I rischi dell’antipolitica

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I rischi dell’antipolitica

Il trentesimo anniversario della caduta del muro di Berlino è un’occasione per riflettere su quanto è avvenuto in questo periodo, sulla situazione attuale e sulle prospettive future.
Credo che, per ogni persona ragionevole, sia chiaro che non ci sia nulla da rimpiangere dell’ordinamento che è scomparso dall’attualità europea. È una caratteristica comune degli Stati che erano raggruppati nel Patto di Varsavia l’aver negato ai propri cittadini le libertà politiche e individuali (con forti limiti anche alla libertà di movimento) e non aver garantito loro una qualità della vita soddisfacente.
La questione non è se ci sia stato progresso, ma se questo sia sufficiente. Per chi sperava che dalle macerie dell’ordinamento precedente sarebbero nati degli ordinamenti liberali, concentrati in modo primario sulle libertà e i diritti degli individui, le delusioni sono parecchie. Lo sono anche per chi sperava in ordinamenti che avrebbero rispettato la giustizia sociale e l’equità e sarebbero stati al servizio del cittadini. I pensieri non sono rivolti a una nostalgia del passato, decisamente inopportuna, ma a progetti che possano consolidare il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, oltre che la giustizia sociale. Questa si deve manifestare con la sicurezza dei beni indispensabili per una vita dignitosa e valide opportunità nella vita.
Ma dal punto di vista dell’insoddisfazione diffusa, gli ordinamenti che hanno aderito alla democrazia parlamentare e all’economia di mercato sembrano aver iniziato a condividere l’attuale condizione di altri Stati europei (anche se nelle democrazie parlamentari meno giovani, l’attenzione ai diritti individuali sembra essere più solida). Le manifestazioni di antipolitica, cioè di rifiuto della politica nelle forme tradizionali, sono evidenti in molte parti. Si manifestano con partiti populisti, ma, anche, con movimenti spontanei che, in alcuni casi, vanno oltre a questi, divenuti obsoleti. Mi sembra che sia così anche in Croazia e che lo testimoni l’attuale sciopero degli insegnanti e il supporto che sta avendo.
Per dirlo in modo categorico ci vorrebbero analisi empiriche approfondite. Ma mi sembra che le impressioni a sostegno di questa affermazione siano già visibili. Si pensi al testo della canzone scritta a favore dello sciopero dal gruppo pop Elemental, con messaggi di antipolitica, che si può vedere e ascoltare su YouTube.
Senza entrare nel merito dello sciopero (se ne scrive già ampiamente), vorrei dedicare qualche parola al rischio a lungo termine dell’antipolitica, cioè al rifiuto della politica nelle sue forme istituzionali. Da un lato questo rifiuto è comprensibile e, a breve termine, in alcune occasioni, una risorsa necessaria. È così quando i cittadini si sentono staccati da chi li dovrebbe rappresentare e lavorare a favore dei loro interessi e percepiscono la classe politica come una classe a parte, concentrata su interessi propri. Presentarsi come “uno di voi” si rivela una carta vincente, ma è di breve effetto, quando non è sincera. È logico che il trucco abbia risultati non duraturi, quando l’essere “uno di voi” si esaurisce in esibizioni di gusti e uno stile di comportamento opposto a quelli usuali della classe più istruita da un lato, e dell’élite politica dall’altro lato. A un certo punto è ragionevole che divenga cruciale la capacità di mostrare la condivisione delle condizioni di vita di quelli ai quali si dice “sono uno di voi”, o, almeno, l’intenzione e la capacità di agire per i loro interessi.
La conseguenza prevedibile è che vaste parti della popolazione vogliano riconquistare i propri destini creando iniziative che gestiscono da sole, rivolte alla soluzione dei loro problemi e dei loro temi esistenziali.
La risposta della classe politica dovrebbe essere quella di prendere coscienza del problema e di rispondere alle esigenze delle popolazioni. Diversamente, il rischio è una condizione potenzialmente esplosiva con esiti imprevedibili. Ma temo che vaste parti della classe politica o non abbiano soluzioni, o preferiscano continuare a servirsi di trucchi. Tra questi c’è quello di fabbricare il nemico, come l’immigrato, o popoli con i quali si è combattuto nel passato. Ma i trucchi, solitamente, hanno una durata limitata. Sarebbe importante pensare alla soluzione dei problemi, invece.

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