Uno spaccato di vita con Libero Benussi

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Uno spaccato di vita con Libero Benussi

ROVIGNO | Alla 51.esima edizione del Concorso d’arte e cultura Istria Nobilissima 2018 – promosso dall’Unione Italiana e dall’Università Popolare di Trieste – il Primo Premio nella sezione Prosa in uno dei dialetti della Comunità Nazionale Italiana è stato assegnato a Libero Benussi.

A questo prestigioso Concorso lei è già stato premiato più volte anche in categorie diverse: che sensazione le dà l’avere vinto nuovamente?

“La sensazione che provo è di soddisfazione, perché grazie a queste partecipazioni al Concorso dimostriamo che siamo ancora presenti nel territorio, che creiamo dei validi lavori, indipendentemente dal giudizio positivo o no della Commissione giudicatrice”.

Ci illustri un po’ l’opera vincitrice: quali sono i principali temi trattati?

“La prosa proposta al Concorso comprende due fasi della mia vita: quella della mia spensierata gioventù, quando insieme ai miei amici, in quattro abbiamo adattato una vecchia barca di otto metri e l’abbiamo trasformata in una goletta: due alberi, due rande auriche e quattro fiocchi. Una seconda parte, invece, ricorrente a salti, tratta dell’attualità e ricorda uno dei miei tre amici, Stanco, ormai defunto, che mi ritorna alla memoria attraverso una piccola bussola che ci aveva dato per effettuare la nostra prima crociera da diporto in Dalmazia, nel 1968”.

Data la polivalenza del suo opus letterario, dove trova l’ispirazione necessaria per scrivere? Ci sono forse dei temi sui quali preferisce soffermarsi più frequentemente?

“I temi che mi piace trattare riguardano in special modo il nostro retaggio culturale e storico rovignese, il nostro dialetto, i nostri canti caratteristici, i personaggi tipici della Rovigno attuale e dei tempi passati. Non ho problemi di spaziare tra queste tematiche che mi stanno particolarmente a cuore”.

Salvaguardia del dialetto rovignese

A parte l’attività letteraria, Libero Benussi si dedica intensamente da molti anni alla salvaguardia del dialetto autoctono rovignese. In collaborazione con la CI “Pino Budicin” di Rovigno ha pubblicato il “Vocabolario italiano-rovignese” (2013) e la “Grammatica del dialetto di Rovigno d’Istria” (2015), due opere essenziali per chiunque voglia conoscere e imparare l’idioma rovignese. Inoltre, sempre presso la CI di Rovigno, guida dei corsi dedicati allo studio del rovignese.

A chi sono indirizzati questi corsi e come sono strutturati? È soddisfatto dell’affluenza?

“Fino al 2012, anno del mio pensionamento, ho insegnato presso il Liceo di Rovigno e in quella sede ho per molti anni aiutato parecchi gruppi di alunni ad avvicinarsi alla problematica del dialetto autoctono, compilando calendari in rovignese per ben sei annate e promuovendo il Concorso ‘Favalando alla ruvigni∫a’, che ha visto negli anni realizzate ben undici edizioni. Delle prime dieci abbiamo pure pubblicato nel 2010 un’Antologia delle opere premiate. Il corso, che attualmente conduco, annovera una ventina di partecipanti d’età compresa tra i 40 e i 70 anni, entusiasti del nostro lavoro. Nel corso degli anni ho aiutato e indirizzato molti dei miei allievi a partecipare al Concorso Istria Nobilissima e hanno conseguito ottimi risultati”.

Vista la velocità con la quale oggigiorno muta la nostra società, sempre più dialetti e idiomi locali vengono assorbiti dalle lingue standardizzate, magari anche straniere. Che futuro prevede per la parlata rovignese? Crede che possa sopravvivere nella sua forma attiva?

“Non si può prevedere nulla di preciso. Comunque i parlanti più affidabili, quelli più anziani, stanno scomparendo, data l’età, ma ci sono parecchi giovani che cercano di far rivivere il dialetto e le nostre tradizioni, che stanno a cuore soprattutto a coloro che sono nati nella nostra città”.

Per molto tempo ha lavorato presso le scuole della Comunità Nazinale Italiana di Rovigno, insegnando però materie di carattere scientifico. Esiste una connessione nei suoi lavori letterari fra scienza e letteratura?

“È vero, ho insegnato materie scientifiche, ma mi sono sempre sentito legato alla mia tradizione sia riguardo alla storia, sia al dialetto e sia riguardo alla tradizione musicale. Per più di quindic’anni ho diretto a due riprese il Coro maschile e poi quello femminile della Società artistico-culturale ‘Marco Garbin’, della nostra Comunità degli Italiani”.

Parlando d’istruzione, crede sia possibile far avvicinare i giovani al mondo del dialetto e della cultura rovignese attraverso i banchi di scuola? Quali metodi usare?

“Io ci ho provato e sto sicuramente raccogliendo i frutti del mio entusiasmo e della mia dedizione, dimostrata durante la mia permanenza a scuola. Ho insegnato al Liceo per ben 41 anni scolastici. Parlando in rovignese con alcuni dei miei colleghi che lo conoscevano molto bene, anche nei corridoi scolastici, ho cercato di far capire ai ragazzi che questa era ed è la nostra lingua autoctona, della quale non bisogna avere vergogna di poterla e di saperla usare. Certo, il proprio esempio personale e l’aiuto indefesso nei confronti delle giovani generazioni a superare questo scoglio è quello che ripaga. È principalmente per loro che ho compilato sia il Vocabolario italiano-rovignese, sia la Grammatica del nostro bellissimo e ricco dialetto. Spero di cuore che ciò possa essere loro d’aiuto nel prossimo futuro”.

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