ETICA E SOCIETÀ Servizi pubblici. Questione complessa

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ETICA E SOCIETÀ Servizi pubblici. Questione complessa
Foto Ivor Hreljanović

In una recente discussione a proposito dei servizi pubblici, una persona sosteneva che la tassa di partecipazione ai costi degli asili dovrebbe essere elevata per i più benestanti al punto da stimolarli a rinunciare al servizio pubblico e a orientarsi all’offerta di mercato. Questo episodio aiuta a capire che i temi sociali devono essere interpretati al di là della prima impressione.

In prima battuta la proposta sembra essere funzionale ed equa. Possiamo offrire il servizio pubblico degli asili (e in modo analogo molti altri servizi) a tutti in modo ottimale? È veramente equo offrire i servizi pubblici anche a chi si può permettere servizi analoghi a prezzi di mercato? Ovviamente, non possiamo offrire a tutti servizi pubblici ottimali. Le risorse sono limitate e quanto è maggiore il numero di chi usufruisce dei servizi pubblici, tanto cresce il problema della loro insostenibilità. Inoltre, l’idea di servizio pubblico sembra essere eticamente giustificata dalla motivazione di offrire ai meno abbienti i benefici che sono a disposizione dei più benestanti. Tra questi, gli asili, una buona educazione scolastica, assistenza medica, ecc.

Eppure, prima di dare una risposta, bisogna considerare il problema in alcune dimensioni più complesse. In primo luogo, trasferendo i più benestanti in una sfera separata da quella dei meno abbienti si rischia di creare una divisione sociale nociva. Soprattutto se parliamo di asili e scuole, si crea, sin dall’infanzia, una comunità di persone benestanti divisa da una comunità di persone meno abbienti. La disunione rischia di perdurare per tutta la vita con conseguenze sociali e politiche profonde.

L’altro grave rischio è la riduzione della qualità dei servizi pubblici. Rendendoli orientati solo ai meno abbienti, si rischia di ridurre il sostegno politico e sociale a un livello elevato della loro qualità. L’esito può essere quello di sminuire le opportunità di crescita professionale e intellettuale offerte dal sistema d’istruzione pubblico. Ovviamente, questo provocherebbe nuove e più profonde ineguaglianze sociali.

Non sono un esperto di servizi pubblici e non voglio arrivare a conclusioni definitive. Mi limito a indicare alcuni problemi e, soprattutto, come sia necessario considerare i problemi sociali nella loro complessità, senza cedere alla tentazione di approvare gli argomenti e le proposte che sembrano plausibili in prima battuta. Un altro tema dove questo diviene evidente riguarda la proposta di riforma del sistema fiscale in Croazia dalla quale dovrebbe risultare un aumento degli stipendi.

In prima battuta non sembrano esserci problemi. Meno tasse, stipendi più alti, i cittadini ne guadagnano. Eppure, il problema è più complesso. Valutando lo standard di vita, è sbagliato pensare soltanto agli stipendi. È necessario valutare anche ciò che si può effettivamente fare con questi stipendi e quanti sono i costi delle spese necessarie (come l’istruzione per i figli o l’assistenza medica). Un rischio che deve essere valutato è che riducendo le tasse, si riducano i servizi pubblici. Così decresce il valore effettivo degli stipendi. Mentre in una situazione dove i servizi pubblici sono efficienti uno stipendio di 1.000 euro consente a chi lo riceva di disporre in libertà di 400 euro (poiché molte spese necessarie, come l’istruzione o l’assistenza medica, sono sostenute dai servizi pubblici), quando i cittadini devono spendere 900 euro per le spese necessarie chi riceve uno stipendio di 1.000 euro può disporre in modo libero di 100 euro (diciamo per l’abbigliamento, per andare a mangiare una pizza con la famiglia, per acquistare i biglietti per il cinema per i figli e le figlie, ecc.).

I rischi crescono se la riduzione della pressione fiscale avviene riducendo i versamenti per i fondi pensionistici. Il problema è particolarmente grave in considerazione dell’aumento della durata della vita. Vale la pena di chiedersi se gli sgravi fiscali siano una misura adeguata quando il costo del lavoro in Croazia è superiore soltanto a quello di Romania, Ungheria e Bulgaria (dati Eurostat).

Ancora una volta, non voglio arrivare a conclusioni, ma soltanto dire che è necessario creare una pressione affinché i dibattiti che riguardano leggi e politiche pubbliche siano esaurienti e considerino la complessità dei problemi.

*Professore ordinario di Filosofia Politica

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