Željka e Boris Rogić, atelier da targa d’oro

In occasione della Giornata di San Vito, gli artisti del vetro fiumani premiati per il pluriennale lavoro dedicato alla fabbricazione di oggetti in stile secessionistico

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Željka e Boris Rogić, atelier da targa d’oro

Tra i vincitori della targa d’oro Stemma della Città di Fiume, in occasione della Giornata di San Vito di quest’anno, una coppia di artisti prossima al pensionamento e specializzata in un ambito artistico in cui la creatività incontra la funzionalità. I coniugi Željka e Boris Rogić hanno dedicato la loro vita professionale alla fabbricazione di lampade, oggetti e vetrate in uno stile secessionistico unico in Croazia. Le lampade Tiffany di Željka e Boris, pur essendo delle repliche, rappresentano delle creazioni artistiche d’autore di grande valore estetico. Pure Manet, Cezanne, Matisse e Picasso hanno affinato le proprie tecniche copiando i quadri dei loro contemporanei, spiegano i coniugi Rogić, e per questo motivo la copia in sé non è da disprezzare a priori, ma da valutare nel contesto in cui è nata. Le lampade dei Rogić rappresentano un omaggio a Tiffany che non ha bisogno dell’approvazione della critica per brillare appieno di luce propria. Boris Rogić ci ha raccontato come è nato l’amore per la lavorazione del vetro e come si è sviluppata la loro pluridecennale carriera in questo campo.
Era a conoscenza della candidatura al premio “Stemma della Città di Fiume”?
“Ho scoperto di aver ottenuto la targa d’oro della città di Fiume quando la notizia è stata pubblicata sul Novi List e mi ha chiamato il collega Lončarić. Ero a conoscenza della nostra candidatura anche se il nome della persona che ci ha proposto rimane segreto e nemmeno io ne sono a conoscenza”.
Come furono gli inizi?
“L’inizio della storia del mio lavoro col vetro risale a 35 anni fa, in seguito ad alcune vicissitudini che mi hanno spinto in questa direzione. Proprio come succede ai giovani di oggi, anch’io all’epoca, dopo aver lavorato come fotografo commerciale, ero rimasto senza lavoro per tutta una serie di motivi nel lontano 1982. Vista la mia propensione per la fotografia e le raffigurazioni artistiche, per puro caso in quel momento ho deciso di occuparmi di ‘stained glass’ o quello che comunemente si chiama vitrail o vitrage, e io e mia moglie ci siamo recati a Zurigo, in Svizzera, per apprendere tutte le tecniche presso una scuola americana specializzata. Una volta acquisite le basi siamo ritornati in Croazia e le abbiamo affinate. La prima mostra indipendente ha avuto luogo nel Palazzo del Governo, ovvero nel Museo di Marineria e Storia del Litorale croato nel 1989 e personalmente considero questa data l’inizio ufficiale del mio operato professionale. Sono seguite numerose altre esposizioni in altrettanti musei, tra cui il Museo Mimara e il Museo del vetro antico a Zagabria, il Museo della Città di Fiume, i Klovićevi Dvori a Zagabria, la Biblioteca universitaria nazionale a Zagabria con il progetto sul Glagolitico e le fusioni di vetro. Ne è conseguito il sostegno di alcuni dei critici d’arte e accademici più eminenti a livello nazionale, come ad esempio la prof.ssa Anica Nazor, esperta di scrittura glagolitica, l’accademico Josip Bratulić, Josip Depolo e Darko Glavan.
Negli ultimi quindici anni abbiamo aperto un atelier in Calle Canapini e abbiamo ottenuto 25 premi sia annuali che semestrali per l’allestimento della nostra vetrina, sempre legata a feste come San Vito, Pasqua o Natale”.
Come funziona il lavoro?
“Il nostro è un lavoro per così dire ‘da camera’, senza fasto né grandi rivolgimenti. Abbiamo sempre lavorato ininterrottamente e i cittadini si sono spesso dimostrati molto interessati al nostro operato, soprattutto durante le mostre. Al giorno d’oggi, purtroppo, questo tipo di presentazione non è più tanto popolare e l’interesse è scemato. Nell’officina lavoriamo io e mia moglie; la produzione sarebbe impossibile se lavorasse solo uno di noi, in quanto ci siamo divisi il lavoro in maniera tale da specializzarci in passaggi diversi. Ci occupiamo di design, taglio del vetro, limatura del vetro, brasatura con leghe come zinco, piombo e rame. Questo lavoro in Croazia negli ultimi tre decenni non esiste, in quanto si tratta di un tipo di produzione complessa e delicata. Non voglio oberarvi con i dettagli della produzione, ma senza un lavoro di squadra non saremmo qui ora”.
Negli ultimi trent’anni è cambiato qualcosa nelle tecniche di realizzazione dello stained glass?
“Non proprio, si usano sempre le stesse tecniche, anche se è giunta recentemente sul mercato una piccola parte di utensili più moderni. La digitalizzazione ci ha portato dei forni per la fusione del vetro, che hanno un termostato più preciso e stabilizzano meglio la temperatura, ma a parte questo si tratta ancor sempre di un lavoro manuale di precisione, nel quale si usano pochissimi e modesti utensili e la maggior parte si trova in quasi tutte le officine. La nostra officina si trova in via Kumičić e non è diversa da qualsiasi altra bottega, a parte il fatto che è molto ampia perché se facciamo delle vetrate di due metri, dobbiamo avere un tavolo largo al minimo tre metri su cui posarle”.

I pezzetti di vetro vengono uniti come un puzzle

Che cosa cercano gli acquirenti che entrano nel vostro atelier?
“Un po’ di tutto. Gli acquisti più prosaici, per così dire, sono i regali per matrimoni o pensionamenti, però ci sono stati anche acquisti per incontri con architetti, feste religiose o incontri con persone di spicco. Per molti anni ci siamo occupati anche della fabbricazione di vetrate per le chiese, quindi parte del nostro lavoro è su ordinazione. Personalmente, visto che non sono una persona alla quale piace stare al centro dell’attenzione, sono contento che questo botteghino in Cittavecchia sia diventato una sorta di meeting point, un punto di incontro di conoscenti e amici nel quale scambiare quattro chiacchiere. Il mio atelier è sempre stato un luogo di celebrazione dell’arte e mai un negozio in senso stretto. Spesso mi hanno fatto visita anche studenti dell’Accademia di arti applicate di Fiume o comunque amanti dell’arte, ma purtroppo non ho avuto apprendisti e ora che sono prossimo al pensionamento l’arte del lavoro col vetro a Fiume andrà perduta”.
Che cosa ama di più del suo lavoro?
“Sono molto fiero delle nostre repliche di lampade Tiffany. Ogni lampada viene realizzata seguendo gli schemi originali, viene accompagnata da un certificato di autenticità e possiede un ‘gemello’ realizzato da Louis Comfort Tiffany entro il 1930, di cui è la copia. L’autenticità dei certificati si vede dal nostro sigillo in ceralacca, dal numero di contrassegno e un altro numero che indica di quanti pezzi è composta. Per una lampada di grandi dimensioni sono necessarie fino a 200 ore di lavoro. Noi siamo stati i primi ad aver realizzato e portato in Croazia una di queste repliche di alta qualità delle lampade Tiffany, il che ci ha causato non pochi problemi. Siamo stati tacciati di contraffazione, di non essere in grado di creare qualcosa di originale, però ce l’abbiamo fatta e ora le nostre lampade sono molto apprezzate. In questo momento abbiamo il problema della produzione di massa cinese, che piazza sul mercato a prezzi stracciati lampade con certificati non validi, però, come sempre nella vita, non ci diamo per vinti e continuiamo a lavorare sodo”.

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