Ascolto e appartenenza: l’eredità di Pavle Merkù

Roberto Dapit ricostruisce la vita e l’opera del linguista

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Ascolto e appartenenza: l’eredità di Pavle Merkù
Il professor Roberto Dapit (a destra) durante la conferenza. Foto: Jan D’Alessio

Nella suggestiva cornice della Sala Imperatore dell’Hotel Savoia Excelsior di Trieste si è tenuta la conferenza del professor Roberto Dapit dal titolo ”Pavle Merkù e le tradizioni popolari degli sloveni in Italia”. L’incontro rientrava nel ciclo organizzato dalla Società di Minerva, intitolato ”Conservare e ripresa delle tradizioni etnografiche di una regione di confine: la svolta degli anni ‘50-’60”, e ha rappresentato non solo un intervento accademico, bensì un omaggio sentito e commosso a una figura fondamentale della cultura slovena in Italia.

L’esperienza nel comune di Resia
Pavle Merkù, scomparso nel 2014, è stato linguista, compositore, etnomusicologo, nonché figura cardine nel recupero e nella salvaguardia del patrimonio orale e culturale degli sloveni oltreconfine. Il professor Dapit, suo allievo, ha aperto la conferenza mostrando il catalogo completo delle opere di Merkù, sottolineando lo straordinario lavoro di raccolta, organizzazione e sistematizzazione portato avanti nel corso di decenni da un uomo che ha fatto della memoria collettiva una missione personale.
L’intervento si è articolato secondo un percorso cronologico e tematico, prendendo in esame i primi dieci anni di ricerca etnografica di Merkù. Dapit ha ricostruito il percorso dello studioso, mostrando l’evoluzione del suo metodo, sempre attento a un ascolto partecipato e rispettoso delle realtà culturali indagate. Particolarmente toccante è stato il momento in cui il professore ha letto – accompagnato da slide proiettate – alcuni passaggi tradotti personalmente dalle opere “Poslušam” e “Pajčevina in kruh”. In questi scritti Merkù racconta la sua esperienza nel comune di Resia e il suo incontro con la varietà linguistica del resiano. Ne emerge un legame profondo, una progressiva immedesimazione che trasforma l’osservatore in parte integrante della comunità: è qui che il “(io) ascolto” del titolo “Poslušam” si rivela nella sua pienezza, come un atto di empatia e comunione.

Ristampe e canti popolari
Dapit ha poi illustrato la genesi e le varie edizioni di “Tradizioni popolari degli sloveni in Italia”, opera capitale che ha rappresentato per decenni un punto di riferimento per linguisti, antropologi e musicologi. Con meticolosità, sono stati mostrati i dati tecnici, le copertine, le ristampe e il contesto editoriale di quest’opera monumentale. L’attenzione si è poi spostata su altre importanti pubblicazioni di Merkù: “Po našin” e “Po näs”, primi libri di lettura nei dialetti dell’Alta valle del Torre e del Comune di Resia, ma anche “Petnajst Beneških” e “Din Doran”, opere che si concentrano sull’armonizzazione dei canti popolari. Non è mancato un accenno al prezioso lavoro toponomastico e onomastico, frutto della collaborazione tra lo stesso Merkù e Dapit negli anni ‘90. Con emozione, il professore ha ricordato la presentazione del 1994, di cui conserva ancora una copia annotata.
Per ragioni di tempo, la seconda parte della conferenza ha avuto un ritmo più serrato, ma non per questo meno coinvolgente. Il relatore ha letto una poesia in resiano della poetessa Silvana Paletti e un passaggio dell’opera musicale “La libellula”, musicata da Merkù, aprendo così una finestra sulla sensibilità artistica e poetica dell’autore. A concludere l’intervento, un momento toccante e intimo: la proiezione di una dedica manoscritta che Merkù aveva lasciato proprio a Dapit nel 2005 in una copia di “Tradizioni popolari degli sloveni in Italia”.

Ricordi e aneddoti
Durante la conferenza, sono intervenuti anche altri ospiti. In apertura, il professor Cosciuto ha sottolineato la “rara virtù dell’empatico, attento e curioso ascolto” di Merkù, richiamando il significato del titolo “Poslušam”. A seguire, il professor Guagnini – amico personale di Merkù – ha condiviso ricordi e aneddoti che hanno arricchito ulteriormente il ritratto umano dello studioso. Molto significativo è stato anche il contributo di Jasna Merkù, figlia di Pavle, presente in sala. È intervenuta in due momenti: all’inizio, per un breve saluto, e poi per mostrare e raccontare il suo lavoro di illustrazione delle opere “Po našin” e “Po näs”, testimoniando un’eredità che è insieme familiare e culturale. Il tono della conferenza è rimasto per tutto il tempo professionale ma profondamente intimo. Ogni parola, ogni slide, ogni brano letto dalle opere sembrava portare con sé l’eco di una voce conosciuta, amata e ancora viva nel ricordo. La sala, gremita di studiosi, appassionati e amici di Merkù, ha saputo cogliere l’anima di questo omaggio, che è stato al tempo stesso una lezione, una commemorazione e una dichiarazione d’amore per una figura che ha saputo dare voce ai silenzi di una comunità di confine.
Con la dedica finale proiettata sullo schermo, il professor Dapit ha chiuso la serata con una nota di commozione. Un gesto semplice, ma potentissimo, che ha ricordato a tutti come il sapere – quando è guidato dalla passione e dal rispetto – può farsi gesto d’affetto, memoria vivente, e ponte tra generazioni.

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