
Ho guardato presso il nostro “Zajc” lo spettacolo “Il caso della propria morte” tratto da un romanzo di Kristian Novak. È la seconda volta che guardo un lavoro teatrale basato su un suo romanzo ambientato nel Međimurje. Il primo mi ha coinvolto maggiormente, ma voglio parlare del lavoro attualmente in repertorio, “Il caso della propria morte”. Nel lavoro si intrecciano vari temi. La corruzione delle istituzioni, il conformismo dominante, i privilegi sociali dei nuovi ricchi… La parte che ho trovato più interessante riguarda la descrizione della situazione in una scuola. Anche qui, per dirla così, non c’è un deficit di stereotipi. L’insegnante ribelle e anticonformista, gli allievi e le allieve con interessi culturali, artistici, comunitari ed emotivi piuttosto inerti e incerti. La preside concentrata sulla stabilità della propria posizione e intenzionata soprattutto ad evitare scossoni destabilizzanti. I genitori arroganti.
Il tema per me interessante è costituito dal rapporto tra l’insegnante ribelle e i suoi allievi e allieve. L’insegnante è impegnata nella preparazione di una rappresentazione teatrale e usa mezzi che appaiono non usuali, per stimolare la creatività dei giovani. Scambi di confidenze che riguardano la vita intima, un linguaggio ed espressioni poco eleganti, prese di posizione provocatorie e di contestazione sui fatti della vita reale, ecc. Il dramma scoppia con una crisi tra l’insegnante e un’allieva a riguardo di un fatto tragico d’attualità, dove le loro opinioni divergono fortemente. Nel botta e risposta, la ragazza si ritiene offesa e, così, parte il dramma dell’insegnante accusata di comportamenti inaccettabili.
Il rapporto mi ha fatto pensare a quanto i metodi anticonformisti e l’approccio ribelle siano raccomandabili nella situazione attuale. Nel passato, come, credo, quasi tutti ho provato un’emozione forte a guardare Robin Williams nell’”Attimo fuggente”. Forse ho pensato che sarebbe stato bello essere un insegnante come lui. E credo che ci siano stati periodi di inerzia sociale, immobilismo culturale e rigidità di costume quando l’eccentricità nei processi didattici rappresentava un valore.
Oggi, credo che la realtà costituita dalle idee attorno alla generazione in età liceale sia confusa. Da un lato, l’affermazione della libertà di scelta assoluta. Ad esempio, a proposito dell’identità di genere ho visto pubblicati dall’agenzia Reuters dati che parlano di un numero crescente di persone giovani che non si identificano con il genere, come si dice, assegnato alla nascita e che richiedono terapie per supportare la conformità con il genere nel quale si riconoscono. Dall’altro lato, c’è una spinta conservatrice che giudicherei inusuale se penso alla mia generazione quand’era in età liceale. Ci sono, poi, vari movimenti di emancipazione che sono preziosi nel denunciare discriminazioni di varie minoranze o altri gruppi storicamente oppressi, ma, in alcune manifestazioni, si impongono quali poco propensi a una cultura pubblica rispettosa delle libertà e delle responsabilità individuali.
Credo che nella situazione attuale la strategia più saggia per chi insegna sia trincerarsi in comportamenti cordiali, ma conformi a una chiara posizione istituzionale. Penso sia utile comunicare un messaggio di stabilità con un comportamento e abbigliamento composto e professionale. Pensare a come trasmettere quanta più conoscenza delle varie discipline adattata al mondo contemporaneo e sostenere lo sviluppo delle capacità di ragionare tra le persone giovani. E lasciare che queste sviluppino i propri istinti di ribellione da sole.
Una recente inchiesta parla di una scarsa adattabilità al mondo del lavoro della generazione che deve iniziare a prendersi il mondo. Da quanto ho letto su Euronews, l’inchiesta è corroborata dalle parole di Holly Schrott della prestigiosa Università Berkley. Schrott parla di scarse capacità di socializzazione, ambizioni non realistiche, scarsa adattabilità all’ambiente lavorativo. La reazione dei datori di lavoro consiste nella riluttanza ad impiegare persone di questa generazione. Si impone la necessità di una riflessione, sostenuta da ricerche scientifiche serie e urgenti per capire che cosa succede e che cosa si deve fare.
*Professore ordinario di Filosofia Politica
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