Una mostra sulle leggi razziali

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Una mostra sulle leggi razziali

TRIESTE | “Non farò più quest’errore: in questa vicenda ci sono state delle forti incomprensioni, mi assumo la totale responsabilità. Sono qua, anche perché sono stato accolto con gentilezza e comprensione da un gruppo di studentesse del liceo. A queste ragazze chiedo scusa pubblicamente”. Sono le parole dell’assessore alla Cultura del Comune di Trieste, Giorgio Rossi, pronunciate durante la cerimonia d’inaugurazione della mostra “Razzismo in cattedra” del liceo Petrarca, al Museo Sartorio. Questa sua presa di posizione chiude una polemica che ha tenuto banco per settimane. Il comune aveva contestato il messaggio espresso con la locandina di promozione della mostra. Tre ragazze sorridenti con sottofondo il titolo del quotidiano “Il Piccolo” del 1938 sulla promulgazione delle leggi razziali. Tanto rumore ha suscitato l’interesse di un pubblico numeroso che è accorso all’inaugurazione dell’esposizione che, all’inizio avrebbe dovuto tenersi nella sala Veruda e che è stata invece spostata al Museo Sartorio, in una sede veramente prestigiosa.

Soddisfatti alunni e insegnanti, che hanno operato nell’ambito del Progetto Alternanza Scuola Lavoro del Liceo “Francesco Petrarca” di Trieste (classe 4a I, ora V) in collaborazione con il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Studi di Trieste, il Museo ebraico “Carlo e Vera Wagner” di Trieste e l’Archivio di Stato di Trieste, focalizzato in quest’occasione su professioni come quella dello storico con la docente Maura Catalan e del cinematografo e del regista, con la docente Sabrina Benussi. La mostra è dedicata alle leggi razziali e alle conseguenze che queste hanno portato agli studenti e ai docenti ebrei con il contributo di testimoni. Si devono ai ragazzi anche le ricerche sulle famiglie i cui nomi sono riportati sulle pietre d’inciampo di P.zza della Borsa; il titolo della mostra “Razzismo in cattedra. Il Liceo F. Petrarca di Trieste e le leggi razziali del 1938”.
“Hanno fatto loro tutto il lavoro – ha raccontato la regista Sabrina Benussi, con la quale i ragazzi hanno realizzato anche un video – affrontando le ricerche, confrontandosi con i testimoni che si sono entusiasmati di fronte a tanta serietà e abnegazione”.
Morale della favola, una sala gremita, con gente sparsa nel giardino, ad ascoltare gli interventi dalle finestre spalancate per permettere a tutti “di esserci”.
“Andate a vedere la mostra – ha ribadito Benussi – è la migliore conferma di quanto è stato fatto, dell’approccio costruttivo dei ragazzi, che hanno avuto modo di conoscere un evento avvenuto dentro la loro città, andando oltre un’Italia che in quel momento aveva negato i valori morali e l’umanità”. Un percorso riflessivo e di grande impatto, che parte dalla circolare del 26 aprile 1937, un anno prima della promulgazione delle Leggi razziali, in cui si invitava a chiamare “fratelli” e/o “sorelle” soltanto gli “italiani”, fino ad arrivare all’espulsione di Bruna Levi Schreiber nel ‘38 e di sua sorella Fulvia. Per i ragazzi il fine più importante era ridare “dignità a coloro ai quali era stato tolto tutto”.
Tra i presenti alla serata d’inaugurazione il rettore dell’Università, Maurizio Fermeglia, il dirigente scolastico Cesira Militello, il rabbino Alexander Meloni, oltre all’assessore Giorgio Rossi. Non sono mancati tra il pubblico Cristiano Degano, presidente dell’Ordine dei giornalisti dell’FVG, Carlo Muscatello, presidente dell’Assostampa FVG, Laura Carlini Fanfogna, direttrice del Servizio Musei e Biblioteche e Maria Teresa Bassa Poropat, consigliere comunale. La mostra rimarrà in visione fino al 14 ottobre.

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