
L’altra sera si è concluso il viaggio temporale nell’opera, tradotto nei due ponderosi atti dell’insolito e ambizioso concerto-spettacolo concepito dal sovrintendente uscente Marin Blažević e dal mezzosoprano Diana Haller quale avvio della nuova stagione teatrale dello “Zajc” di Fiume. Un progetto originale ma impegnativo, teso a veleggiare, partendo dal Rinascimento fino all’epoca contemporanea, nelle vicende di vita, morte, amore e dolore di arie operistiche meno note al grande pubblico, alcune delle quali raramente eseguite anche a livello mondiale. Un viaggio perciò non semplice e azzardato, immaginato per far scoprire un repertorio e un mondo di note poco affrontati e conosciuti ai più, il quale nasconde tesori senza tempo, sfiorati talvolta con distacco e pregiudizi. Un rischio e un’avventura accolti da alcuni con sospetto che, però, considerati gli apprezzamenti e il feedback della maggior parte del sempre generoso pubblico fiumano, sembra avere fatto centro.
Un’amata girandola di ugole
Come già ampiamente scritto, nella prima parte dell’esplorazione operistica, diretta dal Maestro messinese Marco Alibrando, sono state proposte alcune arie di Monteverdi, Purcell, Händel, Vivaldi, Rameau, Gluck, Haydn, Mozart, Cherubini, Rossini, von Weber, Bellini, Donizetti e Verdi. Il secondo atto ha invece messo in scena quelle di Berlioz, Bizet, Boito, Wagner, Čajkovskij, Massenet, Musorgskij, Zajc, Strauss, Puccini, Berg, Janáček e Britten, interpretate dai solisti e dalle soliste dell’Ensemble operistico fiumano, nello specifico il mezzosoprano Diana Haller, i soprani Kristina Kolar e Anamarija Knego, il basso-baritono Giorgio Surian, il tenore Brett Sprague, il mezzosoprano Stefany Findrik e il baritono Juro Počkaj. Una girandola di ugole molto seguite, conosciute e, nonostante qualche piccola défaillance qua e là, amate dal pubblico, tecnicamente scaltre, interpretativamente capaci, e che, in alcuni momenti di splendidi trilli, timbri polposi e caldi, affascinanti acuti anche presi in pianissimo, sono riuscite a toccare importanti corde emotive.
Non poteva essere diversamente considerate le trame delle opere scelte, narrate con elegante maestria dalla straordinaria attrice Neva Rošić, in cui eroine quali Cassandra, Margherita, le wagneriane Sieglinde e Brunilde, Giovanna d’Arco, Maria, Chimène, la maga stregona, Sophie, Frugola in concerto con gli intensi e sfaccettati personaggi maschili del bizetiano Nadir, di Wotan e Hagen, di Boris Godunov, di Wozzeck, di Kudrjaš, come pure i britteniani Peter e Balstrode, indossati con più o meno successo dalle soliste e dai solisti, hanno messo a nudo le loro tormentate anime, coinvolgendo i convenuti nei loro infelici destini.
Repertorio inconsueto
Ad accompagnarli, sotto la bacchetta misurata e corretta del M° Marko Hribernik, l’ottima Orchestra sinfonica dell’ente teatrale, nonché il coro dell’Opera, diretto dal M° Matteo Salvemini, leggermente indebolito nell’espressione maschile. La concertazione del Maestro che, come il suo precedente, si è confrontato con un repertorio inconsueto e decisamente poco leggero ha tenuto strette le redini della partitura senza un secondo di cedimento, esaltando la dimensione epica del canto che rammemorava antiche vicende, valorizzando le singole famiglie strumentali in dialogo con le voci e l’ormai assodata duttilità e bravura dei musicisti.
A modo del “Viaggio temporale 1” le soluzioni scenografiche e relative alle luci (firmate da Sead Ajanović e Alan Vukelić), sempre focalizzate nei pannelli trasparenti facenti da sfondo o da tramite per la comunicazione dell’idea, per l’occasione si sono presentate più ricche e interessanti. Sempre funzionale il concetto inerente ai costumi (firmati da Sandra Dekanić), ai quali anche stavolta venivano aggiunti elementi storicamente legati a periodi diversi. Al termine del lungo viaggio, Teatro e pubblico hanno festeggiato con un graditissimo e coloratissimo “Falstaff” verdiano corale. Peccato la non presenza dell’Orchestra nell’inchino finale.

Foto: IVOR HRELJANOVIĆ
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