Onestà e integrità accademica

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Onestà e integrità accademica

Sono rientrato da poco da un incontro di due giorni sull’onestà e l’integrità accademica organizzato a Nicosia, sull’isola di Cipro, dalla Commissione europea.
L’esperienza migliore, quando si scopre Nicosia, è il contatto con i suoi abitanti. Sono molto gentili, felici di comunicare in modo amichevole e pronti a offrire aiuto a chi sembra averne bisogno. È così nella parte della città con popolazione greca, così come in quella con popolazione turca. Purtroppo, la divisione crea tristezza ed è forte il mio desiderio che persone di per sé così cordiali trovino anche un linguaggio comune e possano riunirsi. Peraltro, da un punto di vista amministrativo, la separazione delle due parti della città è abbastanza flessibile, per chi ci viene da fuori. Abbiamo superato i controlli della polizia tra le due parti con i semplici documenti validi per l’espatrio senza alcun inconveniente, né imbarazzo.
Il tema dell’incontro, organizzato molto bene dalla Commissione europea, è di grande importanza. Sono presenti ovunque comportamenti disonesti che danneggiano l’integrità accademica. Il plagio, ovvero l’uso di testi, o parti di testi, altrui, presentandoli quali propri, continua a essere un fenomeno diffuso. La risposta è rappresentata in ampia parte dall’uso di programmi informatici che aiutano a scoprire questa cattiva condotta. In queste discussioni ho colto approvazione, ma anche disagio. Il piacere deriva dal fatto che si trovano delle risposte alla disonestà sempre più sofisticate. Il disagio deriva dall’occuparsi di temi e strategie più proprie a organi inquirenti, rispetto alla vocazione dei docenti per l’insegnamento e la ricerca scientifica. Ma non c’è dubbio che l’impegno contro tutto ciò che danneggia l’integrità accademica sia un imperativo.
Esistono anche altri comportamenti che la comunità accademica e scientifica deve estirpare. Tra questi, ci sono i casi di conflitto d’interesse. I rischi di questi fenomeni crescono in relazione alla partecipazione della ricerca scientifica anche in attività commerciali, oltre che a varie forme di sponsorizzazione dei ricercatori e delle loro attività. Aumentano, inoltre, in comunità scientifiche piccole dove gli intrecci sono quasi inevitabili. In questi contesti diviene, ad esempio, molto difficile organizzare recensioni anonime di articoli e progetti scientifici, necessari per garantire il loro valore.
I concorsi per l’impiego di nuovi ricercatori sono un tema serio. Falsarli, o orientarli per favorire alcune persone, implica effetti deleteri. Ne soffre la qualità delle istituzioni, poiché si trascura l’eccellenza dei ricercatori necessaria per la ricerca scientifica e il livello dell’insegnamento. Questi casi sono nocivi anche indipendentemente da queste conseguenze, a causa dell’ingiustizia che subiscono i candidati che hanno i meriti maggiori.
Non si tratta di un male presente solo nelle comunità piccole. È successo anche in Italia, come possiamo leggere, ad esempio, sul Sole 24 Ore. La scorsa estate il rettore dell’Università di Catania è stato sospeso dalla magistratura, assieme ad altri nove docenti, tutti indagati per associazione per delinquere, corruzione e turbativa d’asta. Le indagini riguardano concorsi per i quali la magistratura sospetta che siano stati truccati. Ma le inchieste non riguardano solo Catania. Sono coinvolti professori anche delle Università di Bologna, Cagliari, Catanzaro, Chieti-Pescara, Firenze, Messina, Milano, Napoli, Padova, Roma, Trieste, Venezia e Verona.
In questi casi, la risposta dello Stato è importante. La magistratura analizza i sospetti in modo dettagliato (non dimentichiamo, comunque, che nessuno è colpevole, fino a quando ciò non è dimostrato). Inoltre, a livello ministeriale si è deciso che si eserciteranno controlli sul 10 p.c. dei concorsi, ogni anno.
Se da un lato, la reazione dello Stato è incoraggiante, preoccupa che questa sia stata necessaria, ovvero che il sistema universitario e di ricerca scientifica non l’abbia prevenuta. Naturalmente, ciò non implica un sospetto generalizzato o condanna della maggior parte della comunità universitaria e di ricerca. Tra le altre necessità, c’è anche quella di disporre di dati più precisi sulla reale presenza di cattive condotte.

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