
Il teatro di Fiume, Ivan Zajc, con la nuova sovrintendente Dubravka Vrgoč, sta mostrando una crescente attenzione sociale, visibile in vari lavori, alcuni dei quali coinvolgono il nostro Dramma Italiano. Ne parlo in ordine cronologico inverso.
”Fiumani: europei per tradizione e un po’ per forza”. Il protagonista e narratore è il professore Vanni D’Alessio, mio caro collega e amico, che ha mostrato inedite doti sceniche, oltre al già noto valore nella ricerca storica. Ci ha dimostrato che la storia di Fiume non può essere interpretata in modo monocromatico, sottolineando la presenza storica plurilinguistica delle persone che l’hanno edificata. Ha anche evidenziato come l’identificazione nazionale degli individui che hanno abitato Fiume non sempre corrisponda alle origini e ai cognomi.
Distinguerei l’esplosivo e coinvolgente entusiasmo scenico di Aurora Cimino e l’esperto lupo teatrale Mirko Soldano, ormai un attore maturo con un grande controllo delle capacità espressive, già apprezzate recentemente, ad esempio, in ”Variazioni Enigmatiche” o nell’”Enrico IV”. Suggerirei, però, di rivedere alcune delle altre interpretazioni, se si intende rivolgere lo spettacolo a un pubblico più ampio rispetto a quello che chiamerei un incontro di famiglia in Comunità. Lo spettacolo meriterebbe questo, essendo nel complesso molto valido. Sarebbe utile farlo anche per la nostra città, quale contributo al mosaico di una memoria storica condivisa quanto mai necessaria.
Nel corso della prima, in alcuni frangenti, soprattutto nella parte iniziale, lo spettacolo ha scelto battute scontate per provocare risate facili, offrendo macchiette che raffigurano i fiumani in modo provinciale e sempliciotto. Va bene, ridiamone assieme, ma chi vuole parlare a un pubblico più ampio è svantaggiato se si presenta con immagini che sottovalutano. Se ti presenti come una macchietta, sarai ascoltato come tale, anche quando parli di storia. Questa è una delle verità espresse dai movimenti di correttezza politica (lo dico pur avendo alcune riserve nei loro confronti). Sarebbe utile trarne degli insegnamenti e rinunciare alla macchietta del fiumano che non sa cosa sia il Piceno e non riesce a comprendere oltre a Pećine, e che non sa esprimersi linguisticamente in modo coerente. In molte circostanze, un lavoro che raffigura in modo simile una minoranza culturale verrebbe censurato se proposto da qualcuno che non ne fa parte. Se lo crea qualcuno che fa parte di quella minoranza, si parlerebbe di autolesionismo.
“In the Belly of the Whale”. Un lavoro prezioso sulle tragedie che accompagnano le emigrazioni. Lodevole la presenza della nostra Serena Ferraiuolo, molto misurata nel ruolo di professoressa, ma che in una scena diventa un tuono emotivo, sempre con la giusta ponderazione. Il tema è importante, dato che nella realtà si diffonde l’idea che le persone emigrino per voglia di vivere a sbafo. Si dimenticano le sofferenze che accompagnano questi trasferimenti, le storie di povertà estrema e le violenze che le causano, spesso provocate dalle tracce storiche delle conquiste europee. Ma credo che si debba parlarne in modo più stratificato. L’Europa vive una crisi anche a causa delle immigrazioni solo parzialmente controllate, e spesso chi ne scrive sa poco di come vivano le periferie, o delle popolazioni locali che, in molti casi, faticano a comprendere come siano arrivate a vivere in ambienti che non riconoscono, pur non essendosi mai spostate da dove hanno sempre vissuto. Non auspico chiusure, ma saggezza ed equilibrio.
“La Moglie Saggia”. Una produzione valida che ci invita a riflettere su come i modelli di dominio subiti dalle donne si riproducono anche oggi. Il grande Goldoni, tra l’altro, mostra che il dominio non è sempre unilaterale e che gli abusi possono incrociarsi a seconda dello status economico e sociale, soprattutto alla luce dei comportamenti della marchesa Beatrice, che, nell’interpretazione, mi ha ricordato Glenn Close in ”Relazioni Pericolose”. In futuro, mi piacerebbe vedere anche una versione diversa, magari interpretata dalla nostra Serena Ferraiuolo.
Nel complesso, i progetti al Dramma Italiano e al teatro Ivan Zajc sono validi. Ci fanno divertire, ci insegnano e ci invitano a riflettere.
*Professore ordinario di Filosofia Politica
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