Giochi di potere

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Giochi di potere

Lo stacco decretato dagli exit poll lanciati domenica alle 19 in punto era superiore ai 6 punti percentuali a vantaggio di Zoran Milanović. Inevitabili le ripercussioni sul clima nei quartieri generali dei due candidati al ballottaggio per le Presidenziali. Musica, brindisi e gioia nella sede dei simpatizzanti di Zoran Milanović alla Tvornica kulture, delusione e amarezza evidente al Plaza tra i sostenitori di Kolinda Grabar-Kitarović. Tra i primi a dettare il ritmo era la soddisfazione per un risultato che anticipava l’ingresso di Milanović al Pantovčak, tra i secondi a fare da padrone era la consapevolezza che la loro candidata era in procinto di lasciare l’incarico di Presidente della Repubblica.E mentre nell’attesa dei risultati ufficiali (che dalle 20 in poi non hanno fatto altro che confermare il rapporto emerso dai sondaggi) Milanović affidava il suo grazie agli elettori a Facebook, Kolinda Grabar-Kitarović prendeva il tempo consentito dalla procedura elettorale prima di presentarsi in sala, esprimere le sue congratulazioni al vincitore e dichiarare la sua disponibilità a collaborare con il successore al Pantovčak.
Tra i primi a presentarsi davanti ai cittadini è stato il segretario generale dell’HDZ (e presidente del Sabor), Gordan Jandroković. La differenza emersa è oggettivamente troppo grande per poter essere recuperata. Evidentemente la scelta di orientarsi in questa fase della campagna elettorale più a destra (rispetto alla linea politica del governo) non si è rivelata una scelta azzeccata. Un messaggio esplicito, dal quale emergono chiare indicazioni riguardo agli effetti del voto in casa HDZ e alla necessità di parare il colpo. L’antagonismo tra Milanović e Plenković non è un mistero, ricordare qui seppur soltanto per sommi capi i batti e ribatti che hanno segnato il dialogo – dal faccia a faccia televisivo per le scorse Parlamentari a domenica – prenderebbe troppo tempo e troppo spazio. Ma prima che alle strategie per la prossima coabitazione tra premier e Capo dello Stato, il pensiero sembra essere rivolto alle elezione interne all’HDZ e alle Parlamentari. Due appuntamenti fondamentali per Andrej Plenković che deve fare i conti con i competitor interni e con quella parte del corpus elettorale che guarda con diffidenza alla sua scelta di posizionare il partito sempre più nell’area di centro lasciandosi alle spalle la tendenza di fare l’occhiolino alla retorica di una certa destra. Un quadro che impone di avviare subito la precampagna e comunicare che no, il risultato delle Presidenziali non illustra l’impatto della politica del partito, ma che si tratta del risultato sortito da una competizione personalizzata. La vittoria e la sconfitta sono dunque null’altro se non il voto dato dai cittadini all’ex premier e alla Presidente uscente. Possibile, ma non bisogna darlo per scontato. L’elezione diretta in sé non basta a suffragare la tesi considerato che dal 2000 la Costituzione sancisce che la Croazia è una Repubblica parlamentare e che le competenze del Presidente sono soggette a chiari e significativi limiti. Inoltre, entrambi i candidati avevano alle spalle dei sistemi partitici, quello dell’SDP e delle altre formazioni di centrosinistra, Milanović, quello dell’HDZ e dei suoi partner la Grabar-Kitarović. Da un lato i socialdemocratici dovranno ora capitalizzare la potenziale eredità portata in dote da Milanović – circa 100mila voti – l’HDZ dovrà gestire in modo responsabile la sconfitta di Kolinda Grabar-Kitarović. Per i primi si tratta di cavalcare sagacemente l’onda che li porta sparati al successo evitando scivoloni come il discorso di oltre 10 minuti fatto nella notte elettorale da Bernardić, che ha derubricato a breve intervento quello del Presidente eletto. Per non farsi travolgere l’SDP dovrà fare mente locale su un punto, evidenziato senza giri di parole dal responsabile della campagna elettorale e da molti indicato come futuro collaboratore di Milanović al Pantovčak, Orsat Miljanić: “Il risultato va ascritto tutto a Milanović. Questa è la sua vittoria”. Dall’altra parte dello spettro politico la leadership dell’HDZ dovrà trovare la formula capace di evitare che dopo le Europee e le Presidenziali anche le Parlamentari decretino una bocciatura della linea politica dettata dal presidente (e premier) Plenković. Una sfida che dovrà inevitabilmente tenere conto del polso degli elettori di (centro)destra che sembrano orientati a puntare su Škoro. Vero è che le schede nulle non hanno deciso il risultato delle Presidenziali e che la Slavonia si è tinta di blu, ma i numeri invitano alla riflessione. Lo dicono anche le prime congratulazioni a Milanović giunte per voce di Milijan Brkić, che scrollando di dosso i meriti per l’elezione di Kolinda Grabar-Kitarović cinque anni fa e distanziandosi dalle affermazioni di chi sostiene che questa volta il suo coinvolgimento è stato deciso troppo tardi, ha annunciato la sua discesa in campo. “Cinque anni fa il popolo ha lanciato un messaggio e questa volta ha fatto la stessa cosa. Adesso sta a noi comprenderlo e tirare le giuste conclusioni. La campagna non ha svoltato a destra, l’HDZ è un partito di centrodestra, deve muoversi in quest’area politica”, ha detto annunciando la sua candidatura alle elezioni interne all’HDZ. Per quale ruolo? Si vedrà. “Non sono nato per essere vicepresidente a vita”, ha dichiarato, evitando di sbilanciarsi riguardo a una possibile scalata alla presidenza: “Vedremo. Ma tutte le volte che mi sono candidato ho vinto”. Ancora più diretto l’ex ministro degli Esteri, Miro Kovač: “Qualcosa dovrà cambiare, noi così non possiamo vincere”. Come dire, la pubblicazione degli exit poll ha coinciso con l’avvio della campagna elettorale in Piazza dei martiri antifascisti. Ma ben poco diversa sarà la situazione in piazza Ibler, dove il risultato di Milanović diventerà inevitabilmente il metro di misura per ogni test che dovrà affrontare il partito in cui i stretti collaboratori del Presidente eletto cercheranno di riconquistare posizioni. Con l’occhio rivolto alle Parlamentari, un appuntamento elettorale che Milanović seguirà dal Pantovčak, dove sarà chiamato ad attuare il programma scritto di suo pugno. Punto primo: sarò il Presidente di tutti. Punto aggiunto nella notte elettorale, fermare con un fermo no, anzi con tre, i fischi rivolti al controcandidato, perché “l’unità può essere il risultato delle diversità”.

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