Un gioiello per la realtà editoriale della CNI

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Un gioiello per la realtà editoriale della CNI

ROVIGNO | Tre importanti nuovi tasselli del complesso mosaico costituito dalla conoscenza della storia e della realtà di questi territori sono racchiusi nel nuovo numero del bollettino “La Ricerca”, edito dal Centro di ricerche storiche di Rovigno.

Nell’ambito di quest’importante istituzione che vanta mezzo secolo di attività, “La Ricerca” nasce, nel 1991, “non solo come strumento d’informazione riguardo le attività, iniziative e progetti promossi da parte dal Centro di ricerche storiche, ma altresì, come rivista volta a colmare uno spazio vuoto all’interno della nostra realtà editoriale”, ricorda il redattore della pubblicazione, Nicolò Sponza.

In continuo contatto con i lettori

Una rivista che anticipa e offre parti inedite di lavori in corso che, finalizzati, vanno ad arricchire le pagine delle collane degli “Atti”, dei “Quaderni”, dei “Documenti” e delle “Monografie”, come anche della rivista “Ricerche sociali”. In tal modo, favoriscono “una comunicazione più immediata e puntuale – spiega ancora Sponza –, in continuo contatto, con i nostri lettori”.
La rivista (nei 74 numeri usciti sinora) ha pubblicato quasi 300 tra saggi, presentazioni e interventi inaugurando tutta una serie di collaborazioni con numerose decine di nuovi ricercatori, tanto da moltiplicare i contatti con svariate istituzioni scientifiche regionali, nazionali ed estere.
Ad aprire l’ultimo numero, in occasione del 50.esimo anniversario di fondazione del Crs, è l’Allocuzione ufficiale a firma dell’ex direttore e fondatore Giovanni Radossi, presentata alla cerimonia che si è tenuta lo scorso novembre al Centro multimediale di Rovigno.

CNI: significato e significante

Nel saggio di Paola Delton, intitolato “Chiamarsi (oggi) Comunità Nazionale Italiana”, l’autrice interpreta il processo di nominazione alla luce della linguistica saussuriana ossia della teoria che isola e riconosce il valore del significante, inteso come entità presente che rinvia all’entità assente, il significato.
La ricerca parte con l’“Appello agli italiani dell’Istria” dell’11 luglio 1944, abbozzato a Čamparovica (Albona), proclamazione che gettò le basi dell’“Unione degli Italiani dell’Istria” (solo più tardi si aggiungerà “di Fiume”), dove si parla di “italiani dell’Istria”; “italiani dell’Istria e di Fiume”; “popolo italiano dell’Istria”; “italiani”; “popolazione italiana”. Il concetto di minoranza compare anche nella lettera inviata dall’UIIF alla presidenza dello ZAVNOH il 10 novembre 1944. “Appare da subito chiaro – fa notare l’autrice – che i termini usati indicano una determinata presa di coscienza del proprio essere ‘altro’ all’interno del Movimento di liberazione controllato dalle forze jugoslave (croate e slovene).
Dal 1954 la denominazione “minoranza italiana” sembra lasciare spazio ad un’altra (senza però scomparire): gruppo nazionale italiano (anche GNI), che rispetto alla prima non porta l’accezione del significato relativo alla quantità.
Nonostante l’uso dell’aggettivo “nazionale”, spesso come risposta alla crisi identitaria degli italiani, il termine viene standardizzato solamente con gli orientamenti programmatici dell’UIIF del 1968 e del 1974, quando si assiste a una sua messa in atto sia teorica che pratica. Anche oggi l’aggettivo “nazionale” è largamente usato inoltre lo possiamo trovare con l’aggiunta dell’aggettivo “autoctono”, con il seguente risultato: comunità nazionale autoctona italiana.
Oltre a queste denominazioni, ufficiali, Paola Delton analizza nel saggio pure altre usate anche da giornalisti, politici, intellettuali, ecc…

La sanità nell’Istria secentesca

Il ricercatore Rino Cigui, racconta invece in “La figura del ‘Provveditore alla Sanità in Istria’” l’epidemia della peste del 1630-32, durante la quale il ruolo della provincia dell’Istria, vero e proprio ponte verso lo “Stato da Mar”, diventò fondamentale.
Il governo veneto affidò, infatti, a uno specifico responsabile, il Provveditore alla Sanità in Istria, il compito di organizzare la difesa sanitaria della provincia. Ad egli spettava – specifica Cigui – l’organizzazione del pattugliamento costiero con barche armate per impedire ogni sbarco clandestino, il rigoroso controllo dei navigli sospetti e delle relative patenti di sanità, il blocco delle vie di comunicazione interne e dei passi mediante la costruzione dei restelli di sanità (barriere protettive formate da steccati, transenne, muretti di sassi, o altro) malgrado ciò rappresentasse la paralisi dei commerci.
Tuttavia – rivela il saggio –, la misura più drastica e complessa cui si ricorreva nei casi di contagio, sia per i costi sia per le conseguenze che comportava, era certamente l’erezione del cosiddetto cordone sanitario, ossia costruzioni in muratura poste lungo la linea confinaria.
«Pietas Iulia» e i Della Pietra
Chiude la rivista il saggio “Una società, un disegno, una famiglia”, in cui l’autore Franco Stener ripercorre la storia della Società nautica “Pietas Julia” e quella della famiglia Della Pietra, tra Rovigno, Pola e Trieste, attraverso le vicende che segnarono il XX secolo del nostro territorio.
La poetessa Silva Della Pietra, venuta a sapere dell’esistenza della Fondazione “Pietas Julia”, ha voluto donare un piccolo cimelio: un settore di fascia di seta, da lei ridotta alle dimensioni attuali, che in origine aveva circa mezzo metro di lunghezza e le estremità frastagliate.
Al centro si trova lo stemma della polese Società nautica “Pietas Julia”; forse un prototipo, eseguito dallo zio Leo Della Pietra, canottiere e autore del disegno.

Uno spazio di riflessione

All’interno della pubblicazione troviamo pure l’Editoriale, concepito quale spazio di riflessione, quindi una parte dedicata all’attività dell’Ente, le ultime acquisizioni in biblioteca, le numerose visite di ricercatori, enti e istituzioni, scuole e associazioni, nonché le partecipazioni a convegni e seminari.

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