
Con l’inaugurazione della retrospettiva e la presentazione della monografia dell’artista fiumano Vladimir Udatny, ieri sera al Museo civico (Cubetto) di Fiume, è stato fatto un passo importante nella valorizzazione della vasta opera di questo eccellente pittore, grafico e scultore che nonostante la sua qualità non ha mai ottenuto il posto che si merita nel panorama artistico della Croazia. Nonostante ciò, sono stati numerosi i cittadini che hanno voluto appoggiare la valida iniziativa e che sono accorsi al vernissage della mostra, tenutosi dinanzi alla palazzina che ospita il Museo.
Il percorso espositivo “Geometrija u figurativnom” (La geometria nella figurazione), che comprende più di cento tra dipinti, monotipie e sculture, ambisce a correggere questa ingiustizia e dimostra l’interesse dell’artista per le vedute urbane e la folla nelle città di Fiume, Zagabria, Arbe, Parigi, Losanna e altri centri urbani, ma anche paesaggi e un ciclo di Arlecchini. L’essenzialità e la geometrizzazione delle forme, l’atmosfera quasi surreale delle sue vedute urbane e un senso di “solitudine tra la folla” che pervade le sue rappresentazioni di scorci cittadini ricordano un po’ le malinconiche rappresentazioni del senso di alienazione nei dipinti di Edward Hopper.

Lo status di leggenda
“Questa sera inauguriamo una mostra davvero rappresentativa della quale andiamo molto fieri – ha dichiarato nell’occasione il direttore del Museo, Mladen Urem – e grazie alla quale abbiamo l’occasione di ammirare in un posto le opere più rilevanti di un artista importante non soltanto a livello cittadino, ma anche a quello nazionale”, ha rilevato, ricordando i numerosi scrittori e poeti che erano riuniti intorno alla rivista “Riječka revija” e del cui circolo di intellettuali faceva parte anche Vladimir Udatny.
“Egli aveva acquisito uno status di leggenda già durante la sua vita in quanto era una figura riconoscibile nei circoli culturali e un simbolo della scena culturale di questa città. Anche se all’epoca ero bambino, mi ricordo di lui e del gruppo di importanti intellettuali di quell’epoca come Osvaldo Ramous, Nedjeljko Fabrio, Vatroslav Cihlar e tanti altri che diedero lustro alla vita culturale di Fiume. Osservando l’opera di Udatny, non oso pensare a quali risultati sarebbe giunto se fosse vissuto più a lungo, in quanto il suo talento è stato inesauribile, come anche la sua energia, mentre ciò che ha dimostrato nella pittura in un periodo relativamente breve della sua attività è stato così importante che continua ad affascinare gli studiosi. La monografia che presentiamo questa sera non è la prima pubblicazione sull’opera di Udatny, il quale, come sappiamo, non è stato soltanto un pittore eccellente, ma si occupava anche di design grafico ed è stato importante nell’ideazione dell’identità visiva degli anni Sessanta”, ha rilevato Urem, ricordando che “il gran numero di persone accorse questa sera dimostra che Vladimir Udatny è ancora vivo e attuale”. Ha voluto infine ringraziare la storica dell’arte Ema Makarun e l’ex direttore del Museo civico, Ervin Dubrović, come pure tutti i dipendenti dell’ente, per l’impegno profuso nella realizzazione della monografia.

Una vibrazione europea
“Questo libro dimostra che negli anni Sessanta l’arte fiumana aveva raggiunto una vibrazione europea, il che ci rende molto orgogliosi”, ha puntualizzato il direttore del Museo ricordando che la scena culturale fiumana ha dato vita a una serie di personaggi di rilievo nel corso della sua storia.
Ema Makarun, autrice della mostra assieme a Kristina Pavec, si è detta felice del fatto che la grande mostra dedicata a Udatny sia stata inaugurata a Fiume. “Apprezzo moltissimo la sua opera sia come storica dell’arte che personalmente, per cui non è stato difficile dedicarmi a questo progetto – ha dichiarato –. Quando ho iniziato a occuparmi della sua opera, ero dispiaciuta per il fatto che uno dei più importanti pittori fiumani degli anni Cinquanta e Sessanta sia stato trascurato e dimenticato. L’ultima retrospettiva dedicata a Udatny si tenne nel 1978, mentre una grande monografia, scritta da Robert Žunić, che contribuì alla valorizzazione della sua opera, venne pubblicata nel 2000. Udatny esponeva regolarmente le sue opere a Fiume, Zagabria, Lubiana e nel resto della Jugoslavia. Visse per un periodo anche in Svizzera. Udatny lasciò un enorme numero di opere che secondo i critici erano altalenanti per quanto riguarda la qualità. Io non ero d’accordo e questa è stata la motivazione che ci ha portati a realizzare la mostra e la monografia. Per quest’ultima abbiamo fotografato più di 400 opere di Udatny, il che ha richiesto diversi anni di lavoro. Vorrei pertanto ringraziare Goran Vranić per la sua collaborazione”, ha rilevato Makarun, spiegando che la monografia è suddivisa in diverse unità: negli anni Cinquanta e Sessanta prevalgono i paesaggi e le vedute urbane, i motivi della folla di persone.

Le forme geometrizzate
“Le forme geometrizzate degli anni Cinquanta diventano più morbide, oniriche, metafisiche. C’è poi il ciclo degli Arlecchini che sembra esprimere l’autore stesso, il quale era una persona scherzosa. Seguono i nudi e i ritratti, nonché un ciclo di astrazioni e di monotipie, in quanto si occupava anche di grafica”, ha spiegato la storica dell’arte, esprimendo l’augurio che, dopo che la sua opera è stata sistematizzata nella monografia, Udatny uscirà dal dimenticatoio. Alla monografia hanno contribuito anche gli storici dell’arte Nataša Lah e Igor Zidić. Quest’ultimo ha posizionato Udatny sulla scena artistica croata, collocandolo tra artisti del calibro di Miljenko Stančić, Josip Vaništa e altri suoi colleghi dell’epoca. Ema Makarun ha voluto ricordare che alla mostra ha preso parte anche la famiglia di Udatny, dalla quale è partito l’impulso di realizzare la retrospettiva e la monografia.

La missione dell’artista
Ervin Dubrović ha ricordato che, quando Udatny arrivò a Fiume nel 1952, trovò una città in fermento e in via di sviluppo. “Dopo la ricostruzione della città e l’esodo della popolazione italiana, nella città giungevano persone nuove, ma Udatny aveva pochi concorrenti – ha spiegato Dubrović –. L’Associazione degli artisti visivi (ULUH) contava all’epoca soltanto undici membri, ma tutti avevano un impiego, o come scenografi al teatro o come insegnanti di arte figurativa. Questa fu per lui una grande opportunità, in quanto egli viveva esclusivamente di arte e per l’arte. La sua missione era quella di illuminare, di insegnare le persone a guardare e a sviluppare un senso estetico”, ha rilevato, aggiungendo che Udatny fu un personaggio di livello europeo che merita una retrospettiva di questo tipo.
Ai presenti si è infine rivolto il sindaco di Fiume, Marko Filipović, il quale ha osservato che Udatny ha lasciato un’opera impressionante e si è detto compiaciuto per l’interesse che i cittadini dimostrano per l’arte. “Ritengo che la crescita dell’arte di Udatny sia legata alla crescita di Fiume. È vissuto dagli anni Venti agli anni Settanta, in un periodo molto turbolento della storia del XX secolo e mi dispiace per il fatto che anche noi oggi viviamo in un’epoca altrettanto turbolenta”, ha osservato.
La mostra rimane aperta fino al 31 maggio.
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