Una girandola di intrighi, emozioni ed eros

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Una girandola di intrighi, emozioni ed eros

FIUME | Èstato un bello spettacolo – per certi aspetti addirittura ottimo – “Le nozze di Figaro” mozartiane, alla cui prèmiere abbiamo presenziato sabato scorso al TNC “Ivan de Zajc”, sotto la sapiente bacchetta di Stefano Rabaglia e la regia di Eva Buchmann.

Come sta scritto nel programma di sala, Mozart operista ha fatto il suo ingresso nel Teatro di Fiume non prima dal 1954 con il “Don Giovanni”, cui fecero seguito altri allestimenti mozartiani per giungere al 1969 con “Le nozze di Figaro”, “Così fan tutte”, e ben 35 anni dopo uno straordinario “Don Giovanni”, perfetta sintesi di tradizione e modernità. Il genio di Salzburg è stato allestito a Fiume decisamente tardi, non perché non amasse l’opera comica – nel lunghissimo elenco di spettacoli messi in scena a Fiume nell’800, (già nel vecchio Teatro Adamich), che va da Rossini agli autori italiani e francesi del romanticismo, a Wagner, Puccini, Zandonai, all’operetta, figuravano non poche opere comiche e balletti di carattere leggero che i fiumani amavano moltissimo – ma perché all’epoca in queste coordinate si seguivano le opere “contemporanee” italiane, oltre al grande e variegato repertorio classico, e pure slavo con Mussorgski e Gotovac. Il Sei-Settecento, Vivaldi, l’opera barocca, Mozart non erano in auge; saranno riscoperti e rivalutati più tardi. Per non parlare della musica antica.
“Le nozze di Figaro”, ossia la folle giornata è la prima delle tre opere italiane scritte dal compositore salisburghese su libretto di Lorenzo Da Ponte. Il testo dapontiano fu tratto dalla commedia “Le mariage de Figaro” di Beaumarchais, commedia “sovversiva”, choccante, in cui l’autore bersagliava apertamente l’aristocrazia. Fu messa in scena al Burgtheater di Vienna, il 1º maggio 1786 con buon successo per trionfare addirittura a Praga. Scriveva Mozart ad un amico: “Qui non si parla che del Figaro, non si suona, non si strombetta, non si canta, non si fischia che il Figaro, non si va a sentire altra opera che il Figaro. Eternamente Figaro!”.

Coerenza, freschezza e vivacità

Come si rilevava all’inizio, il Figaro dell’altra sera, allestimento “comprensibile” e di piacevole fruizione anche da parte dello spettatore meno esperto, è stato indubbiamente un bel successo corale, in quanto tutti gli elementi dell’opera – musica, aspetto visivo, recitazione – si sono mossi con coerenza, freschezza e vivacità nella restituzione del capolavoro mozartiano così come (probabilmente) era stato pensato dall’autore; in interazione con una scenografia essenziale, raccolta e incastonata nell’ampia e astratta spazialità del palcoscenico, in cui spiccavano i ricchi costumi settecenteschi riletti dalla fantasia di Manuela Paladin Šabanović.
Abbiamo avuto la fortuna di avere come regista esperta – lungi da stravolgimenti concettuali strampalati e fuorvianti di certe narcise “regi-star”– Eva Buchmann; la quale, anche musicista e ottima conoscitrice della psiche umana, ha puntato sullo scavo psicologico di ogni singolo personaggio, sul ritmo e sulla “geometria” dell’azione scenica, ottenendo – ovviamente con l’ottima complicità degli interpreti – dei personaggi vivi, vibranti, nelle arie, nei battibecchi, negli intrecci come nelle scene corali.
Pretendere di “attualizzare” tale opera i cui personaggi sembrano ossessionati dall’eros, sarebbe del tutto inutile, perché se c’è stato un secolo licenzioso per eccellenza nella storia moderna europea, questo è stato proprio il Settecento: il secolo dei Lumi e dei…libertini. Quindi, la seduzione veste di pizzi e merletti… Oggi è il tempo dei guardoni telematici, i quali senza l’“afrička šljiva” non combinano niente.
Mozart non è per niente facile da interpretare. Sia perché è un caleidoscopio d’emozioni, d’azioni e reazioni, e richiede una fittissima modulazione di sentimenti che va dai più teneri, all’arroganza, alla disillussione, all’arguzia e via dicendo. Sia perché la dizione nella velocità dei recitatici deve essere perfetta, altrimenti non si capisce un’acca; sia perché la tessitura di certe arie, specie quelle femminili, è quella della “zona di passaggio”; sia perché bisogna essere attori eccellenti,… e per un sacco di altri motivi.

Eccellenti interpreti

E bravo Dario Bercich nel ruolo di Figaro, specie se si considera che è al suo debutto di “barbiere”! Può contare su una tecnica di buona lega che gli consente un’emissione corposa e di bel timbro, come pure un’ottima dizione italiana. Dotato di apprezzabili qualità sceniche è stato un Figaro convincente. Di certo il personaggio crescerà ulteriormente con l’esperienza. Accattivante attrice si è dimostrata Anamarija Knego nella parte di Susanna, che ha dipinto di tante sfaccettature psicologiche, distinguendosi per morbida vocalità. È un maestro del palcoscenico Oliviero Giorgiutti (Almaviva), che ha espresso incisivamente la complessità caratteriale del conte arrogante, libertino (che vorrebbe usufruire del “diritto della prima notte” di nozze di Susanna; “lo ius primae noctis” in realtà è un mito moderno relativo al medioevo, accanto alla cintura di castità e alla convinzione che al tempo i dotti credessero alla Terra piatta), geloso, intrigante e manipolatore.
Si è distinta per musicalità, bel fraseggio, grazia e abilità scenica, l’attraente contessa di Ingrid Haller. Ha dato una buona prova pure Iva Krašić nei panni dell’inquieto Cherubino. Brava la giovane Morana Pleše come Barbarina. Non si faccia ingolare la voce! Canti sempre di maschera, con la voce ”avanti”. Luka Ortar è stato un irruente Antonio. Negli altri ruoli si sono esibiti Sergei Kiselev (Don Curzio e Don Bartolo), Olga Kaminska e Slavko Sekulić. Deliziosa l’orchestra. Nitida nelle filigrane, fluente, discreta, espressiva, plasmata dalla fedele, sapiente e raffinata lettura mozartiana del Maestro Stefano Rabaglia. Ben istruito il coro da Nicoletta Olivieri. Luci fin troppo discrete di Dubravka Kurobasa. Drammaturgia di Ben Hurkmans. Coreografia appropriata di Oksana Brandiboura.
Molto calorosa l’accoglienza del pubblico.

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