ETICA E SOCIETÀ. CNI, impegnarsi nel mondo globale

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ETICA E SOCIETÀ. CNI, impegnarsi nel mondo globale
Milano by night. Foto SHutterstock

Rientrato da Milano. Come detto iteratamente, la città mi affascina. Questa volta vorrei riprendere alcune riflessioni sulla città che riguardano possibili strategie della CNI. Una strategia deve fondarsi sempre sul pensiero di che cosa si vuole essere, partendo da dove si è e considerando le potenzialità reali.

Parlando di CNI è ovvio che si vuole essere una componente culturalmente italiana. Ma non credo che ci siano culture monolitiche costituite da elementi fissi e si possa dire che essere italiano possa essere descritto da una serie di questi elementi (lo stesso vale per l’essere austriaco, croato, inglese, ecc.). Le culture sono fenomeni in evoluzione e distinte da pluralismo interno. C’è un membro di una cultura conservatore, amante della lirica, della vita tranquilla in periferia, ateo. Una donna progressista liberale, appassionata di musica house, della vita frenetica in una metropoli, credente. Questo pluralismo ha almeno due conseguenze, se si vuole pensare a una strategia della CNI.

In primo luogo, il pluralismo deve essere rispettato anche all’interno della CNI che deve essere un contesto ospitale per tutte le persone che vi aderiscono. Le istituzioni CNI, quindi, devono saper rispondere alla diversità degli interessi e delle identità delle persone che la compongono. Ma i mezzi e le risorse sono limitati e il potenziale umano pure. Anche se le istituzioni della CNI rappresentano nell’insieme una casa comune per tutte le persone che la costituiscono, bisogna fare delle scelte pensando a modelli per il futuro favorendo alcune prospettive.

In secondo luogo, pensando a un modello di sviluppo o, anche, alla sussistenza della CNI non si può guardare a un modello unico. C’è una necessità di scegliere tra possibilità diverse. Qui penso a tre possibili fonti d’ispirazione per la CNI. Una è l’Italia della sua storia e dell’arte tradizionale. Per dire, la stupenda architettura di Roma e Firenze. La seconda è l’Italia dei posti piccoli con i loro dialetti e le loro tradizioni. La terza è l’Italia che vuole essere uno dei leader mondiali nell’imprenditoria, nell’arte, nella moda (che situo tra arte e ciò che fa tendenza, possedendo aspetti di entrambe), nello sport, nella ricerca, nel multiculturalismo, ecc.

Penso che la raffiguri in modo convincente Milano che, oltre a imponenti meraviglie tradizionali quali il Duomo, l’Ultima Cena, o la Scala, vanta stupende opere contemporanee quali Piazza Gae Aulenti, il Bosco Verticale e le Tre Torri a CityLife, eccellenti università, la squadra campione d’Italia e recentemente apprezzatissima finalista della Champions League. Non voglio proporre lo sciocco stereotipo di una divisione tra un’Italia laboriosa e un’Italia fannullona. Seguendo un libro di de-Shalit e Bell e senza alcuna esclusione da queste caratteristiche, assumo che le città abbiano un loro spirito e credo che Milano sia riconosciuta internazionalmente come uno degli esempi mondiali di sintesi delle qualità elencate.

Il mio modello preferito è il terzo, per alcuni non il più accattivante. Ho sentito una persona criticarlo proprio parlando di Milano e dicendo che questa sarebbe l’unica città dove le persone corrono sulle scale mobili, invece di lasciarsi andare. A me questa frenesia piace, corrisponde al ritmo nel quale mi trovo bene. E dobbiamo riconoscere che, per ogni comunità o società, avere un ampio numero di persone che abbracciano questo modo di essere è una necessità, se si vuole qualcosa di più rispetto alla semplice sopravvivenza sostenuta solo da forme assistenzialiste.

Ovviamente, la frenesia della quale scrivo non è rappresentata dal correre per le scale mobili. Si tratta di una metafora. Voglio parlare di un forte ritmo permanente nella creazione di qualcosa di innovativo, valido e competitivo a livello globale. Non nego l’importanza del conoscere e ammirare le grandi opere artistiche del passato, né la dolcezza emotiva del folklore. Ci stanno. La conoscenza dell’arte elevata, peraltro, non crea solo identità, ma è importante per essere una persona ricca nello spirito e aperta a nuove conoscenze. Del resto, la vita è costituita anche dall’apprezzamento della bellezza creata dall’umanità nella sua storia e dalla condivisione di tradizioni identitarie. Ma il futuro di una comunità al di là della sola sopravvivenza necessita di un impegno valido nel mondo attuale globale.

*Professore ordinario di Filosofia Politica

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