
Autunno, cadono le foglie, migrano gli uccelli, la nebbia agli irti colli piovigginando sale e nei tini ribolle l’aspro odor dei mosti. Su quest’immagine da quarta elementare siamo tutti d’accordo. Ma esiste ancora? La descrizione sembra adattarsi più o meno ad ottobre, ma noi sappiamo che gli eventi sono ormai tutti sfasati.
Abbiamo avuto un’estate dal caldo senza tregua che ci ha martellato già dalla fine di giugno, quando la colonnina è passata oltre i trenta e da lì si è raramente spostata in giù. Neanche i temporali di agosto ci hanno portato sollievo: due gocce d’acqua che non hanno dissetato la terra riarsa e poi di nuovo giù raggi infuocati. Dopodiché improvvisamente è venuta giù l’iradiddio, con l’acqua di un semestre in pochi giorni (altro che piovigginare) che ha lasciato tutti spiazzati.
Non so nel resto della regione, ma nell’Umaghese – Buiese la vendemmia è iniziata ad agosto cosicché ai primi di settembre era già conclusa, mentre la raccolta delle olive, che tradizionalmente si fa a novembre, in molti uliveti è slittata ai primi di ottobre.
Intanto in Irlanda del Nord quest’anno l’estate non è arrivata. Le temperature di giugno-luglio-agosto hanno raramente superato i 22oC (temperatura media dell’estate: 17,4 o!) e umide giornate nuvolose si sono intervallate a grappoletti di giorni di sole, praticamente un autunno prolungato eccetto che la natura era un tripudio di verde fiorito e lussureggiante. È chiaro che anche qui è d’obbligo un’anticipazione, ma di cosa? Di Natale, ovviamente. Se n’è già parlato l’anno scorso quando abbiamo denunciato questa pratica “senza ritegno” del mercato, che adesso sta rasentando la sfacciataggine più completa. Il 10 settembre in un negozio di Belfast mi sono trovata davanti ad una commessa che stava sistemando delle decorazioni natalizie. “Non starà mica scherzando!”, ho esclamato. Lei si è stretta nelle spalle accennando con il capo alla zona delle casse in cui erano già stati sistemati gli alberi per l’addobbo. In un altro grande magazzino, l’intera area centrale di notevole quadratura è già pronta per offrire l’esperienza della “magia del Natale”, con tanto di baita innevata, elfi e renne. Da notare che in ogni negozio come preludio alla zona Natale c’è la zona Halloween come dettato dal calendario, a cui mancava però ancora un mese e mezzo.
Quindi, se da una parte l’estate risucchia alcune delle attività autunnali a causa dei mutamenti climatici e dall’altra l’inverno invade ulteriore spazio per cause dettate da puro cinismo di profitto commerciale, cosa resta allora del povero autunno ormai ridotto a un mordi e fuggi?
Che non sia sempre stato così ce lo testimoniano i miti e le leggende, nonché il nostro ricco patrimonio culturale con tanto di romanzi, poesie e arti figurative, che comprovano quanto questa stagione sia da sempre amata.
Innanzitutto, dal puro punto di vista dei sensi l’autunno è eccezionalmente bello, insuperabile per la gamma di colori che ci presenta: infinite sfumature di rossi, gialli, ruggine, bordeaux, marrone e beige, che cambiano magicamente di giorno in giorno. In secondo luogo è ricchissimo di prodotti della terra che ci arrivano con copiosa abbondanza in tavola e in dispensa. Non a caso gli antichi romani in questo periodo festeggiavano la dea opportunamente chiamata Pomona, che deriva da Patrona pomorum ovvero, “signora dei frutti”, protettrice delle colture, soprattutto della vite e dell’ulivo. La dea è spesso rappresentata con una mela in mano, dei frutti in grembo oppure dentro una cornucopia, per cui non c’è immagine più indicata per concludere in bellezza i lavori agricoli iniziati anche parecchi mesi prima. Segnare con dei rituali il passaggio di stagione ed esprimere gratitudine per i raccolti è ovviamente un tratto comune a quasi tutte le culture, che viene celebrato sin dall’antichità. Durante il mese della vendemmia gli antichi greci festeggiavano varie divinità per quasi una settimana, che culminava con le Tesmoforie in onore di Demetra Tesmofora. I celti, soprattutto nel Galles, ringraziavano il dio Mabon, i cui riti ancor oggi si celebrano a Stonehenge durante l’equinozio di settembre, mentre nel nuovo continente è particolarmente sentita la festa del Thanksgiving ovvero il Giorno del Ringraziamento che si celebra sia in Canada che negli Stati Uniti ma in date diverse.
È però un altro mito greco che ci parla dell’aspetto più sobrio dell’autunno. In primavera avevamo accennato al mito di Demetra e Persefone, madre e figlia, che insieme contribuiscono alla rinascita del mondo naturale. Ma Persefone, rapita da Ade, è costretta a passare sei mesi all’anno con lui nel regno dell’Ombra e con l’equinozio arriva il momento in cui madre e figlia si devono separare ed esporsi al dolore del distacco, della perdita e della lontananza. Ed ecco che si rivela il lato più malinconico dell’autunno che, dopo l’inebriante frenesia dell’estate, porta a diventare più riflessivi, a far emergere uno spirito contemplativo che pondera sul tempo che passa, sul declino delle cose e sull’inevitabile ultima soglia che ci aspetta. Il passo tra pensiero profondo e pensiero morboso, in autunno è breve.
Ma non c’è nulla di male a fermare il giro ogni tanto. Non solo, ma al nostro spirito fa bene avventurarsi solo e pensoso nei più deserti campi, da misurare con passi tardi e lenti, a costatare che il miglior tempo della nostra vita lungamente ci dice addio; temere di essere come d’autunno sugli alberi le foglie, che diventerà povera cosa caduta che la terra raccoglie. Ma prima che la disperazione si faccia spazio nella nostra anima, fermiamoci ad ammirare gli ampi spazi, i sovrumani silenzi e la profondissima quiete della stagione e lasciarci naufragare dolcemente in questo mare d’immensità. (Con le mie più profonde scuse a Francesco Petrarca, Vincenzo Caldarelli, Giuseppe Ungaretti, Salvatore Quasimodo e soprattutto Giacomo Leopardi, la più sublime anima autunnale della poesia italiana).
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