Una riuscitissima «Turandot» cucita su misura di un migliaio di bambini

Il progetto lirico Europa InCanto è stato l’occasione per gli alunni di approcciarsi alla musica e alla narrazione in maniera diversa, scoprendo un formato del tutto nuovo, che li ha costretti a mettersi alla prova nella concentrazione, nell’ascolto e nell’interpretazione

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Una riuscitissima «Turandot» cucita su misura di un migliaio di bambini
Il Maestro Germano Negri dirige le corali. Foto: ARLETTA FONIO GRUBIŠA

Come al San Carlo a Napoli, all’Argentina a Roma e alla Pergola a Firenze, il progetto lirico InCanto ha sfondato anche a Pola, precisamente nel piccolo Comune turistico di Medolino, senza nulla togliere al prestigio che si sta guadagnando la dismessa cava romana di Vincural, scenografia favolosa, fatta di pietra cupa, misteriosa, incredibilmente consona alla “Turandot”, opera caratterizzata da forti contrasti sonori e cromatici, dai segreti degli enigmi, dai colori accesi attinti dalla tradizione orientale. Dopo due anni scolastici di faticosa gestazione, la missione pedagogico-formativa di Europa InCanto, che tenta di avvicinare l’impossibile – l’opera lirica – alle generazioni poco “romantiche” e acculturate di oggi, ha raggiunto un singolare traguardo.

Un progetto studiato minuziosamente
La SEI “Giuseppina Martinuzzi” di Pola e l’elementare “Mate Demarin” di Medolino, prima ancora l’elementare di Castagner, quella di Montegrande e la Scuola per bambini con difficoltà nell’apprendimento, sono diventate coprotagoniste di due magnifici spettacoli, l’allestimento di una “Turandot”, cucita su misura di un migliaio di bambini, sensibilizzandoli alla musica, immergendoli nell’alta cultura, allenando la capacità di interpretare assieme a cantanti lirici veri, accompagnati da un’orchestra in carne ed ossa, ascoltare ed interagire nel medesimo tempo con la storia, drammatica, intrigante, di questa fiaba cruenta a lieto fine. Il trucco propinato per strappare dalla tv, dal cinema, dal cellulare e dal computer, la generazione dell’era tecno-digitale, è stato davvero studiato nei minimi dettagli. Vada per le prove musicali, gli esercizi vocali, la cura della dizione, gli atelier per la confezione di abiti ispirati alla Cina medioevale, ma è l’elaborazione della storia stessa con i suoi reconditi significati, che sembra aver fatto straordinaria presa.

Un esame superato
Il libricino didattico e gli spartiti forniti da Nunzia Nigro (di Europa InCanto di Roma), ha anticipato l’immersione nei ruoli di piccoli e deliziosi mandarini e principessine orientali componenti la gran folla di voci bianche. Tutto un “Popolo di Pechino” ha invaso l’area della cava, con genitori e altri bimbi seduti, in piedi, adagiati alle pareti di pietra per cantare in coro “Nessun dorma” nel gran finale, diretti dal Maestro Germano Neri, trascinati dalla disperata necessità di convincere la principessa dal cuore di ghiaccio di non mettere a morte il povero ma imperterrito Calaf. Che dire? Veramente l’opera, genere di spettacolo per pochi eletti e per palati culturali più raffinati e specifici, ha rasentato lo sperimentalismo. Non quello di flirtare con il rock e il pop, a cui i concerti di Pavarotti&friends hanno reso meritata fama mondiale, ma di “giocare” da genere classico con chi è ancora in età ludica però è già in grado di adorare la musica e le sue più diverse espressioni. La “Turandot” è diventata a tutti gli effetti l’occasione per i nostri allievi di approcciarsi alla musica e alla narrazione in maniera diversa, scoprendo un formato del tutto nuovo, che li ha costretti a mettersi alla prova nella concentrazione, nell’ascolto e nell’interpretazione. E poi è la storia che affascina tanto da stupirsi perché mai, la Disney non si sia ancora ricordata di riprodurre in versione filmico-animata, più soft dell’originale che, quasi quasi, rasenta il noir. Come non lasciarsi conquistare dal possente soprano drammatico di Turandot, figlia dell’imperatore della Cina, principessa tiranna e sanguinaria, che manda immancabilmente al patibolo, uno dopo l’altro, tutti i pretendenti di nobili natali, stregati dalla sua bellezza incantatrice. Associa a una donna mostruosa della mitologia (arpie, gorgoni, furie ecc.), alla fine “addomesticata” dalla potenza dell’amore vittorioso, e osando di più, a un profilo moderno di una “virago”, donna ribelle di oggi, autonoma, professionista in rapporto di feroce rivalità con il collega uomo. Dalla massa imponente, tumultuosa, selvaggia di note in fortissimo suonate dall’orchestra e cantate dai cori degli allievi, sono emersi i grandi personaggi, Calaf il principe ignoto (tenore), Timur suo padre (basso), Liú, sua serva (soprano lirico), dolce figura femminile in antitesi con la protagonista, i Gran ministri alias cancelliere, provveditore e cuciniere Ping Pang e Pong.

Tredici celeberrime arie
Cantando si è piombati dentro alla storia da spettatori-protagonisti-interpreti-narratori di una vicenda di lotta tra forze opposte: odio e amore, morte e vita, rosso e nero avvolti dal gioco di luci proiettate e sparse sulle rocce della cava. Di particolare effetto davvero. Da fare invidia ai palcoscenici teatrali ovviamente monchi di questa dimensione, che affonda entro spazi eletti dalla valorizzazione ambientale. Tutto un collettivo di educatori, artisti ed esperti si è dato da fare per sfruttare al meglio l’effetto acustico della cava, insegnando e affinando al dettaglio ogni nota di addirittura tredici celeberrime arie: “Popolo di Pechino”, “Dove regna Turandot”, “Gira la cote, gira, gira!”, “Perché tarda la luna?”, “Faccia pallida!”, “Là sui monti dell’Est la cicogna cantò”, “Principessa”, “Avanzano i sapienti”, “Diecimila anni”, “Dal deserto al mar”, “Gloria gloria o vincitori”, “Ai tuoi piedi ci prostriam”, “O sole! Vita! Eternità!”.

Un’esperienza indimenticabile
Dopo tutto anche se una minima parte di bambini amerà l’opera, frequenterà un giorno il teatro e solo qualcuno finirà invogliato ad apprendere la nobile arte del canto lirico, lo scopo ultimo sarà eccome raggiunto. Una siffatta progettazione, costata 400mila euro a titolo di coinvolgimento dell’Opera di Leipzig, è stata organizzata nel nostro caso da Doris Cerin, coordinatrice del progetto Europa InCanto in collaborazione di Mirjana Siladić. Ampia parte nella preparazione degli allievi della “Martinuzzi” è stata sostenuta dalla maestra di musica, nonché dirigente della corale scolastica, Samantha Rocco Popović, con il sostegno e la preziosa collaborazione delle insegnanti capiclasse, mentre le aule del Doposcuola hanno fatto da atelier per la realizzazione dei simpatici costumi confezionati sotto l’occhio vigile degli insegnanti, maestre di musica e con il supporto dei genitori. Per la nostra elementare italiana, come nel caso delle altre, l’esperienza dell’essere convogliati a nozze con il melodramma sarà indimenticabile, da annotare negli annali della scuola. Se ne parlerà e canterà a lungo.

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