ROBE DE MATTEONI Il derby dei ricordi

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ROBE DE MATTEONI Il derby dei ricordi

Sabato sera 2 aprile al Drosina si gioca la 52ª partita tra l’Istra 1961 e il Rijeka. Il derby
del vicinato è sempre un match particolare: non c’entra chi è più “grande” o più forte o
più ricco. La partita è sempre una speranza per i più “piccoli” di ottenere un risultato
prestigioso. Dal 1945, quando le squadre di Pola e Fiume si giocavano il posto nella
neonata Lega jugoslava, la rivalità era intensa. Non solo nel calcio, ma anche negli altri sport e pure in geopolitica…
L’importanza del derby la si capisce pure dall’intervista rilasciata da Einar Galilea, 27.enne centrale dei polesi, in occasione della centesima partita in maglia gialloverde. In
quattro delle dieci risposte ha citato il Rijeka. La più bella partita per lui è stata quella della
vittoria nella semifinale di Coppa del 2021. La più grande soddisfazione? I primi 45 minuti della stessa partita, quando gli istriani erano avanti per 3-0. L’ambiente più bello in trasferta? Quello di Rujevica e del Poljud. Infine, lo spettacolo più bello al Drosina lo prevede proprio per sabato. Non soltanto perché gli sarà consegnato un omaggio simbolico, la maglia con il numero 100, ma anche perché ci saranno i festeggiamenti dei 30 anni dei Demoni. Galilea s’aspetta una splendida cornice di pubblico, con tanti tifosi in arrivo anche da Fiume.

Il grande giornalista, nonché amico e compagno di viaggio in tante trasferte in
giro per il mondo, l’indimenticabile Orlando Rivetti, mi disse una volta con fierezza: “Guarda un po’ tutto quello che abbiamo saputo costruire con tanta energia positiva
e onesta rivalità…”. E dicendolo indicava le tribune tutte esaurite del Drosina come mai
ricordavo. Era il 14 aprile 1996, una partita di play-off importante per la salvezza. Sugli spalti c’erano 7.200 spettatori. In curva nord gli ultrà dei Demoni, in quella sud il pienone
dell’Armada. L’Istra era guidata da Milivoj Bračun, il Rijeka da Nenad Gračan. In tribuna d’onore il presidente Šarinić, con il consigliere Ćiro Blažević per il Rijeka, nonché Luciano
Delbianco, icona politica della Penisola, all’epoca presidente dell’Istra. Rivetti e un po’ tutti noi rimanemmo impressionati dalla bellezza dell’ambiente. La Croazia era appena uscita dagli anni della guerra. L’Istra era cresciuto come club e come tifoseria: i Demoni avevano quattro anni. Sulle tribune un festival di bandiere, sirene spiegate e colpi di clacson; uno spettacolo che assomigliava, per la prima volta da queste parti da quando nacque la Croazia indipendente, a quello degli stadi europei. Fu una partita combattutissima, sbloccata al 20’ da Nereo Fatorić. Il ragazzo di Visinada, con un potente rasoterra su punizione beffò Slavica dalla distanza. Il boato dei circa 6.500 tifosi locali non me lo scorderò mai. Mia moglie mi chiamò dopo qualche minuto per chiedere cosa fosse successo perché lei, che lavora all’Ospedale sul… monte, s’impaurì che fosse scoppiato qualcosa. Che bei tempi.
C’era una grandissima voglia di fare del calcio croato uno spettacolo sul modello europeo e
ancor più speranze per il futuro. Ma poi con il tempo capii che certe cose della Lega jugoslava difficilmente sarebbero cambiate in quella croata. Il vecchio Istra, che retrocedeva nel 1997 per poi risalire di categoria nel 2000 e quindi dopo una stagione scomparire nel nulla, si dimostrò un degno rivale del Rijeka. Anche se arrivati dalla Terza Lega, per decreto politico, i polesi si comportarono bene nelle 7 stagioni d’élite. Mai vinto nelle 8 trasferte a Cantrida, racimolando solo 2 pareggi. Ma a Pola, e devo dire che me lo dimenticavo, l’Istra andò decisamente bene. In 9 partite 6 vittorie, due sconfitte e un pareggio. Dal 2004 il testimone è stato preso dall’Istra 1961, che in 51 partite ha vinto solo 4 volte, sempre a Pola, perdendone ben 34. E non ha vinto mai prima a Cantrida e dopo a Rujevica, anche se ci andò vicinissimo. Sei pareggi in 26 incontri rimangono il bottino dei gialloverdi. Dal 2013, con l’arrivo di Damir Mišković e poi di Matjaž Kek, il Rijeka ha fatto un grande passo avanti anche nella statistica contro i vicini. Al di là dei giornalisti tifosi che scambiano l’imparzialità professionale con la passione, mi considero uno di coloro che si godono sempre il bicchiere mezzo pieno e me ne infischio di quelli con il bicchiere mezzo vuoto. E mi riferisco a entrambe le realtà. Il Rijeka dal 1945 in poi è un club più grande, forte e ricco dell’Istra o dell’Istra 1961. Com’è logico che sia per le dimensioni della città,
delle risorse e della tradizione. Il calcio di Pola nei 30 anni della “HNL” ha fatto grandissimi passi avanti. C’è uno stadio bello e funzionale, si sta costruendo un Centro sportivo e da 13
anni l’Istra fa parte dell’élite pallonara. Mai successo nella storia del calcio di Pola. Per questo motivo tutte le partite contro Rijeka, Dinamo, Hajduk e Osijek per Pola
sono un evento. Vincere contro le “quattro grandi sorelle” è sempre un’impresa, ma quando l’Istra ci riesce è un festival d’emozioni. Siccome si perde più spesso, ci si accontenta quando la squadra gioca un buon calcio, proprio come succede in questa stagione con Gonzalo Garcia.
Tirando le somme, sabato m’aspetto una bella cornice di pubblico, con tanti tifosi di casa e
ospiti per uno spettacolo di calcio, ma anche di cultura sportiva di due città vicine che hanno molto in comune come mentalità. Sarà una bella giornata anche per i tifosi del club Demoni, che spegneranno 30 candeline e che si erano costituiti proprio il giorno della prima partita casalinga in Prima Lega contro il Rijeka. Poi che vinca come sempre il migliore. L’Istra 1961 è salvo, il Rijeka pensa al titolo e alla Coppa. Favoriti come sempre gli ospiti, poi non si sa mai…

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