PERCORSI EUROPEI L’ultimo bastione dell’ordine mondiale

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PERCORSI EUROPEI L’ultimo bastione dell’ordine mondiale

Paradossalmente, l’attacco dell’esercito israeliano alle postazioni dell’UNIFIL, e più specificamente l’irruzione nella base del contingente italiano dell’ONU, è una violazione esplicita dell’ordine internazionale e delle norme del diritto internazionale. Mentre intorno all’Europa il mondo brucia, i capi di Stato e di Governo degli Stati membri dell’UE danno la precedenza a come evitare che qualcuno di quelli che cercano di fuggire da questi focolai di guerra possa arrivare da noi. Infatti, l’UNIFIL – le Forze di interposizione delle Nazioni Unite in Libano – sono l’ultimo baluardo di un ordine mondiale che si sta sgretolando davanti ai nostri occhi.
Il Consiglio europeo che si è tenuto il 17 e il 18 ottobre ha dato la precedenza non a risolvere i nodi cruciali dei conflitti in corso e dei crimini di guerra commessi da tutte le forze in campo, ma ai fenomeni secondari che sono le conseguenze dei conflitti e dei focolai di guerra che oggi brillano nel mondo. Appunto, la crisi migratoria non è la causa degli incendi che consumano il mondo d’oggi, ma la conseguenza delle guerre, della fame nel mondo, della povertà rampante, della crisi climatica. L’UNIFIL è una delle ultime operazioni di pace che sopravvive della Nazioni Unite, stabilita nel 1978 dalle Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU 425 e 426, per sostenere la pace nel Libano dopo l’insorgenza palestinese e la guerra civile nel Libano nel 1978, alle quali sono seguite l’invasione di Israele nel 1982 e una nuova guerra nel 2006. Il mandato dell’UNIFIL è stato rinnovato dal Consiglio di Sicurezza nell’agosto del 2024 con la Risoluzione numero 2749, per aiutare l’esercito libanese a proteggere il sud del Paese da Hezbollah.
Vi partecipano 46 Paesi con 10.000 soldati, dei quali è proprio l’Italia a fornirne il maggior numero – 1.068 soldati e ufficiali, che sono riusciti in questo tempo a essere riconosciuti dagli abitanti del territorio come genuini pacieri, portatori non solo di pace, ma anche di stabilità nella regione e sostegno effettivo alla popolazione. E che ora si trova sotto la pressione dell’esercito israeliano di essere cacciata via, o addirittura esposta al fuoco delle soldatesche israeliane. Ora che l’esercito israeliano ha ridotto in macerie la striscia di Gaza, ha impegnato tutte le sue forze per scorrazzare liberamente in Libano alla caccia dei terroristi di Hezbollah, attaccando anche le basi UNIFIL – quella irlandese, indonesiana ed infine quella italiana. Per ora si tratta solo di soldati dell’ONU feriti, con la logistica resa inutilizzabile, ma Israele ha lanciato un ultimatum con la richiesta della ritirata dei caschi blu dal Libano. Quaranta dei 46 Paesi hanno sottoscritto una dichiarazione nella quale rifiutano l’ultimatum israeliano e chiedono al Consiglio di Sicurezza dell’ONU di ribadire le sue posizioni e di richiamare Israele al rispetto del diritto internazionale e di quello umanitario e di accettare un cessate il fuoco e il negoziato come unica via che possa portare ad una pace, tanto agognata in quella parte del mondo.
Il Consiglio europeo di Bruxelles si è unito alla condanna della catastrofe umanitaria della striscia di Gaza e del Libano provocata dall’esercito israeliano, non mancando, ancora una volta, di dare un colpo al cerchio e uno alla botte; cioè, condannando esplicitamente l’azione terroristica di Hamas dell’ottobre scorso. E poi, finalmente, i capi di Stato e di Governo europei si sono esplicitamente dichiarati a favore della formula dei due Stati – Israele e Palestina – una componente cruciale di un processo di pace che deve sostituire i massacri che vengono compiuti oggigiorno dalla rappresaglia israeliana.
Le reazioni ai massacri a Gaza e nel Libano hanno provocato delle reazioni varie, e tra queste anche la minaccia di tagliare gli aiuti militari a Israele da parte degli Stati Uniti, lo sponsor più potente della perseveranza israeliana a continuare la guerra fino alla fine – che potrebbe portare anche al rischio del genocidio degli arabi, sia palestinesi che libanesi. Il ministro italiano della Difesa, Guido Crosetto, ha proposto l’autorizzazione all’UNIFIL di sparare sui soldati israeliani per difendersi dai loro attacchi. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni è volata a Beirut in una missione per esplorare la possibilità della cessazione dei combattimenti, sia in Libano che in Gaza.
Purtroppo, nessuno dei membri del Consiglio europeo ha proposto quello che potrebbe essere un deterrente efficace per il governo di Benjamin Netanyahu e costringerlo a terminare la guerra. E queste sono, proprio nello spirito dell’ONU, le sanzioni economiche e militari, di tipo di quelle che sono state introdotte alla Russia per aver intrapreso l’invasione della Ucraina. Solo le sanzioni “alla russa” sono le uniche in grado di fermare Netanyahu sia a Gaza che in Libano. L’Unione europea potrebbe con una proposta simile rimuovere il pericolo di un conflitto armato con il contingente dell’ONU e anche giocare un ruolo importante nella stabilizzazione del Medio Oriente. Ma ci vuole una presa di coscienza seria e imparziale, per scongiurare una tragedia che si sta svolgendo sotto i nostri occhi – e con conseguenze dure per il futuro anche del nostro continente.

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