tutti quelli che amano questo sport così speciale. Speciale come Pablito…

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