
A 75 anni dalla nascita di Marino Vocci, avvenuta il 24 marzo 1950, lo scorso fine settimana la Comunità degli Italiani di Castelvenere ha aperto le sue porte per onorare la sua memoria con una serata ricca di musica, parole e sentimento. Un tributo, una vera e propria celebrazione della vita, dello spirito e dell’eredità lasciata da un uomo che ha amato profondamente la sua terra e la sua gente. A dare il benvenuto ai presenti, con la sensibilità che la contraddistinguono, è stata Tamara Tomasich, presidente del sodalizio, che ha subito messo in luce l’importanza dell’evento e l’emozione di accogliere così tante persone riunite nel ricordo di Marino Vocci. Ha ringraziato in particolare Giuliano Mauri, che con passione e dedizione ha voluto fortemente questo evento, e il gruppo “Amarcord”, che ha curato l’organizzazione artistica. Ha poi ricordato con affetto la presenza di molti amici e ospiti, sottolineando come la musica sarebbe stata il linguaggio principale della serata, un omaggio non solo alla memoria di Marino, ma anche al suo amore per la cultura e la condivisione.
Un istriano che ricordò le sue radici
La parola è poi passata a Maurizio Tremul, presidente dell’Unione Italiana, che con un discorso sentito ha reso omaggio alla grandezza di Marino Vocci e alla sua eredità spirituale e culturale: “Oggi non stiamo solo ricordando Marino, ma festeggiando il suo compleanno, perché per noi lui è ancora qui, vive nei nostri cuori. Quando mi hanno chiesto di bloccare questa data in agenda, non ho esitato un solo istante: era giusto esserci, perché Marino merita di essere ricordato con gioia e affetto”, ha affermato Tremul con convinzione. Le sue parole hanno saputo cogliere l’essenza di Vocci, un uomo che ha lavorato instancabilmente per far conoscere la sua terra, valorizzarla e proteggerne l’identità.
“Marino è stato un grandissimo istriano, un uomo di cultura e di azione, che ha portato l’amore per questi luoghi non solo nel cuore, ma in tutta Europa – ha proseguito Tremul –. Ha sempre ricordato le sue origini e ha lasciato un segno con la sua visione e il suo impegno. Ha fatto da apripista in molte occasioni come quando fondò il Circolo di cultura istro-veneta ‘Istria’ che, col senno di poi, dimostrò di aver avuto una grandissima lungimiranza, quanto fosse avanti, quanto avesse visto lontano”, ha concluso il presidente dell’UI.

Musica e parole
Il primo momento musicale è stato poi introdotto dalla voce stessa di Marino, che in un audio ha parlato della sua amata Istria, regalando ai presenti un istante di forte emozione, quasi come fosse ancora lì, tra loro, a raccontare e condividere la sua passione per quella terra che ha sempre portato nel cuore.
Nel cuore della serata Giuliano Mauri ha aperto il suo tributo con un saluto intimo e diretto: “Ciao Marino, fra un paio di giorni sarebbero stati 75”. Parole semplici, ma dense di significato, che hanno immediatamente riportato tutti alla presenza viva di Marino Vocci, alla sua essenza ancora palpabile tra le mura del sodalizio. Mauri ha sottolineato come quella serata non sarebbe dovuta essere un momento di tristezza, per quanto fosse forte il desiderio di lasciarsi andare alle lacrime, ma piuttosto, avrebbe dovuto essere una celebrazione della vita, della gioia e dello spirito di Marino, un uomo che ha sempre vissuto tra la gente, con la gente. Un uomo che credeva nella cultura come ponte tra mondi diversi, che nella musica e nelle parole trovava l’espressione più alta del suo amore per la libertà e per l’incontro.
“Se è vero che le parole sono pietre – ha aggiunto Mauri – Marino di pietre ne ha scritto la storia, ma ne ha anche lanciate. E sarebbe ora di raccoglierle e di farne buon uso”. Un invito potente a non lasciare cadere nel vuoto la sua eredità, a proseguire il suo lavoro, a dare continuità al suo sogno di un’Europa senza confini mentali e culturali.
La cultura della convivenza
A rafforzare il ricordo, Mauri ha poi voluto condividere uno scritto di Melita Richter, sociologa, mediatrice culturale e docente universitaria, una donna che, come Marino, ha dedicato la sua vita al dialogo tra culture. Nel brano scelto, Richter racconta Marino con un’intensità straordinaria: un uomo che non si è mai davvero allontanato dall’Adriatico, che lo ha sempre visto come un’unica culla di identità intrecciate, un mare che unisce piuttosto che separare.
Le sue parole hanno ripercorso il cammino di Vocci come tessitore di relazioni, uomo capace di mettere in contatto persone di diverse origini e discipline, di creare dialogo laddove altri vedevano solo distanze. Ha ricordato la sua passione per il progetto “Adriatico, una storia scritta sull’acqua”, con il quale Marino cercava di restituire a quel mare la sua funzione originaria di ponte tra popoli. Questo ha mostrato l’anima più intima di Marino: il suo dolore per le divisioni, per la cecità politica, per le separazioni che laceravano la sua Istria e la sua Trieste. La sua vita è stata un continuo tentativo di ricucire, di creare una cultura della convivenza, di costruire un’Europa vera, plurale, umana. Eppure, dietro l’attivista, c’era anche l’uomo. Un uomo che conosceva la solitudine, che sapeva riconoscerne il valore accanto alla gioia e all’amicizia. Un uomo profondamente legato alla sua famiglia, a Liliana, Eva, Martina e alla piccola Vera, la nipotina nata da poco, che purtroppo non ha potuto conoscere, ma che già porta nel cuore il suo nome e la sua eredità. E proprio da queste parole, dalla forza evocativa della memoria e dell’immaginazione, la serata ha preso il suo titolo: “E se stanote ciapo una sirena”. Un riferimento poetico e struggente al mare, al viaggio, a quel richiamo eterno dell’Adriatico che per Marino era casa, destino e orizzonte. La frase, che sembra sospesa tra sogno e realtà, ha guidato l’intera commemorazione, trasformandola in un incontro vibrante di emozioni, di musica e di parole, proprio come sarebbe piaciuto a lui.
Un ringraziamento speciale è stato rivolto pure a Loredana Bogliun, che ha voluto rendere omaggio all’amico scomparso attraverso la potenza della parola poetica. Ha dedicato alcuni versi a Marino, ricordandolo non solo come un amico personale e di famiglia, ma anche come un uomo profondamente legato alla sua terra, all’Istria che non ha mai davvero lasciato. La poetessa ha scelto di leggere “Eistria suleigna” (Istria Solenne), una poesia scritta nell’idioma istroromanzo dignanese e pubblicata nel volume “Graspi (Grappoli)” della nostra Casa editrice Edit.
Attraverso le sue parole, Bogliun ha saputo evocare quel sentimento profondo di appartenenza che ha sempre contraddistinto Marino, il suo amore incondizionato per l’Istria e il modo in cui, pur viaggiando e vivendo altrove, la sua anima non l’aveva mai lasciata. La poetessa ha poi condiviso un’opera inedita, intitolata “Vita”, dedicata a Marino nel senso più profondo del termine.

Legami tra popoli
Ad aprire ufficialmente le esibizioni è stato il gruppo dei minicantanti della CI, guidati da Marvi Krenek, che ha intonato “Girotondo intorno al mondo” di Sergio Endrigo, portando un messaggio di unità e fratellanza che rispecchia il sogno di Marino: abbattere i confini attraverso la cultura e la musica. Il viaggio musicale è proseguito sotto la guida di Giuliano Mauri, che ha spiegato il senso della scaletta: riproporre, attraverso le canzoni, l’idea dell’Adriatico come storia scritta sull’acqua, un legame tra genti e tradizioni che supera il tempo e le divisioni. Sul palco sono poi saliti Giuliano Mauri e Salvatore Salzano, alternandosi o unendo le voci in un repertorio denso di significato con “Amara terra mia”, “Paese”, “Reginella campagnola”, “Bella Istriana mia” e “Voga e va”.
A seguire, il gruppo vocale maschile “Casteum Veneris” della CI e diretto da Teo Biloslavo, ha regalato una performance potente e impeccabile, riempiendo la sala con le voci possenti di “Marinaresca” ed “E viva el mar”. L’atmosfera si è fatta poi più intima con il duo Anita e Dante, quest’ultimo alla chitarra, che ha interpretato una selezione di brani dal forte impatto emotivo “Sjećanje na Velu Luku”, “Vuoi tu venir Giulietta”, “Lo straniero” e “Quando morì il poeta”.
A chiudere la serata è stata Martina Vocci che, con parole semplici ma cariche di emozione ha voluto esprimere la sua gratitudine. “Grazie tantissimo a te, papà”, ha detto con dolcezza, sottolineando quanto quell’omaggio collettivo fosse il modo più bello per mantenere vivo il suo spirito. Con un tocco di nostalgia e orgoglio, ha ricordato come Castelvenere, la CI che li ospitava, sia il luogo più vicino a Caldania, dove oggi vive e dove Marino ha lasciato la sua impronta più intima e familiare. In un’immagine che ha scaldato i cuori, ha detto che, in qualche modo, quella sera Marino è tornato a casa, proprio come ogni anno torna con il falò di San Piero e Paolo, coadiuvato nell’organizzazione da Danilo Pištan.
Tra i presenti spiccava anche Giuseppina Rajko, viceconsole onoraria d’Italia a Buie e numerosi storici, giornalisti e letterati.
La serata si è così trasformata in un incontro di cuori, un abbraccio collettivo fatto di parole, note e ricordi. La sua presenza si è avvertita in ogni gesto, in ogni sguardo e in ogni melodia che sono risuonati nella sala. Un’eredità che non si spegne, ma continua a vivere nella comunità, nell’amore per la cultura e nella volontà di guardare al futuro con lo stesso spirito con cui Marino Vocci ha vissuto il suo tempo.

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