
La conferenza intitolata “La prima registrazione di canti tradizionali in Istria – 1908, Buie e Verteneglio” tenuta da Dario Marušić presso la Casa dei Castelli di Momiano, che opera nell’ambito del Museo storico e navale dell’Istria, ha rappresentato un momento cruciale per approfondire un capitolo spesso trascurato della storia musicale istriana. L’evento ha visto la partecipazione dell’assessore alla Cultura e territorialità della Regione istriana, Vladimir Torbica, ed è stato introdotto dall’archeologa Tanja Šuflaj, responsabile dell’istituzione ospitante.
«Cose di poco conto»
Marušić ha aperto la conferenza delineando un quadro storico che pone le radici nel 1850, quando l’Impero Austriaco aveva tentato per la prima volta di raccogliere canti tradizionali per rappresentare le diverse etnie durante la Grande esposizione universale di Londra del 1851. Quel primo tentativo fallì, ma nel 1908 il Ministero austriaco dell’istruzione pubblica lanciò un nuovo progetto per documentare il patrimonio musicale delle diverse regioni, inviando una richiesta al vescovo di Parenzo di individuare esperti locali per questa impresa.
I principali incaricati furono Pietro Stancovich di Barbana, Michele Facchinetti di Sanvincenti, Petar Studenac di Canfanaro e Andrea Rocco di Rovigno. Tuttavia, come spiegato da Marušić, le risposte dei delegati furono perlopiù deludenti. Stancovich, pur affermando di amare profondamente la sua terra, considerò i canti tradizionali come “cose di poco conto”, suggerendo tuttavia di coinvolgere un musicista per trascrivere non solo le parole, ma anche gli spartiti. Facchinetti, al contrario, mostrò grande entusiasmo ma non riuscì a trovare collaboratori sul campo. Studenac non rispose nemmeno all’appello, mentre Rocco si dimostrò particolarmente critico, dichiarando che a Rovigno non esistevano più canti tradizionali e definendo questi ultimi “canti senza senso” che sarebbe stato meglio proibire.
Registrazioni con un fonografo
Il progetto fu poi affidato ad Antonio Ive e Giuseppe Vidossi (o Vidossich), sotto il coordinamento del Comitato per i canti tradizionali. Tuttavia, Ive non prese sul serio l’incarico, tanto da non inviare in Austria il materiale raccolto da Vidossi. Fu proprio da una nota di delusione di quest’ultimo che emerse il ruolo cruciale di Giulio (Julius) Subak, il quale registrò i canti utilizzando un fonografo, innovazione tecnica dell’epoca.
Secondo quanto riportato da Vidossi, alcune registrazioni su disco, effettuate da Subak, furono conservate presso l’Accademia delle Scienze di Vienna. Subak realizzò due serie di registrazioni: una nel 1877 e un’altra nel 1890. Marušić ha descritto con precisione il funzionamento del fonografo e il passaggio dalla registrazione su cilindro a quella su disco, accompagnando la spiegazione con l’ascolto di alcuni esempi originali.
Durante l’evento, Marušić ha presentato le registrazioni storiche di tre cantori istriani. Quelle di Maria Degrassi (60 anni, di Buie): una villotta, canto tipico dell’Istria italofona, “Donna lombarda”, celebre brano della tradizione italiana e una ballata.
Le registrazioni comprendenti Nicolosa Zanon (60 anni) proponevano pure una villotta e “La bella brunetta”, una canzone rara, di cui esistono diverse versioni nel territorio buiese.
Nella registrazione di Marco Druscovich (48 anni, di Verteneglio) si è potuto sentire un canto definito “locale”, essendo le varianti maggiormente documentate in Istria rispetto al Veneto e al Friuli, “I tre tamburini”, diffuso in varie regioni d’Europa, nonché una ballata.
L’importanze delle melodie tradizionali
Marušić ha sottolineato l’importanza delle melodie tradizionali, come le villotte, un tempo largamente diffuse tra le comunità italofone dell’Istria e oggi quasi scomparse. Ha inoltre evidenziato il valore storico e culturale delle registrazioni, spiegando le tecniche di restauro e pulizia audio, fornendo dettagli sulle storie nascoste nei testi dei canti.
Le registrazioni non servivano solo a documentare il patrimonio musicale, ma erano anche strumenti linguistici per studiare i dialetti locali. Tra gli esempi ascoltati durante la serata, c’erano anche una preghiera parlata e una conta per bambini, che testimoniano la varietà delle tradizioni trasmesse oralmente.
La conferenza si è conclusa con una riflessione sul lavoro di Marušić, che da oltre cinquant’anni si dedica con passione alla ricerca e alla valorizzazione della tradizione musicale istriana. Fin dai tempi del liceo, egli si è impegnato a contrastare l’oblio, ricostruendo frammenti di una memoria collettiva ormai perduta.
Come lui stesso ha dichiarato: “Per comprendere le registrazioni devi innanzitutto saper ascoltare e avere una minima conoscenza della lingua in cui sono cantate. Anche quando restano solo frammenti, è sempre possibile ricostruire”.
Un custode della tradizione
Grazie al suo instancabile impegno, Marušić non è solo un custode della tradizione, ma anche un innovatore che ha restituito alla comunità un patrimonio culturale unico, contribuendo a preservare le radici della storia musicale istriana.
Marušić è una figura di spicco nel panorama musicale ed etnografico dell’Istria. Nato e cresciuto nell’Istria settentrionale, ha trascorso l’infanzia in un ambiente rurale dove la musica tradizionale era parte integrante della vita quotidiana. Fin da giovane, ha coltivato una profonda passione per le tradizioni sonore della sua terra, influenzato dal movimento del Folk Revival, che negli anni ‘60 e ‘70 ha stimolato il recupero e la valorizzazione delle culture musicali locali in tutto il mondo.
Durante gli anni delle scuole superiori, ha iniziato a studiare sistematicamente la musica istriana, raccogliendo materiali sul campo attraverso registrazioni, interviste e osservazioni dirette. Questo lavoro pionieristico si è concretizzato in una serie di pubblicazioni di riferimento, che testimoniano la sua meticolosa opera di documentazione.
La ricerca etnomusicologica ed etnocoreologica costituisce il cuore della carriera di Marušić. Attraverso il suo lavoro, ha dato un contributo significativo alla rinascita di ensemble tradizionali, incoraggiando nuove generazioni di musicisti a riscoprire e reinterpretare gli antichi repertori. Il suo impegno non si limita alla ricerca accademica. Egli si esibisce regolarmente sia come solista sia con il suo gruppo, portando la musica istriana su palchi locali e internazionali.
Attivo nell’insegnamento
Parallelamente, è attivo nell’insegnamento e nella conduzione di laboratori, dove condivide la sua vasta conoscenza sulla musica e sugli strumenti istriani con musicisti e appassionati. L’importanza del suo lavoro è riconosciuta anche a livello istituzionale. Per il Ministero della Cultura e dei Media, ha contribuito alla realizzazione di progetti di grande rilevanza culturale, tra cui “Microcosmo etnomusicale istriano”, un progetto candidato per il riconoscimento UNESCO come opera maestra del patrimonio orale e immateriale dell’umanità, “La pratica musicale del violino e del bajs in Istria”, che documenta tecniche e tradizioni legate a questi strumenti, “Il canto a due voci nei piccoli intervalli dell’Istria e del Litorale croato”, una tradizione musicale unica e caratteristica della regione e “La Furlana”, una danza tradizionale ora protetta come bene culturale immateriale della Croazia.
Con una discografia che include 16 album, Dario Marušić non è solo un ricercatore e un archivista, ma anche un artista che reinventa la tradizione musicale istriana per renderla rilevante e viva nel mondo contemporaneo. Attraverso la sua musica e il suo lavoro, continua a essere una figura centrale nella preservazione e nella diffusione del ricco patrimonio culturale dell’Istria. Il suo contributo si estende ben oltre i confini della sua terra natale, offrendo al pubblico globale una finestra unica su una tradizione tanto antica quanto vibrante. Grazie al suo impegno, la musica istriana non solo sopravvive, ma prospera, trovando nuovi significati e spazi nella cultura moderna.
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