INSEGNANDO S’IMPARA Compleanni, anniversari, regali e omaggi (1)

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INSEGNANDO S’IMPARA Compleanni, anniversari, regali e omaggi (1)
Photo: Dusko Jaramaz/PIXSELL

Eccoci ad un’altra edizione di “Paese che vai, usanza che trovi” ovvero differenze di usi e costumi tra le nazioni. Dobbiamo sottolineare che la diversità di per sé non rappresenta un problema in quanto, andando a vivere stabilmente in un Paese straniero, bisogna essere preparati alle novità. Quello che spiazza sono però le consuetudini che condividiamo, ma a cui si dà un’importanza diversa.
Cominciamo dai compleanni. In Istria, ma anche durante gli anni triestini, il compleanno dei familiari o degli amici era sempre un evento da celebrare. Anche se non si faceva festa, si ricopriva comunque di attenzioni il festeggiato o la festeggiata con un regalino ben scelto, un pensiero ben espresso o ritagliando uno spazio di tempo solo per loro, per far capire che ci stavano a cuore. In fondo, se nel mondo occidentale Natale è la più importante festa collettiva (in base alla quantità di regali che ci si scambia), il compleanno è il giorno più importante a livello individuale, il nostro giorno speciale che pertanto va messo in rilevanza almeno nella nostra piccola cerchia.
Abbiamo già precedentemente sottolineato che quassù la gente è meno portata a lasciarsi andare in esternazioni e generalmente si comporta con più misura e riserbo perciò, dopo la maggiore età è un luogo comune che non occorra più fare tante cerimonie per un compleanno in più. L’unica eccezione sono i compleanni tondi, quelli che finiscono con lo zero, che sono meritevoli di grandi feste, musica, palloncini e addirittura striscioni appesi sopra i cavalcavia. E dire che da noi tali compleanni sono i più traumatici perché a nessuno fa piacere entrare in una nuova decade, soprattutto passati gli -anta. Morale della favola non aspettatevi troppi regali per i compleanni che finiscono da uno a nove, quando tutto quello che riceverete è probabilmente solo un bel biglietto d’auguri.
E qui apriamo un’altra bella parentesi.
Fate un giro per i nostri negozi alla ricerca di un biglietto d’auguri; il massimo che troverete è uno stand di piccole o medie dimensioni nelle cartolerie o negli uffici postali. A Belfast, ma anche nel resto del Regno Unito e Irlanda, esistono negozi (plurale) dedicati interamente ai biglietti d’auguri, in inglese “card” e che qui spesso viene spontaneo tradurre erroneamente in “carta” (oggi sarei ricca se avessi ricevuto un euro ogni volta che ho sentito dire “grazie per la carta che mi hai mandato”). Non c’è evento della nostra esistenza che non abbia già una card pre-pensata, pre-stampata, pre-esposta e pronta per essere colta, firmata e consegnata. E per ogni occasione ci sono card di vario tipo: ornate, semplici, minimaliste, tridimensionali, poetiche, scherzose, con personaggi dei cartoni animati, foto d’autore ecc. La nostra vita è mappata da tutta una serie di card appositamente predisposte. Oltre a tutte le feste dell’anno (Natale, Pasqua, San Valentino, Halloween, Festa della Mamma, del Papà, ecc.), ogni fase, dalla nascita alla morte, ha la sua card: battesimo, comunione, diploma, laurea, fidanzamento, nozze, anniversari vari, pensionamento e condoglianze. Inoltre c’è una buona scelta di card anche per le fasi di transizione o, se vogliamo chiamarle “le mezze stagioni” della vita. Biglietti di congratulazioni specializzati: per aver trovato lavoro, per una promozione, per aver preso la patente; di auguri di buon viaggio, per un nuovo lavoro (e c’è anche la card che lo precede “ci dispiace che ci lasci”), per una pronta guarigione e addirittura di “buon trasloco” e “felice vita nella nuova casa” (due card distinte, si capisce) e infine anche card di benvenuto (nella nostra città, nella nostra azienda, nel nostro team). Nei negozi non si vedono, ma online c’è anche un mercato fiorentissimo di biglietti per il divorzio (“ho detto sì, ho detto no, ho detto addio”) già stampati per ogni bisogno: per un’amica (amico), per la sorella (fratello), per la propria madre (padre), nonni, nipoti, capufficio ecc. Ovviamente non mancano neanche quelli per l’eventuale secondo matrimonio di tutti i suddetti.
Da noi, il fatto stesso di mettere un biglietto in una busta, istiga a personalizzare qualcosa che di per sé è anonimo, per cui in barba a quello che c’è già stampato sentiamo l’urgenza di aggiungerci qualcosa di nostro pugno. Qui invece le card sono giudicate già complete, la loro immagine di copertina e messaggio interno, dicono già tutto. Basta metterci la firma e il gioco è fatto. L’attenzione al destinatario viene dimostrata nell’aver scelto proprio quel biglietto, il resto è relativo anche se a noi questo sembra piuttosto impersonale.
Da qui si capisce la centralità della card nei rituali di questa gente. Per ogni evento le card ricevute devono essere esposte in bella mostra in luoghi prominenti della casa affinché ogni visitatore possa ammirarle. A Natale le case grondano di biglietti d’auguri dappertutto cosicché si possono pure comprare dei nastri da attaccare lungo le pareti dove le card vengono fissate con mini-mollette. Altro esempio: recentemente ho fatto visita ad una vicina che ha perso il marito, mi sono presentata portando con me un biglietto di condoglianze che è andato ad aggiungersi agli altri sullo scaffale sopra il caminetto.
Questa è l’altra differenza tra i nostri Paesi. Per noi il biglietto dovrebbe sostituire il mancato incontro di persona. Come dire “non ci possiamo vedere perciò ti faccio gli auguri per iscritto”, ma se ci vediamo e ci parliamo non dovrebbe esserci bisogno della card. Se organizziamo una festa è sufficiente attendersi gli invitati con eventuale regalo. Qui no. Ci deve essere pure il biglietto di auguri, altrimenti è come se mancasse la ciliegina sulla torta.
Per finire segnalo due occasioni che mai mi sarei immaginata avessero bisogno di essere immortalate in un biglietto: l’addio al celibato o nubilato e l’anniversario di astinenza dal bere per gli ex alcolizzati. Le card sono già pronte. Affrettatevi ad ordinarle!

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