«Visionary opera»: la creatività e la magia unite nell’arte teatrale

Lo spettacolo a scopo umanitario, andato in scena al Teatro cittadino «Antonio Coslovich» di Umago, si presenta sottoforma di miscuglio eterogeneo di numeri lirici e momenti di danza

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«Visionary opera»: la creatività e la magia unite nell’arte teatrale
Sul palco trionfano la creatività e la magia. Foto: GORAN ŽIKOVIĆ

Grazie alla collaborazione tra l’Ambasciata d’Italia a Zagabria, la Camera di commercio italo-croata, l’Istituto Italiano di Cultura di Zagabria e la Nestor Theater Company di Frosinone, il pubblico umaghese ha avuto l’opportunità di vedere in scena presso il Teatro cittadino “Antonio Coslovich” la “Visionary opera” di Kevin Arduini, uno spettacolo che mira a ravvivare l’amore del pubblico nei confronti dell’arte arrestando la soggezione dell’interesse delle persone agli schermi delle nuove tecnologie. I proventi della rappresentazione, organizzata con il sostegno dell’ente Festum e della Città di Umago, sono stati devoluti alla Fondazione Internazionale Il Giardino delle Rose blu ONLUS per le attività di volontariato dedicate all’Ospedale speciale per le malattie croniche di Gornja Bistra.

Un viaggio catartico
La “Visionary opera” diretta e coreografata da Kevin Arduini e Fausto Paparozzi viene interpretata da un ensemble fatto di danzatori, attori e cantanti lirici professionisti – a cui si aggiunge la voce narrante di don Ermanno D’Onofrio, ideatore e presidente della Fondazione ONLUS – che, a partire da una selezione di alcune tra le più celebri arie della storia della musica classica, creano la storia di un mondo che, in una visione futuristica, non ammette l’esistenza dell’arte. Attraverso un gesto di ribellione, i personaggi che appaiono in scena fanno trionfare la creatività e la magia che solamente l’arte è in grado di far nascere. Costruendo la narrazione per mezzo della danza e dell’interpretazione lirica, la “Visionary opera” mira a portare lo spettatore lungo un viaggio catartico lanciando un monito contro la superficialità della società. Tuttavia, per quanto ambizioso e lodevole possa essere, il progetto artistico di Arduini è caratterizzato da una serie di lacune e difetti che concorrono a fare del risultato finale un amalgama indefinito di numeri di danza con accompagnamenti lirici, che in certi casi si riducono a mere citazioni di grandi capolavori della classicità. Dal punto di vista registico, è evidente la mancanza di un filo conduttore tra le varie componenti della messinscena. Il movimento dei danzatori, infatti, non contribuisce a completare il messaggio espresso dal canto e viceversa. Dall’altro lato, l’interazione incostante e accidentale tra i cantanti e i danzatori concorre a rafforzare l’impressione di dissonanza tra il corpo di ballo e gli interpreti lirici, e, in generale, tra le varie tappe di quella che dovrebbe essere la struttura drammaturgico-narrativa dello spettacolo. Per quanto invece riguarda le singole interpretazioni dei performer – purtroppo, data la mancanza di omogeneità del prodotto finale, non rimane altro che considerare le varie esibizioni quali numeri individuali – si percepisce una netta differenza tra gli interpreti dal punto di vista della loro presenza scenica.

L’espressività mancata
Se è vero che nella “Visionary opera” trovano spazio delle straordinarie prove di talento eseguite da danzatori completamente immedesimati con l’azione scenica, è altrettanto vero che in molti casi si tratta di danze e movimenti che, per quanto esatti dal punto di vista tecnico, vengono appiattiti dalla mancata espressività dei relativi interpreti. Da lodare, in questo caso, l’energia, l’eleganza e la snellezza di Camilla Madama e Giulia Colcerasa che catturano l’attenzione dello spettatore muovendosi con sicurezza e con una marcata naturalezza, non lasciando al caso nemmeno una microespressione del corpo. Lo stesso discorso vale per il soprano Lorella Fabrizi, la quale si offre completamente all’esecuzione lirica, regalando al pubblico delle emozionanti interpretazioni vocali, cariche di passione ed espressività. Eccezionale anche il tenore William Diego Schiavo, che alla replica tenutasi al Teatro di Umago ha donato al pubblico un “Nessun dorma” praticamente impeccabile, concentrando nella propria voce tutta l’emozione dell’aria pucciniana. Un’esecuzione espressiva, ma purtroppo carente a livello tecnico, è stata invece quella del baritono Valerio Pagano, che con una voce eccessivamente nasale ha interpretato la celeberrima aria “Largo al factotum”. Tutto sommato, lo spettacolo della Nestor Theater Company si presenta come un eterogeneo miscuglio di numeri lirici e momenti di danza, la cui combinazione stenta a comunicare una narrazione o un messaggio chiaro e riconoscibile, compromettendo l’instaurazione di un legame emotivo e profondo con lo spettatore. L’arte non richiede la perfezione, ma non può fare a meno della dedizione del performer, della sua totale concentrazione e della sua presenza nel qui e ora della rappresentazione. In assenza di questi aspetti e con un progetto registico disorganico, la “Visionary opera” non riesce a distaccarsi da una semplice esecuzione di una serie di numeri di danza e note arie della storia della musica classica.

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