«Pennivendoli di regime»

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«Pennivendoli di regime»

Comunque vada, la colpa è dei giornalisti. A volte a essere presi di mira dai benpensanti sono quelli che una volta erano definiti in Italia – con un termine ironico, ma perché no anche un po’ simpatico – i “pennivendoli di regime”, altre volte si ritrovano nel mirino della magistratura, in seguito a denunce private, i fautori del giornalismo investigativo, o semplicemente coloro che si azzardano a uscire dagli schemi del politicamente corretto. Inutile illudersi, da quando esistono la stampa e in genere i mass media, il loro rapporto con il potere e la politica, è inevitabilmente complesso e contraddittorio. In particolare quando c’è di mezzo un media potente, invasivo, in grado di entrare in tutte le case, come il servizio radiotelevisivo pubblico nazionale, è scontato che scoppi la battaglia per cercare di pilotarlo. E chi si ritrova al potere sarà sempre sospettato di simili ambizioni. Di fatto, alla fin fine, chi si ritrova di mezzo è comunque il giornalista. Non può accontentare tutti, del resto sarebbe impossibile. Costretto a fare una selezione, perché è di questo che si tratta, delle notizie e delle dichiarazioni, potrà essere sempre accusato d’essere un… pennivendolo di regime. Forse l’unico modo per dimostrare imparzialità, per un operatore del mondo dell’informazione, è quello di scontentare un po’ tutti e dare per scontato che gli attacchi arriveranno da tutte le parti. Qualunque cosa faccia.
Certo, ci sono situazioni che lasciano perplessi più di altre. Come quelle a cui assistiamo in questi giorni a Zagabria. Quanto sta succedendo in questi giorni in Croazia, con il boicottaggio della RTV pubblica da parte di diverse formazioni che fanno capo al variegato mondo del centrosinistra, va sicuramente al di là delle polemiche che scoppiano puntualmente anche in Occidente quando si assiste a un cambio di potere. Ma in realtà è solamente la punta dell’iceberg di uno scontro politico e ideologico continuo, che avvelena la scena politica nazionale, una scena spaccata, che ritrova una parvenza d’unità soltanto quando deve fare fronte comune contro un supposto nemico esterno. Salvo poi utilizzarlo per i propri regolamenti di conti.
In tutto questo bailamme a essere sotto i riflettori alla fine è il giornalista, schiavo del politicamente corretto, che sia di destra o di sinistra, sempre in odore d’essere un pennivendolo di questo o quel supposto regime, con la spada di Damocle sul capo di leggi sempre più rigide a tutela della privacy e delle informazioni, che riducono il suo margine di manovra. Eppure senza libertà di stampa non si può parlare di vera democrazia. Come sempre in questi casi, la maggiore responsabilità è di chi detiene il potere. L’opposizione fa il suo mestiere che è quello di criticare. Con l’obiettivo di migliorare le cose. E con la speranza che non ripeta gli stessi errori che denuncia il giorno in cui sarà essa stessa ad assumere le redini.

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