
Si attende già da mesi al Sabor la votazione della Legge sul Registro centrale della popolazione, con la quale dovrebbe passare alla storia il Censimento. Il nodo è chiaramente rappresentato dalla conta su base nazionale. La nuova Legge prevede una dichiarazione di nazionalità, madrelingua e fede religiosa volontaria da inviare alla Direzione fiscale del Ministero delle Finanze. Il timore delle minoranze è chiaramente che pochi cittadini siano invogliati a farle. E visto che i diritti delle etnie nella maggior parte dei casi dipendono dai numeri è evidente che le Comunità nazionali rischiano grosso. Per uscire dall’impasse si è arrivati, a quanto sembra, a una sorta di compromesso. Il Governo ha approvato tre emendamenti alla Legge, con i quali sulla base del Censimento della popolazione del 2021, fino al 2033 saranno definiti anche i diritti etnici. Poi dal 2034 farà testo il Registro centrale della popolazione. Magari sperando che fino ad allora un buon numero di cittadini decida di dichiarare volontariamente al fisco la propria nazionalità, madrelingua e la fede religiosa. La speranza che con l’addio al Censimento sarebbe passata alla storia anche la spada di Damocle della conta decennale è andata delusa. Certo il compromesso è meglio di niente: se non altro si prende tempo fino al 2024. Poi si vedrà. Magari nel frattempo diversi dei diritti che ora dipendono dal numero degli appartenenti alle etnie diverranno diritti acquisiti, magari mettendo mano agli Statuti delle autonomie locali e regionali. Come già accaduto per i seggi specifici delle minoranze serba e ceca nella Regione di Bjelovar e Bilogora. Nel caso della CNI, vale la pena ribadirlo, il grosso dei diritti è garantito dagli Statuti, oppure rientra tra i diritti acquisiti. Però, come spesso si ammonisce, i numeri contano comunque. E fino al 2034, se la Legge verrà approvata con gli emendamenti governativi, ci sarà tempo per fare il punto della situazione… Magari con l’auspicio che fino ad allora si arrivi a qualche altra soluzione…
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