INSEGNANDO S’IMPARA L’autunno della vita

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INSEGNANDO S’IMPARA L’autunno della vita
Foto Shutterstock

Il 27 settembre scorso, a 89 anni, è venuta a mancare la grande attrice inglese Maggie Smith, magnifica interprete sia di cinema che di teatro. Godeva dell’ammirazione del pubblico (che l’adorava) e anche della critica (che l’aveva ricoperta di onori e premi). Una carriera impostata sul talento, sull’intelligenza e sull’ecletticità. Dopotutto, non si continua a lavorare per sette decadi nel mondo dello spettacolo senza queste doti, a cui va aggiunto un notevole senso dell’umorismo condito da una buona dose di autoironia. Tra le sue formidabili battute vogliamo ricordare “Non tollero gli sciocchi, ma d’altronde neanche loro tollerano me. Sarà per questo che interpreto bene le vecchie signore permalose” “Avrò anche vinto due Oscar, ma devo ancora capire come funziona il cinema”.

Nonostante abbia dichiarato “una volta che entri nella zona nonna, sei fortunata a lavorare ancora”, è proprio quando è entrata in quell’età che è iniziato il suo splendido autunno. Ultrasessantenne quando ha cominciato a lavorare alla saga di Harry Potter e ultrasettantenne sul set di Downton Abbey, l’ultima interpretazione l’ha portata a termine alla veneranda età di 88 anni. Senza dimenticare che un anno fa la griffe Loewe l’aveva ingaggiata come testimonial per i suoi prodotti di lusso.

Ma non occorre essere Maggie Smith per capire che l’autunno della vita ha ancora tanto da offrire e anche se il fisico e la mente cominciano a steccare, l’entusiasmo, la passione e il desiderio non invecchiano mai e basta poco per tenerli vivi. Ha detto bene la nobildonna russa Sof’ja Sojmonova Svečina, quando ha sentenziato che “se la gioventù è il fiore più bello, la vecchiaia è il frutto più delizioso”.

Parecchi tra i miei studenti avanzati, sono avanzati anche negli anni; spesso sulla settantina con alcuni hanno anche passato gli ottanta, eppure è la classe che trovo più stimolante, quella per la quale mi industrio di più. Il loro entusiasmo è il nutrimento che da tanti anni fa andare avanti il circolo virtuoso di un lavoro altamente soddisfacente per tutti. Siccome i libri di testo li abbiamo abbandonati da tempo, il mio ruolo è quello di trovare argomenti sempre nuovi e materiale interessante, ai quali loro rispondono con generoso impegno e viva partecipazione. Con delle menti così fervide e attive, il fisico non più fresco passa in secondo piano, almeno durante le due ore settimanali che passiamo insieme. È veramente una gioia tornare tutti a casa con un sorriso, dopo una lezione che è stata forse più sorprendente per me che per loro. Parafrasando il giurista americano Oliver Wendell Holmes Jr. morto a 94 anni, che disse “la gente non smette di giocare perché diventa vecchia. Diventa vecchia perché smette di giocare”, si potrebbe dire che “la gente non smette di imparare perché diventa vecchia. Diventa vecchia perché smette di imparare”.

Perciò vorrei dedicare questo bozzetto a queste persone preziose che mi accompagnano da tantissimi anni e a tutti i lettori che stanno vivendo questa stagione della loro vita. Per sdrammatizzare la situazione, ho setacciato libri e Internet alla ricerca delle battute e degli aforismi più divertenti che descrivono i cambiamenti (e le magagne) dell’età autunnale che, come abbiamo visto, è spesso lunga e può riassumersi in queste quattro fasi: “prima si dimenticano i nomi, poi le facce. Più tardi ci si scorda di tirarsi su la zip e infine anche di tirarla giù!”.

Anche senza arrivare ai problemi con le cerniere, molti sono d’accordo che ci sono segnali che indicano che stiamo varcando la soglia della piena maturità. Il fisico che “va in semenza” e diventa una mappa di acciacchi, tanto che se qualcosa non fa male vuol dire che non funziona. Si comincia a fare strani gemiti quando ci si alza dalla sedia; a volte basta starnutire o dormire in una posizione strana per trovarsi doloranti e con qualcosa fuori posto; guardando i film di Disney, si comincia a dare ragione ai genitori e improvvisamente tutto quello che si odiava da bambini – pisolini pomeridiani e andare a letto presto, stare a casa, non vedere gente, mangiare verdure – diventa desiderabile. Il punto del non ritorno è il giorno in cui ci si sveglia all’ora in cui da giovani si tornava a casa e quando la parola rimorchiare significa solo portare la roba alla discarica.

Anche se dentro ci sentiamo ancora ventenni, il mondo esterno ci ricorda che il tempo è passato, basta vedere quanto ci vuole per trovare il nostro anno di nascita su un modulo online, oppure scoprire che quando inciampiamo e stramazziamo al suolo, nessuno più si mette a ridere ma ci soccorrono con sincera preoccupazione. Peggio ancora, ci sentiamo saggi e abbiamo le risposte, ma nessuno ci fa più domande.

Sul declino delle facoltà mentali, sono tutti d’accordo, a partire da quelli che sostengono che la memoria si accorcia, ma la lista delle lamentele si allunga; che l’abilità di ricordarsi i testi delle canzoni degli anni ‘80 è di gran lunga superiore all’abilità di ricordarsi del motivo per cui siamo andati in cucina. A questo proposito, è stato inventato un dispositivo GPS che, non solo ci porta dove vogliamo andare, ma ci ricorda il motivo per cui dobbiamo farlo. Però sappiamo che il dispositivo non funzionerà perché le nuove tecnologie le maneggiamo con difficoltà.

Il numero di amici diminuisce, ma confidare loro i nostri segreti diventa più sicuro, perché tanto non se ne ricorderanno. Sembriamo più pazienti, ma in realtà è solo perché di molte cose non ci importa più tanto. Adesso altri quesiti guadagnano importanza, tipo, dove ho messo gli occhiali? Ho preso le chiavi? Chiamami così trovo il telefonino. Ma questa è la password giusta! Cavolo, quanto si restringe la roba in lavatrice.

Concludendo, aveva ragione lo scrittore e umorista inglese Terry Prachett, quando disse “Dentro una persona anziana c’è una persona più giovane che si sta chiedendo cosa diavolo sia successo”.

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