Si è aggiudicato il Premio annuale “Città di Fiume” per le ricerche della storia recente del capoluogo quarnerino, come recita la motivazione, ma in effetti Edi Jurković – classe 1964, giornalista, redattore in tutte le maggiori testate del Paese, scrittore e attualmente addetto alle pubbliche relazioni in seno al Centro clinico-ospedaliero di Fiume – ha raccolto in un volume la memoria collettiva di tutta una generazione. La pubblicazione, uscita in piena pandemia nella primavera dello scorso anno e presentata nell’Aula consiliare di Palazzo municipio in Corso tra pochi intimi, è andata a ruba. Il suo è un prezioso documento di un’epoca storica che ha preceduto grandi cambiamenti, il tutto raccontato sulle pagine del “Val”, periodico destinato a un pubblico giovane, di cui è stato caporedattore tra il 1985 e il 1987. Lo abbiamo incontrato per farci raccontare la sua opera. “L’idea l’ha suggerita circa sette anni fa l’ex sindaco Vojko Obersnel alla presentazione che si era svolta a Fiume per un libro dedicato a un altro foglio giovanile, il Polet. Seduto in prima fila, Obersnel in quell’occasione chiese se si stesse pensando di dedicarne uno anche al Val”, ha esordito Jurković, il quale è stato tra l’altro anche redattore del Polet, che veniva pubblicato a Zagabria. Per il Val aveva iniziato a scrivere nel 1979, a soli 15 anni. “L’idea mi piacque e cominciai a pensarci seriamente. Iniziai a raccogliere il materiale e la Città mi aiutò con le scansioni di molti numeri del Val. Mi resi conto che nemmeno la Biblioteca civica disponeva di tutti i numeri. Dei 288 pubblicati, ne mancavano 70, recuperati successivamente in vari modi, soprattutto negli archivi privati. Decisi di pubblicare questo libro affinché non si perdesse la memoria di quel tempo documentata dal Val. Parliamo della storia, anzi, della storia alternativa di Fiume. Perché alternativa? Diciamocelo chiaramente. Le cose che vi si trovavano non le potevi leggere né sul Novi list, né su La Voce. Agli inizi del punk, la notizia del concerto dei Paraf in Circolo, tra l’altro, la riportò soltanto il Val”.
Le fake news di una volta
“Lo sostenevo allora – ha proseguito – e continuo a sostenerlo anche oggi che una pubblicazione, un giornale o una rivista, debba avere tre dimensioni. C’è quella informativa, quella educativa, giusta o sbagliata che sia e, infine, quella del divertimento”. Fu appunto questa, secondo Edi Jurković, la formula vincente del foglio giovanile che ha seguito gli eventi tra il 1975 e il 1990, ma anche mettendoci del suo per influire sugli eventi stessi. Quando non c’erano ancora Internet, i social e tutte le nuove piattaforme nate e cresciute con le nove tecnologie, le opinioni e le tendenze dovevano seguire altri percorsi, spesso tortuosi. Ricordiamo che la libertà di stampa ai tempi del Val era un concetto relativo e per non rischiare di chiudere occorreva mantenere il livello della satira, per quanto bonaria, entro certi limiti. Negli Anni ‘90 a Spalato usciva, con grande successo in tutto il Paese, il Feral, dapprima allegato del quotidiano Slobodna Dalmacija e quindi come pubblicazione separata. Per quanto riguarda la carta stampata, possiamo dire che sia l’ultimo foglio satirico. “È verissimo. Ad esempio in quanto al Feral, Fiume e il Val furono all’avanguardia proprio in questo senso. Siamo stati noi a lanciare le prime fake news che presentammo allora come ‘notizie dal futuro’, con dei collage satirici e dei fotomontaggi divertenti. Lo fece in seguito il Feral, in un’altra dimensione”, ci ha raccontato ancora Jurković, narrando alcuni episodi quali la richiesta di abolire le azioni giovanili di lavoro volontario, un’eresia in quegli anni: “Sapevamo di non potere andare oltre certi confini. A un certo punto si scese in campo scrivendo di ecologia, esprimendo la nostra contrarietà alla costruzione della centrale a carbone Fianona 2”.
Armada e identità fiumana
Nel 1987 ci fu il battesimo ufficiale e il tifo organizzato fiumano si diede il nome Armada, che da allora abbiniamo alla squadra di calcio del Rijeka. Il Val cavalcò il fenomeno crescente e l’Armada ne trasse visibilità e popolarità. “All’epoca – ha spiegato il nostro interlocutore –, il Val sosteneva tutto ciò che poteva in qualche modo esprimere l’identità di Fiume. Quando arrivò l’Armada, il Forza Fiume, non esitammo a sostenerla. C’era la concomitanza con la sfortunata finale di Coppa contro l’Hajduk a Belgrado e una trasferta in massa organizzata proprio dal Val in collaborazione con il Ferijalni savez (Associazione degli alberghi per la gioventù). Fu in questo modo che venne predisposto il cosiddetto treno bianco con cui si raggiunse Belgrado”.
Da allora sono cambiate tante cose. Come verrebbe trattato oggi dal Val il punto di vista di una tifoseria che, ad esempio, rende onore, come a un martire della Patria, colui che era stato condannato per crimini di guerra dalla Corte internazionale dell’Aja? Il riferimento è a Slobodan Praljak che, come ricordiamo, si suicidò nell’aula del tribunale dopo la lettura della sentenza. Le reazioni dei media croati sono state blande. “Siamo usciti un po’ dal tema, ma sono certo che il Val oggi saprebbe assumere una sua posizione. Il Val promuoveva sempre tutto ciò che poteva affermare l’identità fiumana, dal ritorno dell’aquila bicipite come simbolo, a Nedjeljko Fabrio e alla sua Esercitazione alla vita, fino all’Armada”.
Un pezzo di storia salvato… E il resto?
Edi Jurković ha raccolto nel suo libro un insieme di documenti che raccontano un periodo storico, il contesto sociale e in particolare il mondo giovanile. C’è ancora una storia “alternativa” da raccontare? Il Val, dopo trent’anni, è uscito lo scorso anno e successivamente poche settimane fa, il 15 giugno scorso, ma a redigerlo e a concepirlo sono stati i giovani di una volta. Ci sono delle piattaforme attraverso le quali i giovani possono esprimere, tra l’altro, anche la loro creatività? Come potrà qualcuno mettere insieme un racconto documentato dei decenni successivi all’era del Val? “C’è poca roba. Comunque, seguo con piacere il giornalino Kult che è tornato a uscire 5-6 anni fa nell’ambito del Primo ginnasio, che continua a passare da una generazione all’altra. Si fanno notare così quei 56 ragazzi che con entusiasmo credono di potere cambiare il mondo, occupandosi di politica, ecologia, ma senza che vi possa essere un’eco che arrivi a un pubblico più vasto”.
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