Giorno del Ricordo: le cautele slovene

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Giorno del Ricordo: le cautele slovene

Il Giorno del Ricordo nel 2013 non fu onorato dall’Ambasciatore croato a Roma com’era doveroso farlo. Infatti, la polemica con il Ministero degli Esteri croato e l’ingiunzione, scritta in forma di dispaccio diplomatico – “istruzione” come si dice nel gergo della diplomazia – di non partecipare alla cerimonia al Quirinale, mi aveva impedito di recarmi dal Presidente della Repubblica. Ero rimasto molto dispiaciuto, anche perché il presidente del governo croato, Zoran Milanović e il Capo dello Stato, Ivo Josipović, mi avevano promesso tutto il loro sostegno nella mia missione a Roma. Ma il problema era la mancata comprensione da parte del Ministro degli Esteri, guidato dalla mia collega docente di sociologia e allora ministro, Vesna Pusić.
Che, evidentemente, era attorniata da consiglieri e persone che non capivano il nocciolo del problema, oppure non volevano capirlo.
Quando avevo ricevuto l’invito da parte del Cerimoniale della Repubblica Italiana, avevo risposto positivamente. Ne avevo parlato anche con il mio collega sloveno, l’Ambasciatore Iztok Mirošič, un bravissimo diplomatico di nuova generazione. Conoscevo bene suo padre ancora dai tempi della diplomazia jugoslava, quando ricopriva l’incarico di Console generale jugoslavo a Trieste. Io ero appena rientrato da New York dove, per quattro anni, avevo diretto il Centro di cultura e d’informazione jugoslavo. Ero poi stato capo di gabinetto del ministro degli Esteri jugoslavo, Budimir Lončar, in una fase convulsa dell’ultimo periodo della Jugoslavia, fino all’agosto del 1991, quando ero rientrato in Croazia, su richiesta del governo di Zagabria, messa per iscritto e inviata all’allora presidente del governo jugoslavo, Ante Marković.
Ma tornando ai Mirošič, padre e figlio, devo dire che il giovane Mirošič svolgeva il suo lavoro con grande competenza ed era un interlocutore molto attivo anche nell’ambito del gruppo di Ambasciatori dei Paesi membri dell’Unione europea, al quale mi ero unito fin dal mio arrivo, prima in veste di “osservatore”, e poi, dopo il primo di luglio del 2013, a pieno titolo.
Ebbene, Mirošič non era propenso a partecipare alla cerimonia del Giorno del Ricordo, perché, come mi aveva spiegato, esistevano ancora dei problemi irrisolti in questo campo. Il problema maggiore, dal suo punto di vista, era il fatto che la Slovenia aveva versato tutto l’importo della sua quota del debito jugoslavo verso l’Italia in base ai Trattati di Osimo, che era pari a 65 milioni di dollari. Il governo sloveno aveva ripetutamente richiesto al Consiglio dei ministri italiano di indicare il conto corrente sul quale versare quest’importo, ma non avevano mai ricevuto una risposta – né positiva né negativa. Questo era anche un problema croato, che mi aveva illustrato prima che mi recassi a Roma il ministro delle Finanze, Slavko Linić, ex sindaco di Fiume. La Croazia aveva “ereditato” la sua quota del debito jugoslavo, pari a 35 milioni di dollari per risarcire gli esuli, per il tramite dello Stato italiano, per le proprietà confiscate durante l’esodo. Neanche la Croazia aveva ricevuto, dall’Italia, il numero di conto corrente sul quale versare la somma. Però gli sloveni avevano aperto un conto corrente in una banca del Lussemburgo, e avevano versato l’intero importo a favore del governo italiano, che non lo aveva ritirato. Ma questo non era l’unico disappunto da parte degli sloveni. Il problema maggiore era che, avendo analizzato gli interventi durante le celebrazioni del Giorno del Ricordo al Quirinale, avevano riscontrato dei toni che non potevano condividere e che invece di favorire la rappacificazione tra Italia e Slovenia versavano dell’olio bollente sulle ferite, questa volta degli sloveni che avevano sofferto durante il ventennio fascista e che negli interventi non venivano neanche menzionati, mentre sarebbe stato doveroso ricordare anche i patimenti delle popolazioni slave – sloveni e croati – che durante il fascismo erano stati sottoposti a una politica di snazionalizzazione e di repressione. E poi, era rimasto il fatto che dopo la conclusione dei lavori della Commissione storica italo-slovena, nel 2000, sulla storia controversa del confine orientale, il rapporto della stessa non era stato pubblicato in Italia ufficialmente e congiuntamente con gli sloveni, che invece lo avevano fatto. Il lavoro di questa Commissione, a detta dell’Ambasciatore Mirošič, era servito a stabilire la verità storica sull’esodo e sulle foibe, e invece una parte dei politici italiani consapevolmente lo ignorava o taceva in merito a quel rapporto, dando spazio al revisionismo storico e alla manipolazione dell’esodo e delle foibe a fini politici.
Il mio approccio era un po’ differente da quello sloveno: bisogna accettare il dialogo e intervenire, anche dissentendo. Lo spirito degli incontri italo-sloveno-croati a Trieste, nel 2010 e nel 2011, era appunto quello del dialogo, per tenerlo aperto, per potersi confrontare e arrivare a rispettare le memorie reciproche e costruire un futuro europeo.

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