INSEGNANDO S’IMPARA Pasqua nel mondo

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INSEGNANDO S’IMPARA Pasqua nel mondo
Foto Željko Jerneić

In passato abbiamo menzionato il periodo pasquale parlando della storia dell’uovo di Pasqua. Siccome siamo nel periodo giusto, allarghiamo il tema e alleggeriamo i toni immergendoci negli altri simboli pasquali, gettando uno sguardo anche alle tradizioni degli altri paesi.

Cominciamo dai coniglietti che appaiono su moltissime illustrazioni di questa stagione. Sono simpatiche creature primaverili che, diversamente dagli agnellini, anch’essi simbolo della rinascita, non hanno assunto nessuna simbologia cristiana. Del capro espiatorio si parla dai tempi antichi, di agnelli sacrificali è piena la Bibbia, ma nei testi sacri i coniglietti scarseggiano. Se poi prendiamo in considerazione che sono conosciuti per la loro formidabile attività riproduttiva, vediamo che ci stiamo alquanto allontanando dalla religione. Anzi da questo particolare si può dedurre che già durante il paganesimo erano stati adottati come simbolo di fertilità e c’è proprio un filo rosso che parte dai conigli e arriva alla nostra Pasqua passando per l’anglosassone. Come sappiamo, in inglese Pasqua si dice Easter che deriverebbe da ēastre o ēostre dal nome della dea dell’alba e della primavera, spesso rappresentata come un coniglio o una lepre. Questo simbolo è molto presente nella cultura anglo-irlandese con molte tradizioni che vi si associano come gli Easter Bunnies, i coniglietti di cioccolato, famosi quanto le uova. Inoltre, per ragioni che sono troppo lunghe da spiegare, si racconta ai bambini che sono proprio i conigli a deporre le uova di cioccolato, e li si incita ad andare a “cacciarle” in giro per il giardino. Oppure ci si diverte con l’egg rolling, cioè a far rotolare le uova sode lungo i pendii dei prati.

Al posto delle nostre pinze, gli inglesi hanno gli hot cross bun, panetti rotondi, dolci aromatizzati con cannella, noce moscata e uvetta, che risalgono addirittura ai tempi precristiani, ma che con l’aggiunta di una croce bianca centrale hanno poi acquisito un significato religioso.

Sulle tavole pasquali, oltre alle uova, domina l’agnello in tutte le forme. In Irlanda la sua carne si abbina a una deliziosa salsina di menta fresca (macerata in aceto e sale), in Francia c’è il “gigot d’agneau pleureur” (il cosciotto d’agnello che piange) in cui la carne, adagiata sulle patate e arrostita, “piange”, facendo colare i preziosi succhi sui tuberi. Il piatto fa piangere di commozione anche i francesi per il suo sapore divino. In Grecia si va giù forte con la bestiolina, che viene sacrificata sia per il primo che per il secondo. In teoria, si arriva a Pasqua dopo il digiuno quaresimale, perciò i piatti festivi sono molto sostanziosi a cominciare dalla “Maghiritsa”, una densa zuppa a base di frattaglie di agnello la cui preparazione deve iniziare già al sabato. Il piatto forte è chiamato “ovelias” (o ovelhas) e viene fatto alla brace seguendo un rito di origini antichissime. Per tradizione gli uomini indossano gli abiti tradizionali e si alternano alla cottura della carne che viene prima marinata con vino rosso, limone, cipolla e spezie, e in seguito arrostita.

I tedeschi vogliono il loro agnello in forma di dolce e hanno creato anche lo stampo per farlo. L’”osterlamm”, è una torta soffice e morbida, ricca di burro, profumata con scorza e succo di limone. Anche questa si prepara il sabato e si consuma la domenica.

In alternativa alla carne ovina alcuni preferiscono orientarsi sul suino, come lo stinco di maiale con crauti austriaco detto “Eisbein” o la minestra polacca detta “žurek” dal sapore acidulo dato dalla fermentazione della farina di segale, arricchita con salsiccia, legumi, patate, carote, uova sode tagliate a metà e un mix di spezie.

Un altro paese dove la Pasqua è molto sentita è la Spagna con tradizioni radicate in tutto il territorio e che ricoprono l’intera “Semana Santa”. In tutte le città si possono ammirare imponenti le processioni delle Confraternite, con i penitenti in vesti bianche, con il cappuccio a punta, che sfilano circondati da maestosi crocifissi, statue, e spesso anche accompagnati dai carri sacri. È uno spettacolo emozionante e inebriante per i sensi, che vengono sopraffatti dal profumo denso di incenso, fiori e fumo di candele e dal rullo ipnotico dei tamburi e dei canti religiosi (eccetto che a Valladolid e Zamora dove si sfila in austero e contemplativo silenzio).

Il dolce spagnolo ideale per accompagnare la visione delle parate sono, le “torrijas”, morbidi e succulenti dolcetti, fritti nell’olio e spolverati di zucchero e poi intinti nel vino o nel miele.

C’è un altro dolce spagnolo che è un po’ il simbolo della pasticceria pasquale della zona costiera del mediterraneo e che di base doveva essere simile alla nostra pinza, solo fatto a ciambella. Attualmente ne esistono due versioni: a Murcia e Valencia è sormontato da uova sode, mentre in Catalogna le uova sono di cioccolato intercalate da simpatiche figurine, simili a quelle del nostro presepe, ma commestibili, e da piume decorative. Il nome del dolce è (che Dio mi perdoni) “Mona de Pascua”. Il nome deriva dalla parola araba “munna” che significa “provvidenza” o “dono alla bocca”, ipotizzando che dopo la lunga astensione quaresimale, il dolce è un regalo per le papille gustative. Pur essendo presente durante tutto il periodo pasquale, tradizionalmente si consuma il lunedì di Pasqua.

Finiamo perciò con la festività di Pasquetta (piccola in relazione alle celebrazioni del giorno prima) detta anche Lunedì dell’Angelo, dal racconto dei Vangeli in cui si narra che l’angelo apparve alle donne giunte al sepolcro, annunciando la resurrezione del Signore. Anche la tradizione della gita fuori porta che si fa in questo giorno si richiama al Nuovo Testamento, e precisamente all’episodio in cui il Cristo risorto si manifestò per la prima volta a due discepoli in viaggio verso Emmaus. Quindi, in ricordo del viaggio dei due pellegrini, è nata la consuetudine di fare una scampagnata o una gita in giornata. Buona Pasqua a tutti.

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