Un tuffo nel complesso mondo della genitorialità

La monocommedia interpretata da Giulio Settimo, direttore del Dramma Italiano del TNC «Ivan de Zajc» di Fiume, racconta con sincerità, empatia, comicità e umiltà l'avventura della paternità

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Un tuffo nel complesso mondo della genitorialità
Il papà si è addormentato. Foto: IVOR HRELJANOVIĆ

Che cosa può sconvolgere, come un fulmine a ciel sereno, la vita, la serenità e gli equilibri di una coppia innamorata al punto da far traballare tutte le sicurezze e convinzioni della stessa? Una semplice linea positiva rilevata su un piccolo oggetto di plastica, il test di gravidanza, a seguito della quale ci ritroviamo a sostituire le romantiche serate, i viaggi, le uscite al cinema o quelle con gli amici, nonché un’appassionata vita sessuale, le conversazioni divertenti e disimpegnate, i momenti di noia e la bellezza dell’intimità con la pianificazione dell’acquisto di pannolini, ciucci, biberon, pappe, marsupio per neonati, passeggino, giocattoli e tanto altro di cui non si conosceva l’esistenza. Inevitabili gli attacchi di panico e lo stravolgimento di tutto, dai corpi ai rapporti interpersonali. Come e perché allora decidersi consapevolmente alla genitorialità? A provare a offrire qualche risposta, nonché a raccontare l’incredibile esperienza di diventare padre e tutto ciò che la stessa comporta, nel bene e nel male, è stato nel 2007 il drammaturgo, regista e attore islandese Bjarni Haukur Thorsson realizzando il brillante testo del monodramma “Pabbinn” (Il papà), tradotto in più di venti lingue e messo in scena su centinaia di palcoscenici di tutto il mondo.

Un’esperienza indescrivibile
Dopo l’apprezzatissima versione in lingua croata proposta dalla compagnia zagabrese Teatar Exit nel 2011, con il bravissimo Rakan Rushaidat nel ruolo del protagonista e la regia di Boris Kovačević, l’altra sera il Dramma Italiano, alla presenza dello stesso autore, ha messo in scena al Teatro Nazionale Croato “Ivan de Zajc” di Fiume quella in lingua italiana (con sottotitoli in croato), firmata dall’originale mano registica del milanese Marco Di Stefano, con l’eccellente Giulio Settimo nel ruolo di papà e di una miriade di altri personaggi (moglie, neonato, parenti, dottori e altri). Tra le esilaranti narrazioni relative alla gravidanza, tradotta in nausea, sbalzi d’umore, voglie di cibi particolari, doglie, parto, allattamento e lo shock/meraviglia di diventare genitori, gli spettatori si sono ritrovati al contempo a ridere, rattristarsi, commuoversi, immedesimarsi e viaggiare con vertiginosa velocità in una giostra di stati d’animo per convenire, insieme a Settimo che “non si può descrivere che cosa significhi l’essere papà. Bisogna provarlo da soli…”

Il papà Giulio in un momento dello spettacolo.
Foto: IVOR HRELJANOVIĆ

Un padre emozionante
Autoironico, spassoso senza strafare di delicatezza, emozionante, spiritoso, districandosi e muovendosi con naturalezza tra i pochi, ma ben inseriti e funzionali elementi scenografici, Giulio Settimo ha saputo raccontare con sincerità, empatia, comicità, amorevolezza e umiltà l’avventura della paternità, ben riconosciuta dai genitori, nello specifico dai padri, ma coinvolgendo anche coloro che ancora non lo sono diventati e creando, come se non stesse interpretando un testo ma semplicemente incarnando il personaggio, una godibile atmosfera confidenziale. Attraverso i momenti di recitazione sia verbale che non verbale, è riuscito a rappresentare e toccare una vasta gamma di emozioni e sensazioni, nonché a riportare i caratteri relativi alla sua compagna, alla famiglia “degli orrori” dell’aereo, al ginecologo, alla suocera, alla zia, agli amici e tanto altro. In tale contesto, dal punto di vista registico, lo spettacolo è basato interamente sull’efficacia del testo e sull’abilità interpretativa e coreografica dell’attore, avendo cura di fare scorrere la storia armoniosamente, frullando il panico e l’euforia, la leggerezza e la pesantezza, la gioia e la tristezza e rendere l’opera drammaticamente completa.

Il pubblico ha seguito con attenzione lo spettacolo.
Foto: IVOR HRELJANOVIĆ

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