PERCORSI EUROPEI Il fantasma di Spinelli gira per l’Europa

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PERCORSI EUROPEI Il fantasma di Spinelli gira per l’Europa

Due giorni fa un altro flop per l’UE: l’Alto rappresentante per la Politica estera e la sicurezza dell’Unione, lo spagnolo Josep Borrell, ha dovuto ammettere che il negoziato sul contenzioso tra Kosovo e Serbia, tenutosi a Bruxelles, non ha dato il risultato positivo che ci si aspettava. Si è giunti solo a un rinvio, di un mese, della decisione del governo kosovaro di imporre a tutti quelli che intendevano entrare in Kosovo con una carta d’identità o un passaporto serbo un documento provvisorio di transito e che non sarebbe più tollerato l’uso di targhe serbe nel Kosovo. I negoziati tra il presidente kosovaro Albin Kurti e quello serbo Aleksandar Vučić sono stati lunghi, ma hanno portato solo a una dilazione di un mese, poi bisognerà ripartire. Josep Borrell è stato coadiuvato da Miroslav Lajčak, che svolge il ruolo di Alto rappresentante dell’UE nel Kosovo.
Un altro flop: critiche dure sono state trasmesse all’Alto Rappresentante dell’UE a Sarajevo, in Bosnia ed Erzegovina. I tre gruppi etnici – serbi, bosgnacchi e croati – non riescono a raggiungere un accordo sulla nuova legge elettorale. Gli uni la vogliono così, gli altri colà… Cioè, i croati vorrebbero che la legge elettorale garantisca che uno dei tre membri della Presidenza collettiva del Paese sia un croato scelto dai croati; i bosgnacchi vorrebbero che l’Alto rappresentante decretasse un sistema elettorale in cui non ci sia l’obbligo di votare per gruppi etnici, così da poter instaurare un non-croato, oltre a un bosgnacco e a un serbo nella presidenza collettiva; i serbi, poi, non vorrebbero affatto che il loro staterello, la Republika srpska, faccia parte della Bosnia, ma eventualmente della Serbia… L’Alto rappresentante dell’UE, il tedesco Christian Schmidt, non sa più che pesci pigliare: si trova sotto il fuoco incrociato dei tre nazionalismi che dilaniano la Bosnia e i cittadini che vorrebbero una Bosnia su modello svizzero, non riescono a sfondare.
C’è poi il terzo flop: quello dell’UE in Ucraina. Lì non c’è ancora un Alto rappresentante UE, lì agisce direttamente Josep Borrell, ma ugualmente senza successo. Come mai l’UE, che nel 2012 si è guadagnata il Premio Nobel per la Pace, ora non riesce proprio a imporre un accordo diplomatico a due Paesi dei Balcani e a portare al tavolo del negoziato la Russia e l’Ucraina, magari come un tentativo per far valere l’obiettivo principale dell’Unione, che sta scritto nel Trattato di Lisbona e prima ancora nella Costituzione, mai approvata, all’articolo 2: L’obiettivo dell’Unione europea è la pace…? Ancora, come mai cinque Paesi dell’UE non riconoscono l’indipendenza del Kosovo e come mai l’UE non trova un accordo per consentire l’adesione alla Bosnia, mentre l’intesa si troverà per l’Ucraina, Paese che è dilaniato dalla guerra – che non è escluso scoppi nel Kosovo e anche in Bosnia?
Il problema lo hanno identificato, sì, due grandi europei, due grandi italiani: il primo è Altiero Spinelli, uno dei padri fondatori dell’UE, uno degli autori del Manifesto di Ventotene e autore del primo testo di una Costituzione europea, nel 1984. Il secondo è Romano Prodi, presidente del Consiglio dei ministri italiano, ma come presidente della Commissione europea autore del secondo testo di una Costituzione europea, nel 2001. Entrambi i testi, reperibili ora soltanto nelle pubblicazioni specializzate, affermavano che l’Europa non sarà né unità né efficace fino a quando non si sarà federalizzata, ovvero fino a quando non diventerà una federazione di cittadini e di popoli, andando oltre il concetto di Stato-nazione e superando cosi i nazionalismi contrapposti. L’unità si ottiene proprio attraverso l’azione esterna, l’azione di un’Europa unita che opera in un mondo diviso in Stati-nazione che si confrontano e continuano a istigare conflitti e guerre proprio per affermare il concetto del potere sovrano. Perciò, affermava Spinelli, è proprio la politica estera e di sicurezza collettiva dell’Europa a dover essere il fulcro dell’integrazione politica. Senza questa anche l’integrazione economica si consumerà fino ai suoi limiti, e questi limiti sono quelli del profitto e del capitale, qualunque esso sia, nazionale o transnazionale. L’impotenza dell’UE verso la non-Europa verrà a galla durante il primo conflitto nel quale l’Europa unita non potrà intervenire né come paciere, né come mediatore, né come interlocutore, se non parlerà con una voce sola.
Cosa vuol dire, tutto ciò, nel contesto delle tre crisi citate: Kosovo, Bosnia e Ucraina? Vuol dire che l’UE se davvero vuole seguire l’idea di unificazione dovrebbe abolire il principio di unanimità tra i Paesi membri nel campo della politica estera e di sicurezza e introdurre il voto a maggioranza qualificata, che si applica in 45 aree di politiche pubbliche, ma non nella politica estera. Beh, certe volte sì, certe volte no. Ma questo è, purtroppo, competenza del Consiglio europeo. E finché non sarà esplicitamente abolita l’unanimità in questo campo, il fantasma di Spinelli continuerà a girare per l’Europa…

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